Usa, i big della new economy contro le norme anti-immigrati

L’amministratore delegato e fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, si è detto «preoccupato» dalla stretta sui migranti imposta dal presidente Usa Donald Trump con provvedimenti che hanno scatenato una vasta mobilitazione popolare contraria e che sono stati sospesi dai giudici perché ritenuti incostituzionali.

In un post sulla sua pagina Facebook, Zuckerberg ha esortato il presidente Trump a mantenere aperti i confini degli Stati Uniti ai rifugiati che hanno bisogno di un rifugio sicuro e a non deportare milioni di persone «senza documenti» che non pongono alcuna minaccia alla sicurezza nazionale.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sono espressi molti rappresentanti del mondo dell’innovazione tecnologica e della new economy, fra i quali i dirigenti di Twitter e Google, quest’ultima affrettatasi a far rientrare il prima possibile circa cento suoi dipendenti provenienti dai Paesi islamici.

Molte le rpese di posizione nel mondo del'informatica e del Web Usa in cui si ricordano le orogini straniere di molte figure di primo piano o dei genitori.

Il giornale Nyt è sceso subito in campo sostenendo che il provvedimento è «illegale» perché viola la legge Usa che dal 1965 vieta qualsiasi discriminazione contro gli immigranti basata sull’origine nazionale.

Una discriminazione aggravata da quella religiosa, dato che Trump, oltre a mettere nel mirino solo Paesi musulmani, ha disposto di dare priorità in futuro ai rifugiati cristiani o di altre minoranze religiose perseguitate.

Col paradosso inoltre che nel suo bando il presidente, pur citando l’11 settembre, ha «dimenticato» i Paesi da cui provenivano gli attentatori: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Libano, dove in alcuni casi possiede degli asset.

L’attrice iraniania Tanareh Alidoosti, protagonista del film "The Salesman" (Il cliente) candidato agli Oscar, ha intanto deciso di boicottare la cerimonia di premiazione. Immediata anche la replica dell’Onu: l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e l’Alto commissariato Onu per i rifugiati hanno chiesto agli Usa di «continuare ad esercitare il loro forte ruolo di leadership» e a rispettare «la lunga tradizione di proteggere coloro che fuggono da conflitti e persecuzioni».

Francois Hollande è stato invece il primo leader europeo ad invocare la «fermezza» del vecchio continente nel dialogo con Trump, prima di ricevere la sua telefonata.

«L’Europa deve definire una politica estera comune per affrontare il resto del mondo», ha detto, ricordando che «il protezionismo non fa parte del Dna europeo».

Anche il mondo della cultura si mobilita. «Mi si spezza il cuore nel vedere che oggi il presidente Trump chiude la porta ai bambini, alle madri e ai padri che fuggono dalla violenza e dalla guerra», ha scritto su Fb il premio Nobel per la pace 2014 Malala Yousafzai.

E mentre crescono anche oggi le prese di posizione critiche all’estero, la petizione che chiede di annullare la visita di Stato di Donald Trump in Gran Bretagna, ‘declassandolà a normale visita di un capo di stato straniero, ha superato il milione di firme.

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