Reato di tortura, il Senato vota Critiche: «Legge inapplicabile»

Il ddl che punta ad introdurre il reato di tortura in Italia ha avuto il via libera dal Senato con 195 sì, 8 no e 34 astenuti.

Il provvedimento, che era già stato approvato dal Senato una prima volta il 5 marzo del 2014, poi dalla Camera il 9 aprile del 2015, torna ora a Montecitorio perchè nuovamente modificato.

A favore Pd e Mpd perché «l’Italia deve introdurre il delitto di tortura, colmando un vuoto che dura da troppi anni».

«Oggi è stato compiuto un passo decisivo per l’introduzione del delitto di Tortura nel nostro ordinamento. Il voto a larghissima maggioranza del Senato, con soli 8 contrari e 34 astenuti, ci consente finalmente di sbloccare una fase di stallo che è durata troppo», afferma, in una nota, il ministro della Giustizia Andrea Orlando.

«Il testo, frutto delle necessarie mediazioni parlamentari, ci avvicina all’obiettivo di introdurre nel nostro ordinamento una nuova figura di reato, su cui anche molti organismi internazionali sollecitano da tempo il nostro Paese.
Ora l’auspicio è che la Camera approvi in tempi rapidi e in via definitiva la legge, colmando cosi un vuoto normativo molto grave».

Critico invece  il senatore del partito democratico, Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani a palazzo Madama: «Non ho partecipato al voto sull’introduzione del delitto di tortura nel nostro ordinamento perchè lo considero un brutto testo.

E la scelta di non votarlo è per me particolarmente gravosa visto che il Ddl che originariamente portava il mio nome, depositato esattamente il primo giorno della presente legislatura, non rimane praticamente nulla». Così il senatore del Partito democratico Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani a Palazzo Madama.

«Innanzitutto - spiega Manconi - perché il reato di tortura viene definito comune e non proprio, come vogliono invece tutte le convenzioni internazionali dal momento che si tratta di una fattispecie propria dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio. Derivante, quindi, dall’abuso di potere di chi tiene sotto la propria custodia un cittadino. Inoltre, nell’articolato precedente, si pretendeva che le violenze o le minacce gravi fossero «reiterate».

Questa formula è stata sostituita nel testo attuale da «più condotte». «Dunque il singolo atto di violenza brutale (si pensi a una sola pratica di water boarding) potrebbe non essere punito.

Ancora, la norma prevede perché vi sia tortura un verificabile trauma psichico. Ma i processi per tortura avvengono per loro natura anche a dieci anni dai fatti commessi. Come si fa a verificare dieci anni dopo un trauma avvenuto tanto tempo prima?».

«Tutto ciò significa - aggiunge - ancora una volta che non si vuole seriamente perseguire la violenza intenzionale dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio in danno delle persone private della libertà, o comunque loro affidate, quando invece è solo l’individuazione e la sanzione penale di chi commette violenze e illegalità a tutelare il prestigio e l’onore dei corpi e della stragrande maggioranza degli appartenenti».

Da destra invece, malgrado il testo sia stato «ammorbidito» in aula, scettico il  il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia: «Nonostante il provvedimento sia stato modificato e i relatori abbiano accolto le giuste riflessioni di Fi, ho deciso di astenermi dal votare questa norma perchè temo l’uso strumentale che se ne potrebbe fare in futuro.

Sono stati introdotti dei filtri che possono impedire decisioni affrettate, ma ho sentito troppi giudizi sbagliati sulle forze di polizia perchè alcuni diffidano di loro. Io, invece, diffido dei diffidenti. Timeo danaos et dona ferentes! Non mi fido del contesto applicativo, quando invece il garantismo deve valere anche nei confronti delle forze di polizia. Non mi fido della cornice e temo coloro che un domani applicheranno queste norme nei confronti di quelli che, con una divisa, si battono per la sicurezza, non per compiere abusi o torture. Troppi togati sono pronti a saltare addosso alle forze di polizia. Non sarò in alcun modo loro complice».

Sinistra italiana è per parte sua molto dura: «Pur essendosi battuta per anni perché anche l’Italia, come tutti i principali Paesi democratici, si doti di una legge contro la tortura, Si non poteva fingere che la legge votata oggi dal Senato rispondesse davvero alle esigenze. Non poteva chiudere gli occhi sullo stravolgimento del disegno originario e votare a favore di questa legge. Per questo abbiamo scelto l’astensione», dichiara la capogruppo di Sinistra italiana al Senato Loredana De Petris, presidente del gruppo misto.

«I limiti di questo testo - prosegue De Petris - sono tanto evidenti che persino la destra, dopo averla combattuta a spada tratta, ha votato a favore perché cosciente di averla di fatto vanificata.

