Il «pacchetto» riforme rischia lo stallo totale

Far «ingoiare» ai senatori tutto il pacchetto: riforme costituzionali, Italicum, ddl taglia-province e testo sulle quote rosa per le Europee, non sarà per il governo una passeggiata. Molti gli ostacoli da rimuovere: veti incrociati, ultimatum, rivendicazioni dei partiti minori. Renzi, però, non vuol sentir ragioni: riusciremo a cambiare la politica solo se si arriverà entro il 25 maggio all'okay sulla legge elettorale e alla prima lettura della riforma del Titolo V, dice

Far «ingoiare» ai senatori tutto il pacchetto: riforme costituzionali, Italicum, ddl taglia-province e testo sulle quote rosa per le Europee, non sarà per il governo una passeggiata. Molti gli ostacoli da rimuovere: veti incrociati, ultimatum, rivendicazioni dei partiti minori. Renzi, però, non vuol sentir ragioni: riusciremo a cambiare la politica solo se si arriverà entro il 25 maggio all'okay sulla legge elettorale e alla prima lettura della riforma del Titolo V, dice.
Un obiettivo ambizioso se si pensa che a Palazzo Madama è in corso una guerra di tutti contro tutti che di fatto impedisce l'esame rapido dei provvedimenti, anche quelli importanti per l'esecutivo. A cominciare dal ddl che porta la firma del sottosegretario Graziano Delrio. In commissione Affari Costituzionali dal 3 gennaio staziona il disegno di legge «taglia-province». FI e Ncd, che a Palazzo Madama contano su altri numeri rispetto alla Camera, non lo vogliono. Loro possono contare su circa 48 presidenti di provincia, ma hanno pochissimi sindaci (che se il ddl Delrio diventasse legge diventerebbero i veri detentori del potere locale). Così fanno muro contro un provvedimento che invece governo e Pd vorrebbero veder approvato in fretta: non solo perché tagliare le province è stato il leit motiv delle ultime campagne Dem, ma anche perché gran parte dei sindaci viene dalle file del centrosinistra.
In Aula invece c'è il ddl sulle quote rosa per le Europee presentato da Valeria Fedeli (Pd) che rischia di trasformarsi in un gigantesco boomerang per il Pd. Il partito lo vorrebbe approvare per riscattarsi dalla brutta figura sulla parità di genere in lista fatta alla Camera sull'Italicum. Ma Ncd, Sel e i centristi dicono no. Loro hanno già raccolto le firme per le candidature e hanno fatto le liste. Non vogliono ricominciare tutto da capo anche perché non avrebbero più i 180 giorni previsti dalla legge per questi adempimenti. Alle elezioni del 24 maggio di giorni ne mancano poco più di 70. Ma allo stesso tempo questo testo serve per far passare la norma che riduce o elimina del tutto la soglia di sbarramento per le Europee, oggi al 4%. Tanto che il Pd del Senato avrebbe proposto uno «scambio»: accettare la riduzione delle soglie, in cambio del via libera al ddl Delrio. Ma su questo c'è il «niet» del Cavaliere. Lui spera che le Europee «ridimensionino» Ncd e, come il Pd, teme che la prolificazione di «partitini» tolga voti ai più grandi. Così, ecco l'impasse.
Il Senato riserva infine a Renzi anche un'altra grana: gran parte del gruppo Pd avverte che prima vuole fare la riforma costituzionale del Senato e solo dopo l'Italicum. L'idea piace a Ncd, ma viene respinta da FI.
Al momento, il solo risultato concreto è un rinvio sine die: quello del ddl sulle misure di custodia cautelari che, licenziato dalla Camera e arrivato in Aula per rispondere all'emergenza carceri, è stato stoppato dalla richiesta di Calderoli di calendarizzare con urgenza il ddl quote rosa.

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