Le grandi manovre tra Pd e Upt con la regia di Dellai

Per il vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi, la volontà dell’Upt di «sperimentare» qualcosa di nuovo nel «campo democratico», come ha detto Lorenzo Dellai, offre al Pd del Trentino l’occasione per cercare di realizzare «un progetto più aperto al contributo di nuove ed altre culture politiche, più radicato al territorio e pertanto interprete di un autonomismo moderno e riformista

di Luisa Maria Patruno

Per il vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi, la volontà dell’Upt di «sperimentare» qualcosa di nuovo nel «campo democratico», come ha detto Lorenzo Dellai offre al Pd del Trentino l’occasione per cercare di realizzare «un progetto più aperto al contributo di nuove ed altre culture politiche, più radicato al territorio e pertanto interprete di un autonomismo moderno e riformista». E il presidente della Provincia, Ugo Rossi (Patt), vede a sua volta con positività l'eventualità di una riduzione da due a uno dei principali competitori del suo partito autonomista all'interno della coalizione di centrosinistra. Durissimo, invece, il sottosegretario agli affari regionali, Gianclaudio Bressa, che invita Dellai a lasciare il Pd fuori dalle solite manovre.

Vicepresidente Olivi, serviva Dellai per scuotere il centrosinistra?
Io sono stato tra i primi, mesi fa, a proporre l’idea di una riconfigurazione della fisionomia della coalizione provinciale, che muovesse da una relazione più stretta tra il Pd e l’area politica dell’Upt. Il punto è che questo processo di convergenza, nel rispetto delle storie e delle sensibilità dei protagonisti, per avere successo deve essere guidato dal Pd. Il processo deve essere autogenerativo. È il Pd insomma che deve rafforzare, ampliandolo, il suo profilo identitario e non invece essere strumento perché ciò avvenga in casa d’altri».

C’è chi sostiene, come Mattia Civico, che manchi proprio questo al Pd: la capacità di leadership, di guida. È così?
Un rinnovato protagonismo del Pd non può che derivare dalla capacità di esercitare, nella coalizione e soprattutto dentro la comunità, un ruolo più incisivo e percepibile attraverso le politiche, le scelte, e non sul terreno dei tatticismi. E leggere in questi giorni le opinioni di chi si divide tra chi accetta o meno «la sfida di Dellai» è un segno palese di debolezza politica. Le sfide siamo noi a doverle lanciare. E lo dice chi, come il sottoscritto, considera utile e prezioso il contributo e gli stimoli di una figura come Dellai in questa delicata fase di transizione del sistema politico nazionale e trentino.

Ma qual è l’approdo di questo processo?
Certo, per lanciare una sfida occorre avere chiara l’idea di dove si vuole andare e proprio per questo nei prossimi giorni proporrò un percorso che sappia rimettere al centro i temi veri sui cui il Pd deve produrre idee e pensiero politico. Che poi significa ampliare la base dei nostri interlocutori nella società trentina, confrontandoci con chi oggi crea valore economico e ci può aiutare nel creare occupazione, riempire di nuovi contenuti i valori di una sinistra moderna ed europea che deve saper difendere diritti, uguaglianza ed equità sociale scegliendo la via delle riforme e non chiudendosi nella conservazione. Un cantiere dunque si apre se prima è chiaro il progetto di ciò che si vuole costruire, altrimenti col tempo rimane solo il cantiere. L’edificio da realizzare è quello di un Pd che valorizza e legittima il contributo plurale delle altre espressioni del popolarismo trentino divenendone il nucleo federatore. Come il tronco di un albero che pianta radici ancor più profonde ed infittisce i suoi rami.

L’obiettivo è quello di rafforzare nella coalizione la componente di centrosinistra rispetto a un Patt che fa campagna acquisti anche a destra e che punta a creare un «partito di raccolta» trentino stile Svp?
In Trentino la storia anche recente del centrosinistra autonomista ha un’origine chiarissima: l’incontro della cultura e dell’esperienza del cattolicesimo democratico con quella della sinistra riformista e laica. Il Patt è arrivato dopo! Si pensi che ancora nella scorsa legislatura, quest’ultimo, aveva chiesto e ottenuto di sottoscrivere un accordo politico separato proprio con l’allora candidato presidente Dellai. È da quel nucleo fondativo che bisogna ripartire all’insegna di un nuovo patto la cui trama ispiratrice deve essere l’idea di una nuova Autonomia che vuole un Trentino meno isolato e modello di autogoverno del fragile ecosistema alpino. Per fare questo non basta l’alleanza Patt-Svp con il Pd che serve «quando bisogna andare a Roma». Ma, insisto, se crediamo in questo progetto il tema non è costruire nuovi partiti ma rafforzare, riorientandolo, il baricentro culturale primo tra tutti del Pd che ormai in Trentino è all’ultima chiamata: o diventiamo una matura forza di governo o ci consegniamo alla subalternità. Serve un Pd più coraggioso che lanci un ponte verso l’Upt e i suoi mondi, anche per evitare che il proselitismo del Patt cambi i connotati antropologico-politici della coalizione all’insegna della ricetta, sin troppo evidente, di un nuovo contenitore magmatico oltre la sinistra e la destra in cui il collante unico sia quello di «essere trentini». Per il Pd significherebbe ritornare nella riserva indiana, per l’Upt probabilmente dissolversi pian piano, per il Trentino una stagione politicamente di restaurazione. E questo, alla lunga, non gioverebbe neanche al Patt.

