Migranti / Il caso

Mimmo Lucano assolto in appello dai reati più gravi, pena ridotta a un anno e sei mesi con la condizionale

Crollano in appello le accuse contestate all'ex sindaco per la gestione del sistema di accoglienza diffusa e di integrazione dei migranti in città: stravolta la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che gli aveva inflitto 13 anni e 2 mesi di carcere. L'imputato: "È la fine di un incubo, sono stato attaccato a livello politico e giudiziario, per distruggere il modello Riace. L'avvocato Pisapia: riconosciuto che Lucano ha fatto tutto per il bene dell'umanità, per il bene di chi ha bisogno. Non ha fatto nulla per se stesso"

REGGIO CALABRIA. Crollano in appello le accuse contestate all'ex sindaco di Riace Domenico "Mimmo" Lucano. I giudici della Corte d'appello di Reggio Calabria, infatti, lo hanno condannato per un falso a un anno e sei mesi di reclusione, con pena sospesa, contro la richiesta della Procura generale di 10 anni e 5 mesi e stravolgendo la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che gli aveva inflitto 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d'ufficio.

Dalla lettura del dispositivo emerge che la Corte ha assolto Lucano dai reati più gravi. La Corte ha assolto tutti gli altri 17 imputati.

"È la fine di un incubo che in questi anni mi ha abbattuto tanto, umiliato, offeso. È la fine di incubo che per anni, ingiustamente, mi ha reso agli occhi delle gente come un delinquente. Lucano è stato attaccato, denigrato e accusato, anche a livello politico e non solo, quindi, giudiziario, per distruggere il modello Riace, la straordinaria opportunità creata per accogliere centinaia di persone che avevano bisogno e per ridare vita e ripopolare i centri della Calabria. A questo punto spero che pure la Rai si ricreda e mandi in onda la famosa fiction girata con Fiorello a Riace", ha commentato Mimmo Lucano dopo la sentenza d'appello.

Lucano oggi non era in aula ed ha atteso il verdetto della Corte d'appello nella sua Riace. "Essendo anche io un comune e mortale essere umano - ha aggiunto - è probabile che in questa vicenda abbia commesso degli errori ma di un aspetto, in particolare, sono sicuro, molto sicuro e convinto: ho sempre agito con l'obiettivo e la volontà di aiutare i più deboli e di contribuire all'accoglienza e all'integrazione di bambini, donne e uomini che fuggivano dalla fame, dalla guerra, dalle torture. Un grande grazie, comunque - ha concluso - lo voglio rivolgere, in particolare, ai miei avvocati, al compianto Antonio Mazzone, a Pisapia e Daqua, non miei legali ma miei fratelli, uomini e professionisti che hanno capito sin da subito di avere di fronte un innocente".

E gli avvocati parlano di "una bella pagina per la giustizia italiana". Così l'avvocato Andrea Daqua: "È stata una bella vittoria - ha aggiunto il legale - una soddisfazione per lui perché non abbiamo mai dubitato della sua innocenza, della sua onestà morale e intellettuale. Adesso glielo andiamo a comunicare".

Per l'altro avvocato di Lucano, Giuliano Pisapia, "un anno e sei mesi con pena sospesa è una stupidaggine. L'importante è che è stato riconosciuto che Lucano ha fatto tutto per il bene dell'umanità, per il bene di chi ha bisogno. Non ha fatto nulla per sé stesso. Poi piccoli errori ognuno li può fare. Quello che è importante è che Lucano è stato considerato dalla Corte d'Appello come uno che ha sempre lavorato per gli altri, mai per sé stesso".

"La pena è stata ridotta così tanto - ha concluso Daqua - perché siamo stati in grado di dimostrare l'abnormità del giudizio di primo grado. Gli errori e le valutazioni scorrette erano evidenti. La Corte d'appello ha saputo prenderne atto. L'associazione a delinquere è caduta perché non è mai esistita. È caduto tutto il castello accusatorio. È finito 'l'accanimento non terapeutico' a cui è stato sottoposto Lucano".

La sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria, presieduta da Elisabetta Palumbo, è giunta dopo 7 ore di camera di consiglio e ha riformato profondamente la sentenza del settembre 2021 dal Tribunale di Locri che aveva condannato Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione nel processo scaturito dall'inchiesta "Xenia" su presunte irregolarità nella gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel Comune di Riace.

Lucano è stato condannato per un falso in relazione ad una delibera del 2017 mentre sono stati assolti tutti gli altri 17 imputati del processo che, in primo grado, erano stati giudicati colpevoli. L'ex sindaco di Riace era accusato di diversi reati. Il più grave era quello di essere il promotore di un'associazione a delinquere finalizzata alla gestione illecita dei fondi destinati ai progetti Sprar e Cas. Tra i reati contestati dalla Procura generale all'ex sindaco di Riace anche la truffa aggravata, abuso d'ufficio, diversi falsi e un peculato. Tutti reati caduti in appello, tranne un falso.

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