Nuova fiducia, Letta supera lo scoglio

Enrico Letta incassa la fiducia su un ampio programma di riforme economiche ed istituzionali per il 2014, ottenendo 379 voti favorevoli e 212 contrari alla Camera, 173 sì e 127 no al Senato. Perde, rispetto alla prima fiducia di fine aprile, i voti di quella parte di Pdl che si è trasformata in Forza Italia, ma acquista più coesione. Sarà un «nuovo inizio», assicura infatti il presidente del Consiglio avvertendo che si batterà «come un leone» per evitare il precipitare verso il caos. E tira già fuori gli artigli contro le opposizioni

Enrico Letta incassa la fiducia su un ampio programma di riforme economiche ed istituzionali per il 2014, ottenendo 379 voti favorevoli e 212 contrari alla Camera, 173 sì e 127 no al Senato. Perde, rispetto alla prima fiducia di fine aprile, i voti di quella parte di Pdl che si è trasformata in Forza Italia, ma acquista più coesione. Sarà un «nuovo inizio», assicura infatti il presidente del Consiglio avvertendo che si batterà «come un leone» per evitare il precipitare verso il caos. E tira già fuori gli artigli contro le opposizioni.
È contro Beppe Grillo che il premier ingaggia il primo scontro verbale a Montecitorio, accusando l'ex comico di «avallare la violenza» e «incitare all'insubordinazione delle forze dell'ordine». Parole che provocano la dura risposta di Riccardo Nuti che accusa il premier di avere la «faccia di bronzo» e la conseguente controreplica del premier che rinfaccia al deputato M5S di sostenere la «gogna» contro i giornalisti, definendola «inaccettabile». È uno scontro che contraddice l'apertura dello stesso Letta alle opposizioni, chiamate a partecipare alle riforme costituzionali. Anche se tutti, almeno a parole, condividono l'obiettivo di archiviare il bicameralismo perfetto, di ridurre il numero dei parlamentari e di superare il Titolo V.
Ma anche col partito di Silvio Berlusconi non mancano le scintille. Renato Brunetta, davanti alle telecamere, definisce il discorso del premier «pessimo, arrogante, fuori dal mondo»; poi, in Aula, dà del «traditore» ad Angelino Alfano. Proprio il vicepremier e il suo Ncd, poco prima, avevano invece incassato l'omaggio dello stesso capo del governo per il coraggio dimostrato durante la scissione da Berlusconi, «tutt'altro che una finta e l'avvenimento politico degli ultimi 20 anni». Persino con la Lega scoppia un battibecco sulla missione «Mare Nostrum», per soccorrere i migranti in difficoltà.
Ma il premier cerca di incalzare le opposizioni: chi farà «saltare il banco» delle riforme costituzionali, avverte, «se ne assumerà la responsabilità davanti al Paese». Concetto in qualche modo ripreso dal segretario del Pd: «Se falliremo sarà solo colpa nostra», afferma Renzi nella sua consueta «Enews».
L'intervento di Letta - replicato qualche ora dopo in Senato - è lungo e articolato. Elenca le misure che ritiene necessarie per «evitare di rigettare il Paese nel caos, proprio quando sta rialzandosi». Si vede che ha concordato diversi punti programmatici con Matteo Renzi, come un sito per la trasparenza della Pubblica amministrazione o l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Che Letta vuole a tutti i costi incassare entro Natale, minacciando in caso contrario l'intervento per decreto. Il premier continua a nutrire sospetti sulle reali intenzioni del neosegretario del Pd: lo si capisce quando sottolinea che il patto di coalizione (ribattezzato «impegno 2014») di gennaio non potrà rimettere in discussione il voto di fiducia odierno. Un modo per blindare l'esecutivo di fronte ad eventuali tentazioni di chi vorrebbe tornare alle urne anzitempo. Lui stesso precisa però che l'orizzonte temporale dell'esecutivo resta di 18 mesi. Che partono da aprile, precisa in Senato per evitare polemiche. Nonostante il tempo stringa, Letta è convinto che la «nuova maggioranza politica, meno larga ma più coesa», possa portare a quella svolta da più parti auspicata.
Sul fronte della legge elettorale il premier conferma che dev'essere maggioritaria e con le preferenze, precisando che la responsabilità della riforma ricade in primis su governo e maggioranza e poi sul Parlamento.
Ma è sul fronte economico che Letta insiste particolarmente. Promette una riforma degli ammortizzatori sociali, l'abbattimento del costo del lavoro, la riduzione delle tariffe assicurative, l'ingresso dei lavoratori nell'azionariato di aziende pubbliche come Poste e nuove risorse per istruzione, scuola e ricerca. Il prossimo Cdm, poi, varerà «Destinazione Italia» per favorire gli investimenti esteri che, oltre ad un credito di imposta per la ricerca e a fondi per la digitalizzazione delle Pmi, conterrà una riduzione dei costi dell'energia con un alleggerimento delle bollette da 600 milioni.
Infine, sul fronte europeo Letta è tranchant: «Chiedo un mandato per un'Europa migliore», ma chi cerca consenso con il «populismo» e l'antieuropeismo «non voti la fiducia».

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