Londra, la sinistra di Corbyn contro ingiustizie e austerità

Con la svolta a sinistra del Labour britannico, dopo gli anni liberisti targati Tony Blair, in Europa prende corpo una costellazione politica alternativa alle politiche sociali e economiche che hanno dominato l'ultimo trentennio. Al centro del successo di Jeremy Corbyn alle primarie britanniche c'è infatti una netta bocciatura del comportamento del mondo industriale e finanziario che non fanno autocritica nemmeno di fronte ai frammatici fallimenti evidenziati dalla crisi economica, con i suoi effetti pesanti sulla vita delle persone «normali».

Di fronte a un sistema incapace di cambiare, che intende invece perpetuare rapporti di forza e meccanismi destinati a penalizzare la gran parte delle persone, in molti in Inghilterra hanno trovato una speranza nella proposta radicale dell'esponente Labour che ha rinnovato il bagaglio di proposte politiche dela tradizione socialista, nel segno della giustizia sociale, della redistribuzione del reddito, del ritorno nelle mani pubbliche si servizi essenziali quali la sanità e i trasporti.

Il Labour britannico si toglie dunque la cravatta e torna a sventolare la bandiera rossa. Jeremy Corbyn, 66 anni, deputato di vecchia scuola socialista, è unl nuovo leader che promette di far cambiare decisamente rotta al partito che fu del suo arci-nemico Tony Blair. Certo, Corbyn dovrà vedersela con le forti resistenze nell'attuale establishment di orientamento liberista e privatizzatore. Il rischio è una scissione.

Grazie a una piattaforma capace di intercettare la nausea per gli effetti delle politiche di austerità che sale anche e soprattutto fra i giovani, Corbyn ha dato vita a un terremoto in piena regola, suggellato da un voto a valanga del tutto inatteso solo 2 mesi fa. Invocando parole come «giustizia» e «uguaglianza», predicando un no senza compromessi alla guerra e l'accoglienza senza riserve ai rifugiati, Corbyn ha letteralmente sbaragliato la concorrenza per la successione a Ed Miliband, al di là dei pur rosei sondaggi delle ultime settimane. La Conferenza di Westminster lo ha proclamato eletto al primo turno, dopo lo spoglio dei voti di mezzo milioni fra iscritti e simpatizzanti, con quasi il 60%. Al palo sono rimasti invece i tre rivali, più moderati e graditi all'establishment: Andy Burnham, Yvette Cooper e la blairiana di ferro Liz Kendall, umiliata al 4,5%.

Un risultato indiscutibile che allo stesso tempo rappresenta «la più grande sorpresa della storia politica moderna del Regno Unito» nelle parole di Owen Jones, giovane commentatore del Guardian. Risultato che - sebbene tutto da consolidare in seno a una nomenklatura di partito profondamente divisa - potrebbe cambiare la geografia della sinistra europea: allargando da Paesi in crisi come la Spagna di «Podemos» o la Grecia di «Syriza» alla ricca Gran Bretagna il fronte di chi non si accontenta più delle ricette «modernizzatrici» degli anni '90.

Salendo sul palco della vittoria, dopo una vita trascorsa nelle retrovie in veste di «signorno» e una candidatura che all'inizio era apparsa di nicchia o di bandiera, Corbyn non ha del resto rinnegato nulla della sua immagine. Vestito alla buona, senza cravatta, questo irriducibile militante entrato in parlamento nel 1983 ha ringraziato tutti e ha rivolto un appello all'unità. Ma sul programma non si è tirato indietro.

L'austerità introdotta dal governo conservatore di David Cameron «non è giusta, non è necessaria e deve cambiare», ha tuonato fra le ovazioni della sala mentre i sostenitori, giocando sul suo nome, ritmavano lo slogan «Jez we can». Poi ha parlato di un livello di «diseguaglianza grottesca» nel Paese, della necessità di dare «a tutti un'opportunità decente», di un partito la cui passione ai suoi occhi è ancora «intatta». Il Labour - ha insistito con il tono di voce a strappi di chi è abituato ai comizi - può rinascere dalle ceneri della «tragedia elettorale» di maggio, attrarre nuove forze e recuperare sostenitori delusi. Lo dimostra, a suo giudizio, l'entusiasmo suscitato dalla campagna per queste primarie (con l'esercito di 16.000 volontari mossisi dietro di lui). L'obiettivo deve essere dare «speranza alla gente comune, piena fino all'orlo di ingiustizie e disuguaglianza: la povertà non è inevitabile».