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I BIG DEL PD

Guardando tra i big provinciali, gli amministratori e i segretari dei principali circoli del Pd trentino appare a colpo d’occhio molto più consistente la schiera dei favorevoli a tendere la mano all’Upt e alla «sperimentazione» lanciata da Lorenzo Dellai per rafforzare il centrosinistra, rispetto a chi invece è scettico o ritiene che il Pd non debba sentirsi coinvolto. Il «no» è espresso da quella componente che rappresenta la minoranza del partito, che comprende gli ex kessleriani, come Mattia Civico o l’assessora Donata Borgonovo Re, che vedono da sempre come il fumo negli occhi Lorenzo Dellai e temono che ogni sua mossa nasconda un’insidia o l’interesse per un ritorno in auge personale. L’assessora alla salute è lapidaria: «Io non sono interessata all’ennesimo nuovo soggetto politico». Contro ci sono anche i renziani Doc come Elisa Filippi che dice: «Mi chiedo se oggi la questione è all’ordine del giorno. L’impegno del Pd deve essere quello di esercitare la leadership».

E l’assessore comunale Andrea Robol per il quale: «Al momento mi pare fantapolitica». Il fronte dei dialoganti è invece molto nutrito e comprende anche il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, che senza voler entrare nelle scelte che spettano ai partiti del centrosinistra autonomista, come garante politico della coalizione cittadina ritiene questi movimenti molto positivi: «Io la prima cosa che mi chiedo è: il cantiere di Dellai è qualcosa che toglie o che aggiunge alla coalizione? Questa è la prima domanda. Io credo che non tolga nulla, perché non ha detto nulla che porta la coalizione a ridursi, a diventare più debole o incerta, al contrario aggiunge qualcosa alla coalizione. Quindi non ci devono essere pregiudizi antidellaiani o anti Upt. Io non ho pregiudizi e dobbiamo lasciarci interrogare e mettere in discussione. Io penso che nella coalizione meno rapporti muscolari ci sono meglio è e invece servono più apporti di idee. In politica dovrebbe vincere l’idea migliore».

Riguardo ai contenuti, Andreatta si augura che queste iniziative servano ad andare in due direzioni: «Definire meglio l’idea della nostra autonomia, che non può essere solo difensivistica, e poi ripensare il ruolo di Trento rispetto alle altre città italiane ed europee». Altri favorevoli sono i molti esponenti del Pd che hanno partecipato nel dicembre scorso alla convention di Dellai a Sanbapolis.

 

LA SEGRETARIA ROBOL

La segretaria del Pd trentino, Giulia Robol, risponde al consigliere provinciale Mattia Civico l’aveva duramente criticata per le sue aperture al «cantiere» di Lorenzo Dellai sostenendo che: «Mi spiace che per Civico ogni ragionamento politico sia viziato dal fatto che ci sia di mezzo Dellai, quindi non si discute nel merito ma solo su Dellai sì o Dellai no, come in passato».

«Confermo - dice Robol - che mi fa piacere se sarà possibile aprire un confronto reale con l’Upt, anche dopo le comunali, in un contesto importante di evoluzione del Pd anche rispetto allo scenario nazionale. L’elezione stessa del presidente Mattarella la ritengo il simbolo importante del riemergere di una cultura del cattolicesimo democratico, che è poi la stessa di Matteo Renzi, che è molto importante nel Pd ma che è anche patrimonio di Dellai e dell’Upt. Quindi - aggiunge la segretaria del Pd - è vero che il Pd fa parte in Europa della famiglia dei socialisti e democratici, ma mi sento di dire che questo non esclude la cultura da cui provengono Mattarella, Renzi e Dellai».

Riguardo poi al futuro del Pd trentino, la segretaria aggiunge: «Io ritengo che il Pd del Trentino abbia fatto un percorso a metà e che ora che l’Upt sta cercando di ridefinire la sua missione come partito si possa aprire un confronto e trovare una nuova sintesi. Il Pd ha l’obiettivo di una sua evoluzione tenendo conto che il contesto è cambiato e cambierà sia a livello locale che nazionale».

