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Centro per uomini violenti, l'appello: "Fare prevenzione fin dai sei anni"

Antonella Ciccarelli, psicologa e criminologa, coordinatrice del Cuav delle Marche: bisogna cominciare fin dai primissimi anni di vita a insegnare il rispetto, la distanza, il consenso. "Oggi gli uomini devono fare un lavoro sulla mascolinità, ma anche noi donne dobbiamo fare un lavoro su noi stesse. Tutti dobbiamo imparare ad amare e a lasciarci".

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ANCONA. "Oggi gli uomini devono fare un lavoro sulla mascolinità, ma anche noi donne dobbiamo fare un lavoro su noi stesse. Tutti dobbiamo imparare ad amare e a lasciarci". A dirlo è Antonella Ciccarelli, psicologa e criminologa, coordinatrice del Cuav (Centro regionale per uomini autori di violenze) delle Marche. Per Ciccarelli bisogna "informare, spiegare, sensibilizzare" e la prevenzione contro la violenza sulle donne e i femminicidi deve cominciare "fin dai primissimi anni di vita, secondo l'Oms bisogna iniziare a 6 anni a insegnare il rispetto, la distanza, il consenso.

E poi stanziare le risorse per tenere in piedi le strutture antiviolenza, centri di ascolto, case rifugio". Soprattutto, secondo Ciccarelli, "bisogna battere sul tasto dell'informazione, un sistema che ha funzionato, ad esempio, anni fa nel caso dell'Aids e prima ancora per le vaccinazioni antipolio". Nell'ultimo anno si sono rivolti al Cuav circa 200 uomini, 150 dalle province di Ancona e Pesaro Urbino, dove ci sono realtà che si occupano da più tempo del fenomeno. Si tratta in genere di uomini per i quali è stato attivato il codice rosso. "Non sempre le donne capiscono i segnali di pericolo - osserva Ciccarelli -, oppure pensano di poter controllare la situazione.

Nel caso di Giulia Cecchettin - aggiunge - forse lei credeva di potere aiutare Filippo. Questo è il risultato di un'idea di cura che ha radici antichissime, la cura delle emozioni, delle relazioni è immaginata, delegata concepita nel ruolo femminile.

Noi ci siamo emancipate, ma gli uomini ancora si aspettano certe caratteristiche da noi". E sempre nel caso di Giulia "i segni di ossessione non sono arrivati quella sera. La gelosia, dire 'non posso vivere senza di te' non sono gesti di amore o di affetto, ma di controllo potenzialmente pericoloso. Dobbiamo insegnare ai ragazzi e alle ragazze, che ci può essere una relazione ma rispettando lo sviluppo delle proprie individualità".

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