I giornalisti perseguitati «In Turchia traditi dalla Ue»

«Vogliono intimidirci, ma noi dobbiamo mostrare ancora più forza, continuando a fare i giornalisti», racconta Can Dundar, direttore di Cumhuriyet, il quotidiano dell'intellighenzia laica, simbolo dell'attacco alla libertà di stampa in Turchia. «Da quando abbiamo pubblicato quell'inchiesta, è andata sempre peggio», spiega Dundar.

Quell'inchiesta è lo scoop sul passaggio di armi dalla Turchia alla Siria, apparso alla alla vigilia delle elezioni del giugno scorso, facendo infuriare il presidente Recep Tayyip Erdogan. Da allora, Dundar ha passato 92 giorni in prigione con Erdem Gul, il suo caporedattore ad Ankara, prima ancora che il loro processo cominciasse. Una settimana fa, la condanna per rivelazione di segreti di Stato. «Vogliono punire il giornalismo.

A me interessava solo che la storia fosse vera e di interesse pubblico», dice ora Dundar, che giura di non essersi mai pentito di averla pubblicata. Neppure quando un uomo gli si è parato davanti all'ingresso del palazzo di giustizia di Istanbul, dove aspettava la sentenza, sparandogli contro due colpi, che lo hanno mancato: «Ho visto la pistola davanti a me, è stato come in un film d'azione». Dopo l'attacco, il potente apparato dei media filo-governativi ha malignato non poco: come mai da un paio di metri di distanza non è stato colpito?

«Quando ti trovi davanti un pazzo tutto è possibile. So è che il responsabile è il presidente, che mi ha minacciato e ha istigato persone come lui ad attaccarmi. Prima di sparare, mi ha gridato "traditore": le stesse usate da Erdogan». A salvarlo è stata la moglie, che si è lanciata a bloccare l'attentatore. «È lei la mia migliore guardia del corpo», sorride Dundar. «L'Europa ci ha tradito, sacrificando i suoi principi di libertà e democrazia per un accordo sui migranti. Ma è sempre stata una grande bugia».

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