Su «Chicca» muro d'omertà L'accusato nega tutto

Aveva 6 anni quando precipitò dal balcone. Un altro bimbo morto in circostanze analoghe: era il figlio della compagna dell'uomo in manette

«Non ho ucciso Fortuna, non ero lì quando lei è caduta, né ho mai commesso abusi sessuali». Nega ogni addebito e si difende, Raimondo Caputo, il pregiudicato di 43 anni sul cui capo pende una terribile accusa: quella di avere violentato e ammazzato brutalmente Fortuna Loffredo, la bimba di sei anni uccisa nel Parco Verde di Caivano (Napoli), il 24 giugno del 2014. Una vicenda orrenda sulla quale è intervenuto anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale ha auspicato un'inchiesta «rapida, ampia e severa». E la mamma di Fortuna, detta «Chicca», Mimma Guardato, l'ha ringraziato per aver «preso a cuore la storia» della figlia e gli ha chiesto di andarla a trovare «qui, nel Parco Verde, dove abito, per vedere - ha detto - come viviamo in questo quartiere, giorno per giorno». 

Le tragiche fasi della morte di Fortuna sono state ricostruite nell'interrogatorio di garanzia davanti al gip del Tribunale di Napoli Nord. Davanti ad Alessandro Buccino Grimaldi, presente il pm Claudia Maone, Caputo, che venerdì aveva mostrato qualche segno di cedimento, ha ribadito la linea tenuta in questi due anni di indagini e ha detto che non si trovava nel luogo dove è morta Fortuna, di essere «un buon padre» e di «non aver commesso mai niente».

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La mamma di Chicca definisce Caputo «un mostro» e dure e piene di risentimento sono anche le parole del padre di Fortuna, Pietro Loffredo: «Una bestia che non sa neanche cos'ha fatto». Dice di sentirsi in colpa, Pietro. Quando la sua Chicca morì, lui era in cella per avere venduto cd contraffatti e per avere messo a segno piccole truffe. «Grazie a dei permessi - ricorda - ero riuscito a vederla 4-5 volte, prima della tragedia. Forse - sostiene - proprio perché cominciavo a essere più presente, Fortuna stava pensando di dirmi lo schifo che subiva da quel porco».

Pietro chiede che la giustizia non molli la presa. «Voglio sapere quante sono le persone che erano a conoscenza di quello che accadeva e non hanno parlato». E proprio ieri si è appreso che due inquiline del palazzo dove Fortuna abitava sono indagate per avere rilasciato false dichiarazioni in merito a quest'orribile vicenda. Tra queste c'è anche una donna che, secondo gli investigatori, raccolse e fece sparire un sandalo della bambina. A loro disse che il giorno della morte di Fortuna era rimasta seduta tutta la mattina fuori alla porta di casa perché faceva caldo e di non aver visto passare la bimba, né tantomeno Caputo. Qualche giorno dopo, però, la donna venne intercettata nella sua abitazione mentre parlava con il figlio. «L'ho buttata io la scarpa, non lo voglio dire a nessun 'u fatt ra scarpetellà».

Omertà e depistaggi emergono anche da un'altra intercettazione. Questa volta si tratta della nonna di un'amichetta di Fortuna che rivolgendosi alla nipotina dice: «Io non so niente, così devi dire».

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