No Tav, De Luca in Tribunale: «Processo alle opinioni»

«Più democratica e civile della lotta dei No Tav non ne conosco», così, poco fa, lo scrittore Erri De Luca, prima dell’apertura del processo, a Torino, in cui è chiamato a rispondere di istigazione a delinquere per aver difeso le azioni dei manifestanti che avevanmo tagliato delle reti di recinzione di cantieri considerati illegittimi perché su terreni per i quali non erano ancora arrivati i decreti di esproprio.

«Vorrei sapere se ho davvero istigato qualcuno, e chi», prosegue l’autore napoletano, che nei giorni scorsi ha dato alle stampe un pamphlet a difesa della libertà di opinione: «La parola contraria» (Feltrinelli). Il volumetto viene distribuito gratuitamente in queste ore da un gruppo di attivisti No Tav raccolto in presidio davanti al Palazzo di giustizia, per esprimere solidarietà a Erri De Luca e condananre quello che viene considerato un processo politico che persegue un «reato» di opinione.

«Come procura abbiamo il dovere di verificare se certi casi debbano essere sottoposti al vaglio di un giudice. E in questo caso riteniamo di sì», è la spiegazione data poco fa dal pm Andrea Beconi nel suo intervento in aula.
«Questo reato - ha osservato il pm - è discutibile e si presta a strumentalizzazioni, ma nell’ordinamento esiste e dobbiamo farci i conti».

Ieri, invece, sono state emesse 47 condanne per quasi centocinquanta anni di carcere nei riguardi di militanti No Tav, sei le assoluzioni.
La pronuncia della corte è arrivata mentre il popolo No Tav si sgolava nell’aula bunker delle Vallette urlando «vergogna» e cantando «Bella Ciao».

Si è chiuso così, a Torino, il maxi processo per i tumulti in valle di Susa nell’estate del 2011.
Due le giornate al vaglio dei giudici: quella del 27 giugno, quando le forze dell’ordine, facendosi strada tra una fitta sassaiola, sgomberarono con le ruspe e i lacrimogeni il vasto presidio allestito dai No Tav nella zona dove oggi sorge il cantiere di Chiomonte; quella del 3 luglio quando, durante una manifestazione con decine di migliaia di partecipanti, i No Tav scatenarono il primo degli assalti alle recinzioni.
La protesta non si è fatta attendere. Nel giro di pochi minuti è stato bloccato il vicino accesso alla tangenziale di Torino. In serata, blocco della statale 24 dell’autostrada del Frejus in Valle di Susa all’altezza di Bussoleno: tensioni con le forze dell’ordine, tre fermi.

«La sentenza è una vendetta di Stato», tuona il sito Notav.info, la voce ufficiosa degli attivisti. «È l’estremo tentativo di fare fuori il movimento No Tav», rincara il leader storico Alberto Perino, «ma non ci riusciranno».

«Si è ristabilito il primato della legalità e pure del buon senso - commenta invece il ministro dei trasporti Maurizio Lupi (Nuovo centrodestra) - perché ferire oltre 180 persone tra poliziotti, carabinieri e militari della guardia di finanza non è una normale manifestazione di dissenso, è un crimine». La decisione del tribunale, per il ministro, «fa giustizia anche di tante coperture politiche e intellettuali di quella violenza, che hanno cercato e cercano di nobilitarla con assurdi richiami alla Resistenza».

Evidente il riferimento proprio a Erri De Luca, oltre che ad altre figure della cultura che giustificano l’esasperazione degli abitanti della vallata da anni impegnati, invano, a chiedere che si valutino più attentamente i rischi sanitari e ambientali del grande progetto ferroviario e a denunciare la sostanziale inutilità della grande opera i cui costi «lieviteranno ben oltre i tre miliardi previsti, che sono già tantissimo denaro pubblico sprecato: con molto meno e con il favore delle popolazioni, si poteva semplicemente ammodernare e ottimizzare la ferrovia esistente».

Per gli attivisti il conto del Tribunale è salato. Le pene spaziano da un paio di modeste multe a 250 euro ai quattro anni e sei mesi inflitti a due imputati: uno di loro è il settantenne Paolo Maurizio Ferrari, ex Brm che dopo una detenzione lunga trent’anni ha trovato, una volta libero, l’energia per salire in valle di Susa e partecipare alle manifestazioni No Tav. Nel mezzo, tante condanne a più di tre anni di reclusione.

E poi ci sono i soldi. Oltre 150 mila euro fra indennizzi e acconti (le cosiddette «provvisionali») alle parti civili: i Ministeri dell’Interno (record con oltre 50 mila euro), della Difesa e dell’Economia, i sindacati di polizia, oltre centocinquanta agenti, la società Ltf che si occupa della Torino-Lione.

«Pene spropositate e condanne assurde in totale assenza di prove», dice uno dei difensori, l’avvocato Gianluca Vitale, mentre il collega Stefano Bertone annuncia ricorsi su ricorsi «fino alla Corte europea per i diritti dell’uomo», perché «non permettere agli imputati di presentare gli indizi a discarico equivale a impedire loro di difendersi».

Opposta la lettura dell’avvocato Anna Ronfani, parte civile per Ltf: «Il dispositivo della sentenza, tanto lungo e articolato che per leggerlo i giudici hanno impiegato un’ora, dimostra come le singole posizioni siano state vagliate con grande accuratezza. Non sono state condannate le idee, sono stati condannati i comportamenti illeciti».

La sentenza viene accolta con reazioni che riproducono le profondissime distanze sulla protesta in valle di Susa.

Scrive il senatore Stefano Esposito, vicepresidente della commissione Trasporti, fino a pochi mesi fa grande sostenitore del Tav ma poi scettico di fronte all’ipotesi che i costi possano raddoppiare, recentemente assurto al centro delle cronache politiche per un emendamento decisivo sulla legge elettorale (contestato dalle opposizioni e dalla minoranza Pd): «La giustizia fa il suo corso e si rispetta».

Osvaldo Napoli, vicecoordinatore di Forza Italia, fa eco a Lupi: «È stato riaffermato lo spazio della democrazia». E «sbagliano i No Tav a vedere un processo politico. Al contrario, sono coloro che hanno intonato “Bella ciao” al momento della sentenza che hanno voluto dare un profilo politico».

E proprio di «sentenza politica» parla Ezio Locatelli, segretario torinese di Rifondazione comunista. «È il frutto di un’operazione politica di criminalizzazione della protesta».

Il «segno di una giustizia - aggiunge il piemontese Paolo Ferrero, segretario di Prc-Sinistra Europea - che funziona secondo due pesi e due misure».

Marco Scibona e Francesca Frediani, rispettivamente senatore e consigliere regionale del M5S, parlano di «sentenza ingiusta, fortemente voluta dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni».

L’eurodeputata della sinistra Eleonora Forenza (Altra Europa con Tsipras) giudica il verdetto «l’ennesimo episodio di inaudita repressione contro il movimento che lotta contro lo scempio del territorio della val di Susa».

Per l’ex sindacalista Fiom Cgil Giorgio Airaudo (parlamentare di Sinistra ecologia e libertà) «è una sentenza pregiudiziale e spropositata. L’ordine pubblico non può sostituire la politica che latita».

Infine, Gianluca Buonanno, europarlamentare della Lega Nord, non si accontenta delle condanne: «Per certa gente dei No Tav ci vorrebbe il 41bis come per i mafiosi».

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