Migranti / Il dramma

La guardia costiera libica attacca durante un salvataggio in mare della ong italiana Mediterranea

Sono arrivate a Pozzallo le 56 persone salvate dalla nave Mare Jonio, durante una drammatica operazione in cui i miliziani libici, su una motovedetta "donata dal governo italiano", hanno sparato verso i soccorritori e picchiato i naufraghi fermati (qualcuno si è gettato in acqua). La ong ha filmato tutto e commenta: "Il comportamento dei militari è inaccettabile"

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RAGUSA. Sono sbarcati ieri pomeriggio, 5 aprile, al porto di Pozzallo i 56 migranti, tra cui una donna e due minori, soccorsi dalla nave italiana Mare Jonio della ong Mediterranea, a 95 miglia dalle coste libiche dove una motovedetta del Paese africano ha sparato colpi di arma da fuoco. In banchina è scattata la macchina organizzativa di assistenza sanitaria e di soccorso.

Allo sbarco era presente anche Luca Casarini capo missione della ong Mediterranea, attiva nel salvataggio di naufraghi, che ha raccontato quello che i migranti hanno subito della Guardia Costiera della Libia, prima di essere recuperati.

"I soccorritori - ha raccontato Casarini - sono stati testimoni prima di percosse date sul ponte della motovedetta a persone che volevano scappare e che abbiamo documentato. Uno dei sopravvissuti ha una ferita alla testa, è stato colpito con un calcio di fucile. Poi gli spari che hanno generato il panico. I proiettili sono arrivati ad un metro dai soccorritori".

Dalla Mare Jonio le azioni dei libici sono state filmate e Mediterranea ha diffuso il video dell'attacco, con scene che testimoniano il panico, migranti che si buttano in mare per paura di essere colpiti, altri che dalla motovedetta sembrano essere spinti in acqua proprio dai libici.

"Questa cosa è avvenuta più vicina all'Italia che alla Libia - racconta Casarini - con la guardia costiera libica che cerca di catturare chi va via da quel Paese.

Quando mai si spara per soccorrere? E a sparare sui soccorritori della Mare Jonio è stata proprio la motovedetta Fezzan 658, già appartenuta alla Guardia di Finanza e donata proprio dal governo italiano ai miliziani libici nel 2019. Colpi di kalashnikov in aria, poi in acqua, verso i soccorritori e i migranti. Inaccettabile".

Frattanto, si registra un'ondata di sbarchi a Lampedusa. Ieri, a bordo di 13 imbarcazioni, sono arrivate sull'isola oltre 500 persone. E per l'hotspot di contrada Imbriacola, che ospita al momento 1.270 extracomunitari, nonostante il trasferimento di 300 profughi con il traghetto di linea salpato per Porto Empedocle, è l'ennesima emergenza. Nella struttura ci sono anche 87 minori non accompagnati.

“Le politiche dei governi italiani e delle istituzioni europee hanno trasformato il Mediterraneo centrale in una zona di guerra", commenta Denny Castiglione, capomissione di Mediterranea Saving Humans a bordo della nave Mare Jonio, dopo gli eventi delle ultime 24 ore.

"È gravissimo - aggiunge - che i miliziani della cosiddetta guardia costiera libica abbiano sparato colpi d’arma da fuoco direttamente contro lə naufraghə in acqua e lə soccorritorə. Questi sono criminali contro l’umanità".

Nel sito Web della ong italiana, la ricostruzione dei drammatici fatti, che peraltro non hanno richimato particolare attenzione nel mondo politico italiano o europeo, ieri.

"La MARE JONIO - scrive Mediterranea - è partita mercoledì sera, 3 aprile, dal porto di Siracusa per la sua sedicesima missione di osservazione e soccorso nel Mediterraneo centrale, facendo rotta nelle prime ore dell’alba di giovedì 4 verso la zona SAR dove operano le cosiddette “autorità libiche.”

Alle ore 13:45 e 15:16 riceveva via posta elettronica le comunicazioni di ALARM PHONE che segnalavano un’imbarcazione in pericolo con motore in avaria e circa una cinquantina di persone a bordo, alla deriva in acque internazionali, 90 miglia a Sud dell’isola di Malta e 95 miglia a Nord della città libica di Al-Khoms.

Alle ore 15:57 ascoltavamo comunicazioni radio su ch 16 VHF da parte di un assetto aereo, da noi poi identificato per velivolo AS1227 BE20 Icao: 4D206A delle Forze Armate di Malta (AFM) che lanciava may-day-relay di almeno tre casi, fornendo coordinate aggiornate dell'imbarcazione in pericolo in posizione 34°18 N - 014°09 E. Nonostante ripetuti tentativi di contatto, il velivolo non rispondeva alle nostre chiamate.

Alle ore 16:26 la MARE JONIO comunicava al Centro italiano di coordinamento del soccorso marittimo (IT MRCC di Roma) che avremmo fatto rotta sulla posizione indicata per verificare la situazione dell'imbarcazione in pericolo.

