L'Alto Adige, la convivenza e i cattivi maestri

Le ultime elezioni provinciali di Bolzano hanno dimostrato che soffiare sul fuoco della paura è un efficace modo per mietere voti. E vale non solo in Alto Adige, ma anche in Trentino e in tutto l'Occidente. Così facendo, però, mettono a rischio la pacifica convivenza fra i gruppi e i risultati raggiunti in tanti anni di faticosa costruzione di un'«autonomia» comune per italiani, tedeschi e ladini, infischiandosene delle conseguenze. Sono «cattivi maestri» della politica da cui è meglio stare alla larga

di Pierangelo Giovanetti

Caro Direttore, tempo fa stavo tornando a Trento da Innsbruck, città dove studio. Sulla strada statale che porta al centro commerciale del Brennero, ho con amarezza constatato che il cartello recante lo slogan «Südtirol ist nicht Italien!» è stato rimesso al suo posto, proprio accanto alla bandiera italiana. Ho solo vent'anni, ma da sempre convivo con la cultura italiana e quella sudtirolese, in quanto ho papà italiano e mamma altoatesina. Sono stata abituata a far tesoro delle differenze linguistiche, degli usi e dei costumi tra le due popolazioni, nonché a portare rispetto per entrambe. Mi rattristo, quindi, quando vedo che il cartello dei Südtirol Freiheitlichen è stato nuovamente piantato in zona di confine, che invece di essere un territorio di odio e ostilità, dovrebbe anzi essere un passaggio quieto tra due Stati membri dell'Unione Europea. Mi sento ancora peggio quando, uscendo da alcune lezioni dalla facoltà di diritto italiano a Innsbruck, vengono distribuiti a noi studenti volantini ed adesivi recanti il solito, raccapricciante slogan. I Freiheitlichen sanno benissimo che in quella facoltà ci sono in gran parte studenti sudtirolesi di madrelingua tedesca e sperano quindi di poter reclutare nuovi seguaci. Tuttavia, forse non si rendono conto che uno studente di giurisprudenza conosce le leggi, i decreti, i trattati internazionali, lo Statuto e la Costituzione italiana, documenti questi che proteggono l'Autonomia della nostra regione e delle province autonome di Trento e Bolzano e che quindi dovrebbe essere consapevole che la situazione giuridica, amministrativa, politica e culturale della popolazione di madrelingua tedesca in Italia è tutt'altro che sfavorita, è anzi riconosciuta. L'Università, invece di essere luogo di propaganda politica a fini provocatori, dovrebbe essere luogo dove gli studenti si formano nell'universalità del sapere. La gravità dello slogan «Südtirol ist nicht Italien!» sta nel fatto che esso è capace di causare disastrosi effetti sulla popolazione. Nelle zone di montagna più che in quelle di città, dove i giovani non sono abituati a convivere con la popolazione di madrelingua italiana, e quindi crescono con una mentalità più chiusa, più radicata nelle tradizioni, un tale slogan invita loro ad assumere un atteggiamento guerresco, ostile sia nei confronti delle Istituzioni dello Stato che dei cittadini di madrelingua italiana. Inoltre, il punto esclamativo che chiude lo slogan, sembra voler dire: «Lottate, ribellatevi!». È così deludente constatare come, in una regione come la nostra, i cui abitanti hanno la possibilità di imparare due lingue, conoscere due culture, ci sono persone che invece di approfittarne per crescere in una società multietnica, pensano solo a provocare, facendo leva sui giovani, che dovrebbero essere la nuova generazione, fresca e mentalmente aperta. Nella convivenza tra culture la violenza e l'odio non aiutano di certo. L'unica maniera per andare d'accordo è il rispetto del prossimo che è «diverso» perché ha «diverse» tradizioni, prendendo un po' dall'una e un po' dall'altra cultura, per poter diventare persone consapevoli e piene di conoscenze.
 
Maddalena Bonamini
 
L'Alto Adige- Südtirol gode di un sistema di Autonomia e di tutela delle minoranze che ha pochi eguali nel mondo. Questo, insieme all'autogoverno e all'autodeterminazione nella destinazione delle proprie risorse, hanno garantito negli ultimi decenni una convivenza pacifica e fruttuosa fra i vari gruppi linguistici e culturali che vivono nella nostra terra. Certo, problemi ve ne sono e anche difficoltà, perché la convivenza non è mai facile. Ma oggi il gruppo tedesco dell'Alto Adige vive in una condizione politica, economica, sociale e culturale che non godrebbe certamente se venisse aggregato all'Austria, o a qualunque altro paese europeo. Ecco perché l'istigazione all'odio e all'estremismo dei Freiheitlichen non ha alcuna ragione politica se non quella di fomentare la protesta per accaparrarsene i dividendi politici. Le ultime elezioni provinciali di Bolzano hanno dimostrato che soffiare sul fuoco della paura è un efficace modo per mietere voti. E vale non solo in Alto Adige, ma anche in Trentino e in tutto l'Occidente. Così facendo, però, mettono a rischio la pacifica convivenza fra i gruppi e i risultati raggiunti in tanti anni di faticosa costruzione di un'«autonomia» comune per italiani, tedeschi e ladini, infischiandosene delle conseguenze. Sono «cattivi maestri» della politica da cui è meglio stare alla larga.
 
p.giovanetti@ladige.it

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