Lotta alla corruzione, la novità. Adesso il provinciale può fare la spia

di Domenico Sartori

Altrove lo chiamano whistleblowing . È uno strumento di contrasto alla corruzione, adottato ad esempio dal Comune di Milano per i propri 5 mila dipendenti. Una sorta di «delazione nobile». Una «soffiata» in nome della legalità fatta propria anche dalla Provincia di Trento. Lo strumento è attivo dal 2014 ed è stato confermato nell'ultima seduta della Giunta provinciale che ha aggiornato il Piano di prevenzione della corruzione 2015-2017. 

Sulla pagina intranet della Provincia, riservata ai dipendenti, è a disposizione delle «gole profonde» un «modello di segnalazione di illecito» al responsabile anticorruzione. Il piano prevede la tutela del «sussurratore»: «Non può essere rivelata l'identità del dipendente provinciale che riferisce al proprio superiore gerarchico le condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro». È però previsto che l'identità del segnalante possa essere rivelata all'incolpato e all'organo disciplinare «nel caso in cui il destinatario della segnalazione ritenga che la conoscenza di essa sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato».

Funziona, la «soffiata»?

E quanti casi si contano tra le migliaia di dipendenti della Provincia? «Cifre precise non ne posso dare» risponde l'avvocato Nicolò Pedrazzoli , responsabile per la prevenzione della corruzione della Provincia «perché i numeri in sé non contano nulla. Ogni segnalazione comporta un lavoro di valutazione e verifica, e solo alla fine del procedimento si può dire se è fondata o meno. La premessa è che l'apparato è sostanzialmente sano, quindi non si può certo parlare di una valanga di segnalazioni».

Ma il meccanismo funziona?

«Sì, posso dire che funziona. Anche in questo caso, come è nella impostazione del piano, è l'aspetto preventivo che conta. Il fatto di sapere che esiste questo meccanismo di segnalazione di per sé porta ad assumere comportamenti positivi».

Il Piano di prevenzione della corruzione, «figlio» della legge nazionale del novembre 2012 sulla repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, ha dato qualche risultato, o si tratta di un inutile insieme di procedure che complicano ulteriormente il lavoro di dirigenti e addetti?

«È emerso un solo caso di corruzione (quello di un geometra, poi sospeso e denunciato, che aveva ricevuto in omaggio uno spiedo, un decespugliatore e una troncatrice a nastro, ndr)» risponde Pedrazzoli «ma quello che conta è l'aspetto preventivo, riguarda tutti i possibili casi di conflitto di interesse o altre forme di "inquinamento". Si può dire che il piano porta anche ad un miglioramento complessivo dell'amministrazione. Aumenta la responsabilizzazione dei dipendenti. Principio di legalità vuol dire anche evitare comportamenti magari non penalmente rilevanti, ma non appropriati».

Il piano della Provincia individua quattro strutture esposte a maggior rischio di corruzione: l'Agenzia per gli appalti e per i contratti (Apac), l'Agenzia per le opere pubbliche (Apop), l'Agenzia per l'incentivazione delle attività economiche (Apiaie) e l'Ufficio concorsi del Servizio per il personale. In queste strutture è prevista la «rotazione del personale con incarico direttivo e dirigenziale» ma pure del «restante personale assegnato alla struttura». È già prassi?

«Con il precedente piano, nel 2014» risponde Pedrazzoli «abbiamo studiato e definito le modalità della rotazione degli incarichi nei settori sensibili. Da quest'anno diventa operativa».

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