Storico processo all'islamista devastatore di monumenti

Nel 2012, kalashnikov a tracolla, dava ordini a un «demolition team» di estremisti islamici che, armati di picconi, asce, magli e mazze, riduceva in polvere, in quanto «idoli», i monumenti in pietra, sabbia e legno, simboli del sufismo, dell’antica Timbuctu appena occupata dalla milizia islamica Ansar Dine: manoscritti, moschee antiche e mausolei di grandi pensatori islamici, patrimonio dell’Umanità Unesco, costruiti quando la città sahariana dell’odierno Mali era uno dei grandi centri culturali dell’Islam medioevale.

Oggi Ahmad Al Faqi Al Mahdi, pentito e contrito, è comparso davanti al tribunale della Corte penale internazionale (Cpi) all’Aja.

Dove si è dichiarato colpevole di distruzione di cultura nel primo processo presso una corte internazionale da quando il reato di cui è accusato è processato come crimine di guerra, che è anche il primo processo presso la Cpi a un estremista islamico e il primo in cui un imputato si sia dichiarato colpevole.

Vestito con un abito grigio scuro e cravatta, capelli ricci lunghi e barbetta e occhialini, Al Mahdi ha dichiarato alla corte di provare «profondo rammarico e grande dolore» e ha dispensato un «consiglio» ai fratelli musulmani di tutto il mondo a non compiere atti di distruzione gratuita di monumenti storici e religiosi: «Non porta alcun beneficio per l’umanità».

Un crimine di guerra, quello sanzionato dalla Cpi dal 2002, che comporta pene massime fino a 30 anni. Ma Al Mahdi, spiegano osservatori, essendosi dichiarato colpevole, va incontro con più probabilità a una detenzione fra i nove e gli 11 anni.

Al Mahdi, inchiodato da fotografie mostrate alla corte, è accusato di aver diretto la distruzione di 14 dei 16 mausolei storici e una moschea antica di Timbuctu, oltre a un numero imprecisato di antichi manoscritti: tutte cose giudicate dai fondamentalisti come «totem di idolatria» contrari all’Islam, come molte delle discipline trattate nei manoscritti medioevali, dalla matematica alla filosofia all’astronomia.

Quello era il compito che svolse con zelo per Ansar Dine, la milizia islamica dei Tuareg collegata ad al Qaida che nel 2012 occupò il nord del Mali, e con esso la città del deserto, prima di venirne cacciati dall’intervento militare francese quasi un anno dopo. Furono sempre i francesi a catturare Al Mahdi nel 2014 nel vicino Niger.

Esaminando le foto delle demolizioni, l’avvocato dell’accusa Gilles Dutertre ha detto in aula: «Possiamo vedere come i crimini fossero organizzati, premeditati e perseguissero un fine comune», come è chiaro che «l’imputato svolse un ruolo chiave in ognuno di questi eventi».

Ma alcune organizzazioni, come la Federazione internazionale per i Diritti umani (Fidh), affermano di aver ascritto a lui e ad altri 14 miliziani di Ansar dine ben 33 crimini, denunciati alla giustizia del Mali, fra i quali stupro e riduzione in schiavitù sessuale.

Fiorita come crocevia commerciale nel deserto e come centro culturale fra il XIII e il XVII secolo, inserita fra i siti patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1988, Timbuctu custodiva nelle sue antiche biblioteche circa 700.000 manoscritti, originali o copiati da testi antichi, di capitale importanza culturale: e benché i terroristi credevano di averli per lo più distrutti dando alle fiamme le biblioteche, un fiume incessante di casse piene di preziose pergamene continuò ad uscire sotto il naso di jihadisti, per iniziativa di alcune persone, come il dott. Abdelk Kadel Haidara, proprietario di una biblioteca privata.

Quando le cose si mettevano male, in accordo con le principali famiglie della città e in contatto con istituzioni straniere, soprattutto europee, ha impacchettato tutto quello che poteva in migliaia di casse, trafugandolo di notte in case private, da dove, piano piano, riuscì a portare in salvo una importante fetta del patrimonio di cultura che hanno fatto grande e bellissima Timbuctu.

Il processo internazionale al jihadista imputato per la distruzione di nove monumenti a Timbuctù «è una novità interessante che dimostra la presa di coscienza dell’Occidente e anche del terrorista pentito riguardo la situazione estrema che continua in Siria, in Iraq e nelle appendici Libia e Mali. Dalla fondazione dell’Unesco nel 1945, dopo i bombardamenti di Dresda, Coventry e Montecassino, il patrimonio culturale è diventato universale: ogni atto contro di esso è un crimine contro l’umanità».

Lo dice alla Stampa Paolo Matthiae, archeologo noto per avere scoperto nel 1964 l’antica città di Ebla, in Siria.

«Ci sono state tre grandi distruzioni intenzionali nei templi di Baalshamin e di Bel a Palmira in Siria e dei rilievi assiri di Nimrud. Poi decine di moschee sunnite, di santuari anche sciiti, e di chiese antiche distrutte».

«Quando tutto sarà finito andranno rispettati tre principi per la ricostruzione delle rovine: il rispetto della sovranità, se no è un neocolonialismo, il controllo dell’Unesco in cui sono presenti tutti i Paesi e una collaborazione internazionale ampia».

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