Alle ore 16:35 individuavamo al binocolo l’imbarcazione in pericolo e approcciavamo per verificare la situazione. Era un’imbarcazione in vetroresina, sovraffollata di persone prive di qualsiasi equipaggiamento di sicurezza individuale, alla deriva con motore in avaria e a imminente rischio di naufragio. Il nostro Team Rescue procedeva perciò alla distribuzione di giubbotti di salvataggio (lifevest) a tutte le persone a bordo.

Durante queste prime attività di assistenza sopraggiungeva però a forte velocità una motovedetta libica.

Si tratta della 658 “Fezzan”, una delle Classe Corrubia, già della Guardia di Finanza, donate dal governo italiano alle milizie libiche di Tripoli nel 2018. La motovedetta aveva già imbarcate in coperta alcune decine di persone presumibilmente catturate in precedenti operazioni di intercettazione in mare.

I miliziani libici chiamavano via radio la MARE JONIO e minacciandoci intimavano di allontanarci dall'imbarcazione. Intanto cominciavano a effettuare manovre pericolose intorno all'imbarcazione in pericolo. Rispondevamo via radio che, nel rispetto della Convenzione SAR Amburgo 1979, eravamo in quel momento OSC (On-scene Coordinator) e stavamo già procedendo al soccorso.

A questo punto i miliziani presenti in coperta brandivano fucili mitragliatori e iniziavano ad esplodere colpi a raffica in aria, provocando il panico tra le persone sull'imbarcazione in distress e anche tra quelle sulla stessa motovedetta.

I miliziani libici percuotevano con fruste e bastoni le persone a bordo, alcune si gettavano in acqua e altre erano spinte fuori.

Terrorizzate dalla scena, anche le persone a bordo dell'imbarcazione in vetroresina si lanciavano in acqua. Nel giro di qualche minuto vi erano decine di persone in acqua. L'equipaggio del nostro RHIB Rescue Boat ABBA1 iniziava il recupero dellə naufraghə in mare. A questo punto i miliziani libici esplodevano diversi colpi d'arma da fuoco e raffiche di mitra all'indirizzo del nostro secondo RHIB Rescue Boat A]BBA2, colpi che cadevano in alcuni casi a meno di un metro dai nostri tubolari. La motovedetta libica non rispondeva ad alcun richiamo al rispetto del diritto della navigazione e ai ripetuti inviti a cessare comportamenti altamente pericolosi, proveniente dal nostro Comando di bordo.

Il nostro Equipaggio, mantenendo la calma, riusciva tuttavia a completare il recupero di tutte le persone visibili in acqua e il loro trasferimento al sicuro a bordo della MARE JONIO alle ore 17:25. Non siamo però in grado di affermare se, tra le persone cadute in mare dalla motovedetta libica, vi siano possibili dispersi.

A bordo della nostra nave abbiamo prestato le prime cure alle persone soccorse: tutte erano terrorizzate e sotto choc per quanto accaduto, molte con ipotermia, vomito, in alcuni casi per l'acqua salata ingerita in mare, nausea, segni evidenti di torture subite durante la detenzione in Libia, abrasioni e ferite lacero-contuse per le percosse subite da alcuni a bordo della motovedetta libica.

Le persone soccorse a bordo della nave R/re MARE JONIO risultano infatti essere alla fine 56, di cui 45 provenienti dall'imbarcazione in vetroresina riconducibile al caso segnalato da ALARM PHONE (due persone sono rimaste a bordo e sono state successivamente catturate dai miliziani libici) e 11 riuscite a scappare dalla motovedetta libica.

Dalle testimonianze raccolte tra lə naufraghə risulterebbe che la cosiddetta guardia costiera libica avrebbe effettuato, prima di sopraggiungere sulla scena del nostro soccorso, due operazioni di intercettazione e cattura, rispettivamente di circa 85 e 15 persone da due altre imbarcazioni in pericolo che si trovavano nella zona, tutte in fuga dalla Libia, per un totale approssimativo di circa un centinaio di persone. Tutte e tre le operazioni risultano essere state guidate dall’alto dall’aereo delle Forze Armate di Malta, complice quindi nella deportazione di queste persone.

Tra le 56 persone soccorse a bordo della nave R/re MARE JONIO vi sono una donna e diversi minori.

Le nazionalità presenti sono Bangladesh, Siria (curdi), Egitto e Camerun. In serata il Centro di coordinamento del soccorso marittimo IT MRCC di Roma comunicava l’assegnazione di Pozzallo come porto sicuro (Place of Safety) per le 56 persone soccorse. A Pozzallo le operazioni di sbarco si sono concluse alle 15 di oggi, venerdì 5 aprile.

“Siamo colpite dal livello di violenza messo in campo dalla cosiddetta guardia costiera libica. Ma al tempo stesso orgogliose di aver sottratto almeno 56 persone alla cattura e deportazione nell’inferno della Libia da cui stavano fuggendo. Consideriamo il governo italiano e le istituzioni europee direttamente responsabili di quanto sta accadendo in mare: la mortifera collaborazione con le milizie libiche deve cessare immediatamente. Devono tornare in mare le navi di una missione europea di ricerca e soccorso e devono essere evacuate verso l’Europa tutte le persone intrappolate in Libia dalle politiche italiane ed europee” conclude Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans", conclude il report di Mediterranea.

[foto credits: Mediterranea]

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