La segretaria del Pd rivela, per altro, che anche a Roma la questione del rapporto con l’Upt e con il gruppo nazionale di cui Dellai fa parte è all’attenzione della segreteria nazionale del Pd. «Sia con il senatore Tonini - spiega Robol - che con il sottosegretario Bressa in più di un’occasione il tema è stato oggetto di interlocuzione a livello romano. È evidente infatti che la coalizione oggi è in fibrillazione e che c’è in corso un processo di cambiamento che andrà governato io penso in un’ottica di semplificazione». E che ci siano lavori in corso tra il Pd e altre forze di centrosinistra lo dimostra la dichiarazione di ieri di Matteo Renzi sui senatori di Scelta civica: «La condivisione può individuare un approdo comune e un comune cammino per il cambiamento dell’Italia». Robol si dice poi in sintonia con le dichiarazioni del capogruppo provinciale Alessio Manica, che ieri ha anch’egli raccolto in modo positivo le aperture da parte dell’Upt sulle «sperimentazioni» di liste unitarie alle elezioni comunali, anche se non nei comuni più grandi.

La segretaria del Pd si mostra invece sorpresa dalle dichiarazioni di Manica sulla necessità di una correzione di rotta nella gestione del partito, chiedendo di passare a una gestione unitaria, coinvolgendo cioè la minoranza di Elisa Filippi, e coinvolgendo di più i consiglieri provinciali negli organi direttivi. «L’ho appreso dal giornale - dichiara Robol - e mi sorprende che Manica proponga ora una gestione unitaria con la minoranza di Filippi e Civico visto che mi sembra che su uno dei temi politici più significativi come l’evoluzione del Pd del Trentino di cui si sta discutendo la linea di Civico sia molto diversa da quella mia, di Zeni e Manica stesso. Su questo comunque potremo confrontarci nel coordinamento provinciale che ho convocato per il 9 febbraio e al quale possono partecipare di diritto, come sempre, anche i consiglieri provinciali e i parlamentari».

TIZIANO MELLARINI: L'UPT MANTENGA LA SUA AUTONOMIA

Tiziano Mellarini dà uno stop deciso alla possibilità che l'Unione per il Trentino possa approdare nel Pd. E, nel caso in cui questo potesse accadere, dice chiaramente che lui «il cambio di casacca» non lo farà. Per un motivo molto semplice: «Si è sempre detto che l'Upt si riconosce, a livello europeo, nel Partito popolare e io mi sento legato a questa tradizione politica. Se si va nel Pd, si fa un cambio di casacca che ci porterebbe nella Socialdemocrazia europea che è cosa ben diversa dal Ppe». Mellarini non lo cita, ma tra chi ha sostenuto la tesi della famiglia popolare c'è stato quel Lorenzo Dellai che, oggi, sembra aprire a una strada che, se percorsa fino in fondo, può portare a una scelta di campo diversa. 

«Io però - spiega ancora l'assessore provinciale allo sport Mellarini - credo che la proposta presentata da Dellai non dice che si dà il via libera ad aggregarsi col Pd. Si dice, invece, che i singoli territori possono fare scelte diverse. Ma la scelta di aprire un cantiere per quanto mi riguarda non vuol dire cambiare campo». 
Se ciò dovesse accadere, come sostengono in questa fase molti rappresentanti del Pd, che puntano a una alleanza organica tra l'Upt e il partito di Renzi, sia essa confederazione, federazione o fusione, Mellarini si tira già fuori. 
«Io - sottolinea con chiarezza Mellarini - non passerò al Pd, resto nella dimensione popolare e rimarrò nell'Upt. C'è chi fa parte del Ppe e non appartiene certo alla Socialdemocrazia europea dove l'approdo al Pd ci porterebbe».
Secondo Mellarini l'Upt non deve tradire «l'anima popolare. Ci sono partiti interpreti del popolarismo che devono rimanere il nostro punto di riferimento, certo sempre all'interno dell'area del centrosinistra. Io non vado a snaturare il mio percorso: tante altre persone che condividono questa mia posizione, anche nel gruppo consigliare, sono con me come posizione». 
Mellarini rivendica poi l'orgoglio di partito. «Per quanto riguarda il territorio l'Upt non va a scomparire nel Pd. Alle Comunali ci sarà e l'approdo al Pd non è automatico».
Alla domanda se ci sia in animo l'idea di fare un altro partito se l'Upt dovesse approdare nel Pd, Mellarini lascia aperta la porta: «Si valuterà. Io dico solo che il Partito popolare rimane il faro del mio impegno politico. Io non aderirò come altri pensano al Pd. C'è, invece, una evoluzione nell'area popolare».

LA REAZIONE DI BARATTER (PATT)

«L’apertura di un nuovo cantiere politico da parte di Lorenzo Dellai – che punta ad avvicinare l’Unione per il Trentino al Partito Democratico – non può che essere letta in chiave positiva dagli autonomisti perché porta finalmente chiarezza dentro il quadro politico provinciale. Si va infatti verso un chiaro bipolarismo dentro la coalizione: da un lato un partito nazionale, dall’altra una grande forza politica di raccolta, autonomista e popolare».

 

 

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