Riforma costituzionale Via libera al referendum

Il referendum costituzionale si farà: lo ha deciso la Corte di cassazione che ha ammesso la richiesta.
Questo il questito: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».

Immediate le reazioni, in particolare dal movimento Cinque stelle che invita il governo a fissare subito la fata evitando di adeguarla in base ai sondaggi: «Ora che la Corte di cassazione si è pronunciata, Renzi deve smetterla di prendere in giro i cittadini italiani e indicare immediatamente la data in cui si andrà a votare per il referendum costituzionale»,affermano in una nota congiunta i parlamentari M5s di Camera e Senato.

«Ogni altro vergognoso tentativo di rimandare il voto alle calende greche, oltre a quelli messi in atto fino ad ora - proseguono - , rappresenterebbe una grave violazione delle regole democratiche e una mancanza di rispetto nei confronti di tutti i cittadini italiani. Siamo stanchi dei soprusi della casta e dei ladri di democrazia che, con lo stravolgimento dei principi fondamentali sanciti dalla riforma costituzionale voluta dal trio Renzi-Boschi-Verdini e con i loro giochini di palazzo, cercano di erodere il cardine della sovranità popolare.

L’esecutivo la smetta con questa condotta antidemocratica altrimenti porremo in essere tutte le iniziative democratiche a nostra disposizione affinchè i cittadini possano esprimersi al più presto su un tema così delicato e importante come questo.
Abbiamo compreso che Renzi, il quale prima affermava che il referendum si sarebbe svolto il 2 ottobre, vuole far votare gli italiani solo quando avrà in mano sondaggi positivi, ma si è superato ampiamente il limite».

Interviene anche il senatore bersaniano Miguel Gotor: «In 80 giorni si è fatto il giro del mondo, figuriamoci se non si può cambiare una legge elettorale se ci sono serietà di intenti ed effettiva volontà politica di farlo.
È finito il tempo del cincischiare: o alla ripresa si avvierà una seria iniziativa politica e parlamentare sui punti segnalati da ormai due anni oppure ognuno di noi si assumerà le proprie responsabilità nel Partito e davanti al Paese».

I due interventi richiesti sono sull’elettività dei nuovi senatori e una maggiore rappresentatività.

«Se questi due interventi - sostiene Gotor - non verranno realizzati, votare ‘sì al referendum sarebbe un salto nel buio che tanti elettori e dirigenti del Partito democratico non si sentono di compiere anzitutto nell’interesse della democrazia italiana e poi del proprio partito».

Quanto agli appelli all’unità dei capigruppo del partito democratico Ettore Rosato e Luigi Zanda, Gotor dice di condividerli ma, afferma, «l’unità però non può essere un feticcio da evocare, ma il prodotto di un processo politico da compiere affrontando i nodi da sciogliere e senza continuare a nascondere la testa sotto la sabbia o ripetendo formule consunte su ipotetiche nostre volontà di trasformare in un congresso di partito l’appuntamento referendario».

I due capigruppo del Pd «sanno bene che noi non abbiamo votato l’Italicum al Senato e neppure alla Camera, nonostante fosse stata imposta la fiducia» e che «abbiamo votato la riforma per senso di responsabilità nei riguardi del governo che indirettamente aveva posto una sorta di fiducia sul suo operato anche in questo ambito, ma a patto che venisse definita una legge per l’elettività dei nuovi senatori che rendesse effettivo l’accordo intercorso sulla loro scelta ‘in conformita» con la volontà diretta dei cittadini. Finora però abbiamo incontrato soltanto generiche promesse».

Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, ricorda la campagna adesioni al comitato «No, grazie», al quale hanno aderito oltre 200 tra sindaci, presidenti di regione, amministratori e consiglieri locali.

«Noi diciamo no, grazie alla riforma costituzionale di Renzi perchè non abolisce il Senato ma riduce la democrazia e toglie agli italiani la possibilità di eleggere i senatori. Al posto del popolo saranno le segreterie di partito a indicare chi siederà in Senato. Noi vogliamo abolire davvero il Senato e dare all’Italia un Parlamento più efficiente e all’altezza delle sfide che la nostra Nazione ha davanti a sé».

«Votando al referendum il popolo non si esprime sulla legge elettorale. Anzi, se passa il sì al referendum l’Italicum sarà sottoposto al giudizio della Corte costituzionale», ha ricordato il ministro per le riforme, Maria Elena Boschi, alla festa regionale dell’Unità del Pd Toscano da lei chiusa a Pistoia.

«Dobbiamo partire dalla consapevolezza che questo Parlamento dopo nove anni ha approvato una nuova legge elettorale. Se il Parlamento deciderà di cambiare la legge elettorale che c’è oggi lo potrà fare - a concluso il ministro -, ma occorre trovare una maggioranza alternativa. È facile mettersi d’accordo sul no, ma è più complesso farlo sul sì, su una proposta».

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