Snocciolando le sue parole d'ordine su temi come ambiente, pace, welfare, parità uomo-donna e immigrazione, ha quindi rivendicato il legame «organico» con i sindacati - forza trainante assieme ai nuovi attivisti della sua ascesa e di quella del suo neoeletto vice, Tom Watson, bestia nera dell'editore Rupert Murdoch.

La speranza dei sostenitori di Corbyn è che un'alelanza trasversale europea, che passi anche da Podemos in Spagna e da Syriza in Grecia, possa davvero imprimere una svolta anche allo scenario internazionale fin qui dominato da politiche di destra. Un messaggio indiretto ma chiaro che arriva dalle primarie inglesi è anche rivolto a chi da anni indica come sepolte le distinzioni ideologiche: destra e sinistra, al contrario, anche a Londra ora sono di nuovo ben distinguibili.

LA BIOGRAFIA DI JEREMY CORBYN

Per tutta la sua lunga carriera politica Jeremy Corbyn è stato un backbencher, relegato nelle ultime file del Labour alla Camera dei Comuni. Ora il 66enne deputato anti-austerity, che rappresenta da più di trent'anni il collegio londinese di North Islington, diventa leader dell' opposizione laburista e affronterà il primo ministro conservatore David Cameron nel Question Time e in quelle che già si prefigurano come sfide memorabili all'ultima replica.

La sua è stata una vita da outsider, in cui ha costruito una immagine da uomo "contro", partecipando a una serie di campagne pacifiste, contro l'inquinamento e l'apartheid, su posizioni sempre opposte rispetto all'establishment, fino ad accettare il dialogo con l'Ira, quando questo era uno scandalo, o coi palestinesi di Hamas e gli sciiti libanesi di Hezbollah.

Nato a Chippenham, nel Wiltshire, è figlio di un ingegnere e di una insegnante di matematica (morta nel 1987), entrambi pacifisti che si erano conosciuti durante la Guerra civile spagnola. Jeremy quindi cresce in un clima di attivismo politico destinato a segnare tutte le sue scelte future. Dopo essere stato funzionario sindacale, nel 1983, a 34 anni, diventa deputato laburista. La sua passione non si attenua nonostante il ruolo istituzionale e lo si ritrova, barba e capelli lunghi, nelle principali manifestazioni della sinistra di quegli anni: in una, in favore del leader sudafricano Nelson Mandela, si fa perfino arrestare. Negli anni dei governi di Margaret Thatcher, Corbyn ha modo di "sfidarla" alla Camera dei Comuni e definisce le sue politiche una "disgrazia" per il Paese.

Le sue idee politiche radicali influenzano talora la sua vita privata. Vegetariano, astemio e guidato da uno spirito ambientalista, si è sposato per tre volte: la seconda moglie, di origini italiane, Claudia Bracchitta, gli ha dato tre figli e ha divorziato nel 1999. Si dice che la ragione della separazione sia stata dovuta al fatto che lei voleva mandare uno dei figli alla scuola privata ma che il marito, strenuo difensore dell'istruzione pubblica, si fosse categoricamente opposto.

Il welfare è ora uno dei pilasti della piattaforma politica di Corbyn per contrastare la povertà e la diseguaglianza sociale e offrire a tutti un'opportunità. Questo passa attraverso il rifiuto dell'austerità voluta dai Tory per far tornare i conti pubblici. Per questo il neo leader è pronto a un controverso programma di "quantitative easing del popolo" diretto a creare moneta, che molti economisti (ma non Paul Krugman) vedono però come potenzialmente catastrofico. La cosiddetta 'corbynomics' punta anche su un massiccio contrasto di elusione ed evasione fiscale, oltre a una maggiore tassazione delle fasce più abbienti. E ancora, la ri-nazionalizzazione di ferrovie e altri servizi pubblici privatizzati.

Altrettanto discusse sono le sue idee in politica estera. Chiede una revisione della Nato, è contrario a interventi militari unilaterali. Da veterano del pacifismo fin dagli anni della Guerra Fredda, si oppone ai nuovi sottomarini nucleari Trident. In questo e altri punti appare lontano anni luce da Tony Blair, che lo ha attaccato anche di recente, accusandolo di voler portare il partito al suicidio. Sarà, ma intanto il 'vecchio' Corbyn sembra aver mandato definitivamente in pensione il New Labour blairiano.

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