Una valle in lacrime orfana di «Milordo»

di Domenico Sartori

Prosegue incessante, silenzioso e mesto da questa mattina il pellegrinaggio di centinaia di persone che vogliono rendere omaggio alla salma di Diego Moltrer. Nella camera ardente - allestita presso una delle sale di quel municipo di Fierozzo che durante i suoi 15 anni da sindaco era stata la «casa» del presidente del consiglio regionale, ma soprattutto una casa sempre aperta per tutti i suoi compaesani - da ore si stanno alternando nel picchetto d'onore vigili del fuoco volontari, alpini e cacciatori. Tutte realtà in cui Moltrer aveva lasciato il segno, come in tutta la comunità mochena: «Diego per questa valle era tutto» sintetizzano numerosi dei compaesani di Milordo. Accanto alla tanta, tantissima gente comune che sta salutando Moltrer, in mattinata sono saliti a Fierozzo anche il presidente della Provincia Rossi, il commissario del Governo Squarcina, l'assessore provinciale Daldoss, i consiglieri provinciali Lozzer e Giovanazzi, l'ex consigliere Chiocchetti, il presidente dell'Ana Pinamonti. Tutti stretti ai familiari di Moltrer, come e soprattutto quella gente, la sua gente, a cui lui aveva dedicato tanto, sempre con la semplicità che si respira tra queste strade e che Moltrer aveva saputo portare anche negli ambienti di palazzo.
 
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UNA VALLE IN LACRIME

«Dime perché? Dime perché?». Ci vuole una fede che sposta le montagne e una sovrumana capacità di sopportazione per caricarsi sulle spalle la morte di quattro figli. «Dime perché?» ripete mamma Lina, incrociando il brigadiere, appoggiata al braccio della nipote che la sorregge mentre entra nella casa del suo Diego, a Maso Ronca, appena sotto la chiesa e il cimitero di San Felice. Anche il cielo che fino a poco prima lasciava intravedere la neve che ha già imbiancato i larici e gli abeti del Lagorai, s'è fatto cupo. In quota, sul luogo della tragedia, nevica. Qui pioviggina, e il nebbione avvolge la valle, attonita, sconvolta, orfana del «Milordo». «Come farente, ades, senza 'l Diego?». Non c'è umana spiegazione per il dolore di mamma Lina. Lo dirà più tardi anche a don Daniele, il parroco: «Perché proprio el Diego? È il quarto figlio che mi tocca accompagnare al cimitero...». Se ne andò come una folata di vento, la piccola Maria Teresa, che aveva appena quattro mesi e mezzo. Poi, un incredibile incidente stradale, mentre da Zivignago rientrava in paese, le rubò Lorenzo, 18 anni e mezzo. Quindi, la figlia Elena, la più vecchia. Ed ora Diego, che era l'ultimo nato. Resta la figlia Graziella, con i figli Michele ed Angela, che a Diego era legatissima, a consolare un dolore inconsolabile. «Dime perché? Dime perché?». 

Da Frassilongo a San Felice, da Canezza a Palù, di maso in maso, la domanda è la stessa: ed ora, senza 'l «Milordo»? Anche a Pintarei, davanti al municipio di Sant'Orsola, che i mocheni[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"126996","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]] non considerano mochena, c'è chi osserva: «Eccome, se era benvoluto. Guardi i voti alle ultime provinciali: qui a Sant'Orsola, Moltrer ne ha presi più del nostro sindaco, pure candidato!». Bruno Groff, sindaco di Frassilongo, ha appena incontrato la famiglia di Diego, la moglie Rosanna, i figli Lorenzo, Marica e Alessio, e preferisce chiudersi nel silenzio. Luca Moltrer, che del «Milordo» era lontanamente parente e che da lui, nel 2010, ha ereditato il municipio di Fierozzo (Diego Moltrer, che a sua volta era subentrato al padre Luigi, è stato sindaco per 15 anni, ndr): «Per me è stato prima di tutto un amico. Questo è un comune di 480 abitanti, ma molto esteso, con masi dai 900 ai 1.550 metri. Ha fatto tantissimo per Fierozzo. Quando sono diventato sindaco, mi ha affiancato, sostenuto, mi è sempre stato vicino. Un punto di riferimento per tutta la comunità». Elio Moltrer, il capogruppo degli alpini, aveva visto l'elicottero sorvolare la valle: «Pensavo fosse per soccorrere qualche boscaiolo. Invece... La caccia era la sua vita. Ma che destino per la mamma Lina, rimasta vedova del Luigi qualche anno fa!».


Tra lo stato maggiore del Patt, che ieri, al seguito di Ugo Rossi, s'è subito fiondato in valle, il più sconvolto è Graziano Lozzer: «Porteven le vache ensema. Che fago mi ades?! Per la val dei Mocheni è un disastro. Per me era un fratello, più di un amico». Non trattiene i lacrimoni, l'ex sindaco di Valfloriana: «Sai quando l'ho conosciuto? Quando la Elena (la sorella, ndr) mi portava le vacche a Malga Sass. E lui la accompagnava. La prima volta che l'ho visto, mi sono detto: "Madona, me par 'n cagon!". Ma subito è nata un'amicizia incredibile, con lui, con la sua famiglia». «Ci siamo frequentati già quand'era sindaco, per la questione delle minoranze» è il ricordo di Beppe Detomas della Ual «una persona di una grandissima umanità».


Te lo senti ripetere, dagli amici, dai conoscenti, dalla gente che visita la salma: «Bastava chiamarlo, lui c'era sempre. Per tutti, a tutte le ore». La cifra di un modo d'essere, ereditato dal padre Luigi. Di una presenza schietta, a volte rude, quella di un «uomo vero», che prendeva le cose di petto, senza mezze misure. Ma sempre con quell'inprinting che era il legame con la sua valle, soprattutto con la gente più umile. «Tra vitalizi e altre grane, gli hanno caricato troppo le spalle. Ma ogni discorso, ora che Diego non c'è più, è inutile» dice Elio Pintarelli, ex sindaco di Tenna e collega imprenditore. Alessio Marchiori, dal 28 novembre dello scorso anno, gli ha fatto da segretario particolare. È distrutto dal dolore: «Il martedì e il giovedì, alle 6.30 era già in ufficio, a ricevere persone. Con Diego, il popolarismo era una dimensione vera: la politica a favore della gente, attenta soprattutto ai più deboli. Incontrava tutti, dal comune cittadino alla mamma in difficoltà a tirare su i figli. E alla fine mi ripeteva: Alessio, dobbiamo aiutarli!».

 

Il ritratto di Luisa Maria Patruno

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