Libia, rientrati gli italiani evacuati. Isis: siamo a sud di Roma

L'Italia lascia la Libia. Unica ambasciata europea ancora aperta dopo la grande fuga da Tripoli dello scorso agosto, è stata alla fine costretta - dall'aggravarsi delle violenze sul terreno e dall'avanzata dei tagliagole dell'Isis che sventolano le loro bandiere nere fin dentro la capitale libica - a chiudere «temporaneamente» i battenti e ad avviare il rimpatrio in nave, via Malta, degli ormai pochi italiani rimasti.


Una decisione «resa necessaria dal deteriorarsi della situazione», ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, finito personalmente nella lista nera dei jihadisti come «ministro crociato» per aver dichiarato che l'Italia è pronta a fare la sua parte in Libia se le Nazioni Unite dovessero decidere di agire. Intenzione ribadita anche sabato dal premier Matteo Renzi. Nonostante la chiusura dell'ambasciata, «l'Italia - ha però assicurato Gentiloni - resta al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia», con l'ambasciatore e inviato speciale, Giuseppe Buccino, che «continuerà a partecipare» al negoziato avviato dall'inviato Onu, Bernardino Leon. Ora però serve «un impegno politico straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità», ha insistito Gentiloni in una nota, annunciando che giovedì riferirà in Parlamento per avviare un dibattito tra le forze politiche sull'eventuale partecipazione italiana a un intervento internazionale «in ambito Onu».


Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, fa sapere che l'Italia è pronta a guidare una coalizione di Paesi europei e nordafricani (con i Paesi arabi che preferirebbero infatti una missione «regionale») e a contribuire con oltre 5 mila uomini. A fianco dell'Italia si è già schierata Malta, con il premier Joseph Muscat che non vede altra soluzione che «un intervento sostenuto dall'Onu per ristabilire la sicurezza» in Libia. Alla Valletta ha intanto fatto scalo per rifornimento il catamarano San Gwann della compagnia maltese Virtu Ferries, affittato dal governo italiano per l'evacuazione da Tripoli di un centinaio di connazionali. Poi farà rotta verso il porto siciliano di Augusta.


Già dal primo febbraio la Farnesina aveva rilanciato il proprio warning con «il pressante invito» ai connazionali a lasciare la Libia e non si esclude che nei prossimi giorni altri potrebbero decidere di andarsene. Intanto minacce all'Italia sono state diffuse con un nuovo video dell'Isis sulla decapitazione (ma fonti ufficiali libiche dicono che sono ancora vivi) di 21 egiziani copti, che erano stati sequestrati in Libia tra dicembre e gennaio. «Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma... in Libia», è l'annuncio, secondo quanto riferisce Rita Katz, direttrice del Site. E ancora: «Avete buttato il corpo di Osama bin Laden in mare, mischieremo il suo sangue con il vostro».


La situazione in Libia è sempre più drammatica. La fazione islamista al potere a Tripoli ha accusato il colpo della presa di Sirte da parte dell'Isis, che ormai sventola impunito le sue bandiere anche nella capitale, e ha annunciato che si sta organizzando per riconquistare la città sull'omonimo Golfo. Intanto a Tobruk, dove è insediato il governo libico riconosciuto a livello internazionale, dietro le quinte è in corso una lotta di potere attorno alle ambizioni del vulcanico generale Khalifa Haftar. Il Congresso nazionale generale (Gnc), l'autoconvocato parlamento che governa a Tripoli, ha annunciato la creazione di una «Forza militare congiunta» per «recuperare le installazioni» finite sotto il controllo dello Stato islamico a Sirte, città natale del defunto colonnello Muammar Gheddafi.

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