«Stato disinteressato alla strage di Capaci»

di Fabio De Santi

Totò Riina deve scontare la sua pena in carcere. È inaccettabile qualsiasi proposta di domiciliari per chi ha tentato di uccidermi e ha ucciso senza pietà tante altre persone. Lui è ancora un soggetto estremamente pericoloso, nonostante le condizioni di salute, e nel suo ambito detta ancora legge».

Iniziamo dalla stretta attualità e dalle polemiche causate dalla Cassazione che ha giudicato le condizioni di Totò Riina, incompatibile col carcere, a raccontare il nostro incontro con Giuseppe Costanza, l'autista di Giovanni Falcone scampato miracolosamente all'attentato di Capaci del 23 maggio 1992 . Un momento che ha segnato in maniera indelebile la sua vita raccontata ora da Riccardo Tessarini nel libro Stato di abbandono.

Dopo l'attentato lo Stato ha mostrato disinteresse verso di me e altre persone coinvolte in questa tragedia

Il racconto di Giuseppe Costanza: uomo di fiducia di Giovanni Falcone uscito per Minerva. Un volume, presentato ieri mattina dall'autore e dallo stesso Costanza a Radio Dolomiti e in serata all'Oratorio del Duomo, che raccoglie la testimonianza di chi per otto anni ha vissuto al fianco di Falcone. «Ho due immagini nitide di Falcone - racconta Costanza - una di magistrato inavvicinabile, integerrimo e rigoroso e l'altra di un uomo "vero" che porterò sempre nel cuore».

Di quel maledetto 23 maggio Costanza non ricorda gli attimi dell'esplosione ma sa che a salvarlo fu il destino: Giovanni Falcone quel giorno aveva scelto infatti di guidare al fianco della moglie mentre lui sedeva dietro. Dopo una lunga degenza ospedaliera iniziò un'odissea di vent'anni che si collega ad un titolo forte come appunto «Stato di abbandono». Un'odissea che racconta con amarezza: «Dopo l'attentato lo Stato ha mostrato disinteresse verso di me e altre persone coinvolte in questa tragedia. Altri si sono "fatti belli" a discapito di chi ha versato il suo sangue e rischiato la propria vita per lo Stato».

Come si sottolinea nella prefazione, le pagine di questo libro sono aspre e tristi perché raccontano un'Italia che non sa stare vicina ai suoi figli migliori. In queste pagine c'è anche il delicato tema della gestione del dolore da parte di una delle tante vittime della mafia. Nessuno è preparato a questi eventi e ognuno reagisce come può e come riesce. Giuseppe Costanza anche per la memoria di un uomo giusto come Giovanni Falcone, davanti all'indifferenza delle Istituzioni e ad una macchina burocratica lenta ed inefficiente ha lottato per il riconoscimento di alcuni diritti fino ad allora non previsti per il personale civile della Pubblica amministrazione. Questo senza dimenticare gli anni con Falcone: «Ci sono ancora tante cose da scoprire sui rapporti e le infiltrazioni fra Stato e Mafia di ieri e dei nostri giorni. È necessario tenere sempre alta la guardia su quelli che Falcone chiamava "i colletti bianchi"».

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