La tortura non è considerata un reato proprio ma è solo reato comune. La formula ambigua per cui le torture, per essere considerate tali, dovevano essere ‘reiteratè è uscita dalla porta per rientrare dalla finestra con la formula ‘più condottè.  Le sofferenze psichiche dovranno essere accertate.

Con una legge simile, gli appigli per la difesa saranno infiniti. La legge c’è sulla carta, ma sarà del tutto inutile nei tribunali», conclude la capogruppo di Sinistra italiana.

Parlano di «legge truffa» i sottoscrittori di un appello diffuso poco fa, fra i quali alcune persone attive sul fronte dei diritti civili e già protagoniste anche di battaglie legali in relazione alla violenza esercitata dalle forze del’ordine italiane.

Ecco il testo, firmato da Enrica Bartesaghi, Arnaldo Cestaro, Lorenzo Guadagnucci (Comitato Verità e Giustizia per Genova); Ilaria Cucchi (associazione Stefano Cucchi); Enrico Zucca (già pm nel processo Diaz); Roberto Settembre (già giudice nel processo d’appello per Bolzaneto); Fabio Anselmo (avvocato); Michele Passione (avvocato, studioso della tortura); Vittorio Agnoletto (già portavoce del Genoa social forum); Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto (psicologi, autori di studi sulla violenza collettiva e le vittime di tortura); Marina Lalatta Costerbosa (docente universitaria, autrice del libro “Il silenzio della tortura”);
Pietro Raitano (direttore di Altreconomia).

«Il Senato ha approvato una legge truffa sulla tortura, scritta in modo da renderla inapplicabile e in totale contraddizione con la convenzione Onu sulla tortura e con le indicazioni contenute nella sentenza di condanna contro l’Italia della Corte europea per i diritti umani del 7 aprile 2015 (Cestaro vs Italia per il caso Diaz). E’ un testo provocatorio e inaccettabile, che il parlamento non può approvare, se l’Italia intende rimanere nel perimetro delle nazioni democratiche e all’interno della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali, firmata nel 1950.

Nel testo licenziato dal Senato il crimine di tortura è configurato come reato comune e non proprio del pubblico ufficiale, arrivando alla scrittura di una norma volutamente ingannevole e quindi pressoché inapplicabile; la tortura è tale solo se “violenze”, “minacce” e “condotte” sono plurime (in tutto il mondo si usa giustamente il singolare); la tortura mentale - la più diffusa - è tale solo se “il trauma psichico è verificabile” (quindi sottoposto a incerte valutazioni, con inevitabili disparità di trattamento e lasciando la porta aperta a tecniche, come la  deprivazione sensoriale, oggi praticate in tutto il mondo); la possibilità di prescrizione permare (il Senato ha addirittura eliminato il raddoppio dei termini previsto dal testo della Camera, mentre le convenzioni internazionali e la Corte di Strasburgo richiedono la imprescrittibilità del reato); non è previsto alcun fondo per il recupero delle vittime (altro obbligo disatteso, mentre in altre leggi si prevede il rimborso delle spese legali per certe categorie di imputati); nulla si dice - ulteriore mancanza rispetto agli obblighi internazionali - sulla sospensione e la rimozione di pubblici ufficiali giudicati colpevoli di tortura e trattamenti inumani e degradanti.

Se la Camera approvasse questo testo, l’Italia avrebbe una legge che sembra concepita affinché sia inapplicabile a casi concreti; avremmo cioè una legge sulla tortura solo di facciata, inutile e controproducente ai fini della punizione e della prevenzione di eventuali abusi.  

È nell’interesse dei cittadini e delle stesse forze di sicurezza mantenere l’Italia nel perimetro della migliore civiltà giuridica, perciò chiediamo ad Antigone, ad Amnesty International, alle associazioni, a tutte le persone di buona volontà di battersi con ritrovata fermezza affinché la Camera dei deputati cambi rotta e il parlamento compia l’unica scelta seria possibile, ossia il ritorno al testo concordato in sede di Nazioni Unite. Quel testo garantisce un equilibrato aggiornamento del codice penale e può essere approvato dal parlamento nell’arco di poco tempo, entro la fine di questa legislatura».

E le stesse Amnesty International Italia e Antigone confermano che la legge «qualora venisse confermata anche dalla Camera sarebbe difficilmente applicabile».

«Il limitare la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo e a circoscrivere in modo inaccettabile l’ipotesi della tortura mentale è assurdo per chiunque abbia un minimo di conoscenza del fenomeno della tortura nel mondo contemporaneo, nonchè distante e incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura. Con rammarico prendiamo atto del fatto che la volontà di proteggere, a qualunque costo, gli appartenenti all’apparato statale, anche quando commettono gravi violazioni dei diritti umani, continua a venire prima di una legge sulla tortura in linea con gli standard internazionali che risponda realmente agli impegni assunti 28 anni fa con la ratifica della Convenzione», conclude la nota.

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