Renzi lancia la campagna contro il M5s «Il nostro avversario è l'incompetenza»

«L'incompetenza è il nostro avversario alle elezioni politiche 2018». Matteo Renzi punta l'avversario. E a cinquanta giorni dal voto indica lo schema di gioco per portare «un nome del Pd a Palazzo Chigi». L'avversario da battere è il M5s: è questo il messaggio che lancia a elettori moderati e di sinistra. Il vero volto dei Cinque stelle, avverte il leader Dem, non è quello telegenico, tutto sorrisi e cravatte «giuste», di Luigi Di Maio. Ma è la fotografia di Spelacchio a Roma e dei guai sul bilancio a Torino. Un attacco ancor più diretto al M5s dopo le critiche di Paolo Gentiloni alla giunta Raggi. Così il Pd, ribatte Di Maio, «fa propaganda tentando di coprire le sue malefatte con le banche». Mentre da sinistra anche Pietro Grasso attacca il suo ex segretario.
«Nelle prossime ore» il presidente del Senato vedrà Nicola Zingaretti per provare a chiudere l'accordo per una coalizione alle regionali in Lazio. I Dem, renziani in testa, picchiano duro su Leu e il «tafazzismo» mostrato con il «no» a Giorgio Gori in Lombardia, che è «un favore alla destra». Ma Grasso, che contende al Pd i «voti persi a sinistra», si mostra ottimista sul dialogo avviato con Zingaretti: con lui «una svolta è possibile», rimarca. Il Dem di sinistra Zingaretti, in antitesi rispetto al renziano Gori, è il modello che LeU indica anche in chiave nazionale, per indicare un dialogo possibile dopo il voto con un Pd de-renzizzato. In alternativa, Grasso non chiude al M5s. E bacchetta Laura Boldrini per il suo no a Di Maio: «Non decide lei».
Renzi, dal canto suo, degli avversari di sinistra mostra di non curarsi più di tanto. «Un voto dato alla sinistra radicale o presunta tale porta a far passare uno del centrodestra, per il Parlamento o in una Regione», è l'unico accenno che il leader Dem fa agli ex compagni nel discorso lungo quasi un'ora, con cui apre la sua campagna elettorale, al Lingotto.
Renzi si mostra preoccupato del fatto che i dirigenti e militanti ascoltino senza fiatare Silvio Berlusconi proporre «la dichiarazione dei redditi precompilata che noi abbiamo già fatto». Il centrodestra «è l'alleanza dello spread, i loro erano i governi dello spread, torna il modello Arcore 20 anni dopo, solo che Berlusconi ora ha più capelli», è il messaggio agli «smemorati». Ma è soprattutto al bersaglio M5s che punta, perché - spiega ai suoi - la legge elettorale assegna due terzi dei seggi alle liste con il proporzionale e a dare le carte per il governo non sarà la coalizione, ma la lista vincente: «La sfida è tra M5s-Pd. Se i moderati non votano Pd, arriva il M5s. Dobbiamo portare uno del Pd a Chigi», dice tenendo aperta la porta a un nome alternativo al suo, come quello di Gentiloni.
I sondaggi si possono invertire, garantisce Renzi a 50 giorni dal voto: «È difficilissimo» ma il M5s si può battere. E così il segretario picchia duro: «Noi - attacca - siamo diversi da chi a Torino falsifica i bilanci e fa dimettere i revisori dei conti». Chiara Appendino replica a stretto giro: «Mentre esponenti del suo partito sono sotto inchiesta per il Salone del libro, Renzi si sostituisce ai pm prima ancora della chiusura indagine». E Di Maio rilancia sul fronte banche, attaccando il segretario Dem sui suoi rapporti con Carlo De Benedetti, dopo che le intercettazioni emerse dall'inchiesta sulle popolari, archiviata dalla magistratura, hanno rivelato colloqui tra l'allora premier e l'imprenditore, anche sulla politica internazionale. Su questo fronte si inserisce anche Grasso: «Se fossi premier sarei molto attento alle cose che dico, soprattutto a un finanziere».

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