Italia / La tragedia

Esplosione nella fabbrica che tratta munizioni: tre morti. Nel 2020 una disgrazia analoga con tre vittime

L'incidente sul lavoro alla Sabino Esplodenti di Casalbordino, in provincia di Chieti. La fabbrica smaltisce e recupera polvere da sparo da ordigni di ogni tipo. Per i fatti di tre anni fa proprio oggi è prevista l'udienza preliminare. Un altro operaio vi morì nel 1992, i sindacati: "Basta tragedie, si lavora per il pane, non per morire"

ROMA. Erano esperti, attenti e consapevoli dei rischi connessi al loro lavoro, ma qualcosa non ha funzionato, ieri, nel corso di una normale fase di lavorazione di munizionamento. E lo stabilimento della Esplodenti Sabino a Casalbordino, in provincia di Chieti è stato nuovamente e inspiegabilmente teatro di una tragedia, la quarta nello stabilimento abruzzese, con un'esplosione che non ha lasciato scampo a tre operai. Come il 21 dicembre 2020, quando la ferrovia e la statale 16 rimasero bloccate per ore mentre si recuperavano i corpi delle vittime di un tremendo scoppio, anche allora morirono tre operai.

Ieri, nella fabbrica di munizioni con oltre 70 dipendenti che cura, recupera e tratta polvere pirica derivata da bonifiche di ordigni bellici, hanno perso la vita Fernando Di Nella, 50 anni di Lanciano (Chieti), Gianluca De Santis, 40enne di Palata (Campobasso), e Giulio Romano, 56 anni, di Casalbordino. Due colleghi sono stati portati via in ambulanza in stato di choc, ma non feriti. Sul luogo dell'esplosione 118, Vigili del fuoco, Carabinieri, Polizia di Stato e Polizia locale, alcune abitazioni nella zona sono state evacuate per precauzione. Nel pomeriggio è arrivata il pm Silvia Di Nunzio della Procura di Vasto che coordina l'inchiesta sull'incidente.

Sgomento il titolare della Esplodenti Sabino, Gianluca Salvatore, informato mentre era in viaggio e subito tornato indietro, come ha riferito il suo legale, Augusto La Morgia. «Non riesce a spiegarsi l'accaduto - ha aggiunto - anche alla luce delle precauzioni severissime prese dopo la tragedia del 2020».

Una fabbrica dove già nel 1992 era morto il 48enne Bruno Molisani, ucciso dall'innesco di una spoletta, e dove nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente. Per i fatti del 2020 proprio oggi, dinanzi al gup del Tribunale di Vasto, è in programma l'udienza preliminare per dieci imputati, società compresa: l'accusa principale è di cooperazione colposa in omicidio colposo, per colpa generica cagionata dalla negligenza, imprudenza e imperizia, e per colpa specifica, consistita nella violazione di diverse norme antinfortunistiche.

Nel 2020 il fatto avvenne durante lo smaltimento di diversi materiali, miscela incendiaria, povere pirica, polvere nera, razzi di segnalazione, legna impregnata di Tnt, dotazioni nautiche, simulatori di colpo tipo kanonslag. La fabbrica rimase inattiva per sette mesi, anche per la ferma posizione della Procura guidata da Giampiero Di Florio sulle condizioni di sicurezza. A luglio 2021, ottenuto il dissequestro, le attività erano riprese.

«È pazzesco che, con un processo imminente sulla precedente strage, sia stata sciaguratamente consentita la riapertura con una procedura semplificata. La Regione Abruzzo ha persino deciso di non assoggettarla a procedura di Via, nonostante puntuali osservazioni di associazioni e della stessa Provincia di Chieti in cui si sollevavano pesanti questioni a cui non è stata neanche data risposta» dichiara Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, coordinamento di Unione Popolare.

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