Ambiente / L'allarme

Clima, poco tempo per evitare il disastro: ecco che cosa va fatto da subito

Dopo il codice rosso rilanciato dal gruppo intergovernativo di esperti i Ipcc è chiaro che una serie di danni sono irreversibili e si misurano anche sulla qualità della vita umana, ma altri processi si possono fermare intervenendo radicalmente da qui a dieci anni

L'ALLARME Ghiacciai in estinzione ed acqua sempre più scarsa
LO STUDIO La fusione dei ghiacci ai poli influenza il clima ai tropici

ROMA. Ultimo campanello d'allarme dalla scienza sul clima e sul futuro della Terra. La concentrazione di anidride carbonica nell'aria non è mai stata così alta in due milioni di anni, ed è inequivocabile che la responsabilità è l'attività dell'uomo.

Tanta Co2 è all'origine del riscaldamento globale dell'atmosfera, della terra e degli oceani e provoca già catastrofi naturali, da alluvioni a siccità, da incendi allo scioglimento dei ghiacciai e della calotta polare come stiamo assistendo in varie parti del mondo. Nessuna area del Pianeta è esclusa.

Tutti i più importanti indicatori del sistema climatico (atmosfera, oceani, ghiacci) stanno cambiando a una velocità mai osservata negli ultimi secoli e millenni, alcuni fenomeni già in atto sono irreversibili, come l'innalzamento dei mari, che è avvenuto a una velocità mai vista negli ultimi 3.000 anni. Ma nulla è perduto.

Gli ultimi aggiornamenti diffusi dalla principale autorità mondiale in materia di scienze del clima (il gruppo intergovernativo di esperti in cambiamenti climatici - Ipcc) sono contenuti nel rapporto «Cambiamenti climatici 2021 - Le basi fisico-scientifiche».

Secondo lo studio, solo forti riduzioni rapide (entro 10 anni) e su larga scala dei gas serra (Co2, metano e biossido di azoto) limiterebbero l'aumento medio della temperatura entro 1,5-2 gradi al 2100, come indicato dagli Accordi di Parigi sul clima del 2015, dicono gli esperti. Diversamente, questo obiettivo sarà fuori portata.

Le attività umane sono responsabili di circa 1,1 gradi di riscaldamento rispetto al periodo 1850-1900.

Ed è probabile che già nei prossimi due decenni le temperature aumenteranno di oltre 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali; con +2 gradi, gli estremi di calore raggiungerebbero più spesso soglie di tolleranza critiche per agricoltura e salute.

Il rapporto delinea cinque scenari a partire dal 2015, ma in tutti si stima che la temperatura superficiale globale continuerà ad aumentare almeno fino alla metà del secolo.

Per le aree costiere ci si attende un continuo aumento del livello del mare per tutto il XXI secolo, ormai ogni anno, con inondazioni più frequenti e gravi ed erosione delle coste.

Foreste, suoli e oceani - definiti i serbatoi di anidride carbonica - dal 1960 hanno assorbito il 56% della Co2 emessa nell'atmosfera, ma si stanno esaurendo, ed entro il 2100 non riusciranno ad assorbire la stessa quantità di gas serra.

«L'odierno Rapporto è un codice rosso per l'umanità» e «deve suonare una campana a morto per il carbone e i combustibili fossili, prima che distruggano il nostro pianeta» ha rilevato il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres.

Ma per Greta Thunberg «Il nuovo rapporto dell'Ipcc non contiene vere sorprese. Conferma ciò che già sappiamo da migliaia di studi. Possiamo ancora evitare le peggiori conseguenze, ma non se continuiamo come oggi».

Greenpeace avverte: «Porteremo con noi in tribunale» questo Rapporto, sulla scorta della «recente vittoria della società civile contro la Shell».

L'Ipcc ha suonato di nuovo l'allarme sul clima. Il G20 di ottobre a Roma e la Conferenza mondiale sul clima (Cop26) di novembre a Glasgow saranno l'ennesimo banco di prova degli impegni dei big mondiali.

Quanto all'Italia compie dei passi in avanti negli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 dell'Onu, se si guarda agli ultimi 10 anni, ma l'emergenza Covid ne ha frenato i progressi.

Questa la fotografia scattata dal rapporto Sdgs (Sustainable development goals), messo a punto dall'Istat.

I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile - declinati in 169 target - fanno riferimento a tre dimensioni: sociale, economica e ambientale (con l'aggiunta della dimensione istituzionale).

E per esempio in 'sconfiggere la povertà' viene rilevato che l'incidenza aumenta in misura significativa in tutte le fasce di età, tranne per gli over65; ma anche in 'sconfiggere la fame' si rileva che l'1,6% delle famiglie italiane presenta segnali di insicurezza alimentare, e sulla partnership per gli obiettivi «l'Italia è ancora lontana dai target al 2030».

Dall'analisi complessiva degli indicatori di sviluppo sostenibile in Italia al 2019, emerge un quadro positivo rispetto a 10 anni prima, con il 60,5% delle misure in miglioramento, il 19,1% invariate, e il 20,5% in peggioramento.

Ma i segnali favorevoli diminuiscono considerando i dati aggiornati al 2020: rispetto all'anno precedente scende al 42,5% la quota di misure in miglioramento, e sale al 37% quella di misure in peggioramento.

A livello regionale lo sviluppo sostenibile è in vantaggio nel nord-est rispetto a sud e isole.

Nelle Province autonome di Bolzano e Trento più del 40% degli indicatori si trovano nel quinto quintile, quello più virtuoso.

Anche la Valle d'Aosta mostra una distribuzione favorevole (40,6%).

Nel nord-ovest gli indicatori assumono una distribuzione migliore per la Lombardia (25,2% nel quinto quintile) rispetto a Liguria e Piemonte (rispettivamente 13,5% e 12,9%).

Nelle regioni centrali, posizione meno favorevole del Lazio, rispetto a Marche, Toscana e Umbria.

Nelle regioni del sud i valori degli indicatori sono tra i più bassi, con prevalenza nel primo quintile (quello più svantaggiato) in Sicilia, Campania e Calabria, mentre l'Abruzzo sembra più vicino al Lazio.

Viene poi proposta anche una «prima mappatura» delle corrispondenze tra gli Sdgs e le 6 missioni del Pnrr: sono 297 le misure statistiche degli Sdg, riferite a 100 indicatori Onu - che possono essere collegate alle 6 missioni del Pnrr.

Il 9,4% sono associabili alla missione 1 sulla digitalizzazione, il 37,1% alla missione 2 sulla transizione ecologica, il 5,4% alla missione 3 sulle infrastrutture sostenibili, il 13,8% alla 4 sull'istruzione e la ricerca, il 21,2% alla 5 sulla coesione e inclusione, e il 13,1% alla 6 sulla salute.

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