Crimine / Il caso

Il lago di Garda «catalizzatore di grandi interessi mafiosi»

Lo diceva l’Osservatorio sulla criminalità tre anni fa. E il consigliere provinciale Marini ne ricava un suo teorema che coinvolge anche Storo, attraverso Brescia

RIVA DEL GARDA. Il lago di Garda è un «grande catalizzatore per organizzazioni criminali di ogni genere, comprese quelle straniere, russa in particolare». A dirlo è l'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli studi di Milano, nel suo Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia che risale al luglio del 2018. Nello stesso documento gli studiosi evidenziano che «si è intensificata anzitutto l'attrattività economica della provincia bresciana, anche a causa del mutamento del modello economico, non più fondato sulla centralità della impresa industriale e sulla funzione regolatrice di fabbrica e sindacato. La domanda di stupefacenti e lo sviluppo di un'industria del tempo libero si sono combinati in una miscela promettente per le strategie di inserimento mafioso. Il che è stato particolarmente vero su tutta l'area del lago di Garda, dove in pochi decenni si sono date appuntamento tutte le principali organizzazioni mafiose, da Cosa nostra alla 'ndrangheta alla camorra».

A richiamare l'attenzione su questo studio in Trentino è il consigliere provinciale del Movimento 5 stelle Alex Marini, che ha illustrato il tema in un'interrogazione indirizzata al presidente del Consiglio provinciale evidenziando come il preoccupante fenomeno sia esteso anche alle zone confinanti ossia il Garda e la Valle del Chiese.

Proprio la Valle del Chiese, ad esempio, sarebbe stata coinvolta in alcuni traffici di droga importanti sgominati da Guardia di finanza e Carabinieri nel 2012 a Brescia: durante l'operazione Elefante bianco vennero arrestate 55 persone che avevano fatto arrivare in Italia 300 chili di cocaina per un valore di circa 45 milioni di euro. «Le influenze della criminalità organizzata nella Provincia di Trento - riprende Marini - emergono anche in un altro passaggio dell'analisi condotta dall'Osservatorio dell'università di Milano nel quale si descrivono le modalità con cui i boss famosi o di piccolo cabotaggio giunsero nel Nord lanciato verso il boom economico mescolandosi al grande processo migratorio che portò centinaia di migliaia di persone dalle campagne meridionali in via di spopolamento. In un passaggio viene descritta la figura di Giacomo Zagari, primo esponente di rilievo della 'ndrangheta a trasferirsi in Lombardia, nella provincia di Varese. Nonostante lo stile di vita "di basso profilo", era un manovale dell'edilizia, tra le sue attività principali, vi sono contrabbando, rapine, delitti commissionati dai boss residenti in Calabria e sequestri di persona. Successivamente, dalla sentenza di condanna dell'operazione Isola Felice, Zagari era stato mandato in soggiorno obbligato a Storo, dove egli riprese ben presto a mettere in atto le sue attività criminose».

Anche il turismo calamitato dal Garda risulta essere uno dei settori a forte rischio criminalità: «vede convergere su di sé - si legge nello studio citato da Marini - l'attenzione di tutte le maggiori organizzazioni criminali italiane e di talune organizzazioni straniere. I provvedimenti di chiusura di alcuni locali e anche di un albergo sono probabilmente solo la spia di una tendenza che - va sottolineato- preoccupa gli operatori onesti e le comunità locali, e che rischia di offuscare i successi di quella che viene ormai considerata la terza area turistica d'Italia».

«Fenomeni simili a quelli citati al paragrafo precedente non risparmiano l'Alto Garda trentino, come di recente ha rimarcato il sostituto procuratore antimafia Roberto Pennisi - continua il consigliere -. Il lago di Garda è molto importante nella strategia della 'ndrangheta, perché investe tre regioni, Veneto, Lombardia e Trentino e diverse province. Il Garda è strategico"».

Di fronte a queste premesse, Alex Marini interroga la Provincia di Trento, chiedendo «se e con quali modalità intenda favorire forme collaborazione istituzionali con la commissione Antimafia del Consiglio della Regione Lombardia al fine di individuare elementi di rischio in ordine alle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività economiche dei territori trentini confinanti con le aree del Garda Bresciano e della Valsabbia in Provincia di Brescia».

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