Trieste / Il caso

Sequestrati 11 milioni di mascherine "taroccate"

Gli interventi al porto su merce proveniente soprattutto dalla Turchia e destinata al territorio italiano e al resto d'Europa. I test di laboratorio hanno mostrato che non c'è la capacità filtrante riportata sulle confezioni

ROMA. L'Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Trieste e il Comando provinciale della guardia di finanza del capoluogo giuliano, da circa un anno hanno intensificato i controlli per il contrasto dei traffici illeciti di prodotti medicali non conformi alla normativa sanitaria.

In questo contesto, vengono eseguiti approfonditi riscontri sia documentali sia sostanziali sui dispositivi medicali che, in rilevanti quantità, giungono presso l'hub triestino, provenienti prevalentemente dalla Turchia e destinati al territorio italiano ovvero a diversi paesi dell'Unione Europea.

Le verifiche condotte sui dispositivi hanno permesso - sotto la direzione della locale Procura della Repubblica di Trieste - di sequestrare oltre undici milioni di pezzi (fra mascherine chirurgiche e dd.p.i. con capacità filtrante ffp2 e ffp3) di cui tre milioni nei primi quattro mesi di quest'anno.

Nella maggior parte dei casi si tratta di mascherine sprovviste delle prove di laboratorio o che riportano, sui confezionamenti, indicazioni mendaci per il consumatore in ordine alla qualità, tali da indurre in errore il potenziale acquirente, anche sulle asserite capacità di protezione dal virus.

I test di laboratorio effettuati - infatti - hanno permesso, nella maggior parte dei casi, di disconoscere la capacità filtrante dichiarata su numerosi dispositivi, riportanti la marcatura "CE" e corredati da documentazione tecnica - in apparenza genuina - emessa da un organismo notificato turco.

Il contestuale sviluppo di numerosi accertamenti in ambito europeo, con la collaborazione dell'OLAF - Ufficio europeo antifrode, ed extraeuropeo, nonchè ulteriori approfondimenti connotati da elevato tecnicismo, hanno consentito pertanto di impedire l'utilizzo di dispositivi non conformi da parte di categorie di utenti maggiormente esposti al rischio di contagio, quali gli operatori sanitari e gli appartenenti alle forze di polizia, cui tali prodotti sarebbero stati destinati per il successivo utilizzo. Qualora introdotti sul mercato, questi dispositivi avrebbero potuto garantire illeciti ricavi per una cifra non inferiore ai venti milioni di euro. m

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