Forte terremoto in Nepal, palazzi crollati nella capitale

Una bella notizia per il Trentino: sono sani e salvi i due giovani dispersi ieri. I due giovani, Giovanni Stolfo, 29 anni, e Michele Dealini, 30 anni, entrambi di Arco, oggi hanno contattato le rispettive famiglie. Si trovano a Kathmandu e hanno deciso di fermarsi per aiutare i terremotati. «Restiamo qui a dare una mano» hanno detto via email al capo del Soccorso alpino del Trentino, Adriano Alimonta, dopo avere rasicurato famiglie e autorità.

Buone notizie anche per un giovane bolzanino, inizialmente dato per disperso: Aaron Hell, 22enne, informa il sito del quotidiano Tageszeitung - alle 13.45 si è messo in contatto con i suoi genitori, comunicando che è in buone condizioni. Attualmente si trova in montagna, ma ha anche informato che a Kathmandu tutto è distrutto.


È pesantissimo per il Trentino il bilancio del terremoto che sabato ha colpito il Nepal. Travolti da una frana di neve e detriti sono morti Renzo Benedetti, grande alpinista di Segonzano, 60 anni, e Marco Pojer, 53 anni, di Grumes. Erano impegnati in un trekking a 3.500 metri assieme a Iolanda Mattevi e Attilio Dantone che si sono salvati. Ieri è arrivata anche la notizia della morte di Oskar Piazza, 55 anni, di Mori, tecnico del soccorso alpino, che risultava disperso da sabato nel villaggio di Langtang dove guidava una spedizione speleologica.

il Trentino si organizza per andare a recuperare le salme dei propri «figli» che hanno perso la vita in Nepal. Il 29 aprile da Pratica di Mare partirà un contingente italiano del soccorso alpino: a bordo dell'aereo ci saranno anche Luisa Zappini e gli alpinisti Massimiliano Zortea e Franco Nicolini. La spedizione servirà per portare un aiuto sul posto ma anche per cercare di recuperare le salme di Oskar Piazza, Renzo Benedetti e Marco Pojer: i corpi degli ultimi due non sono ancora stati trovati.


TRE TRENTINI MORTI IN NEPAL

Tre trentini, l'alpinista Renzo Benedetti di Segonzano, il cuoco Marco Pojer di Grumes (dove lavorava in cucina alla scuola materna) e lo speleologo Oskar Piazza sono morti in Nepal. Benedetti e Pojer sono stati travolti da una valanga staccatasi dalla montagna mentre erano a 3.500 metri di quota in un trekking nella Rolwaling Valley. Lo hanno riferito due loro compagni di spedizione che si trovano a Kathmandu. I corpi sono stati recuperati. La Sat di Cavalese ha diffuso una nota di cordoglio per la morte di Renzo Benedetti, che era socio di questa sezione degli Alpinisti tridentini.

In un ospedale della capitale vi sono altri due membri della spedizione: Iolanda Mattevi (sempre di Segonzano) ferita, che ha descritto il momento della tragedia, e Attilio Dantone (della val di Fassa), illeso. Renzo Benedetti, 60 anni, nato a Segonzano in val di Cembra, è direttore della scuola di alpinismo della Sat di Cavalese. Sposato con un figlio.

Dalle notizie arrivate in Val di Cembra tre partecipanti al trekking a cui prendeva parte Renzo Benedetti si troverebbero all'ospedale di Kathmandu. Benedetti era stato nominato socio accademicco del Cai per i suoi meriti alpinistici. Era istruttore nazionale di sci alpinismo e istruttore di alpinismo nell'ambito del Cai-Sat. Era socio della sezione Sat di Cavalese da molti anni.

Oskar Piazza era uno dei quattro speleologi italiani di cui non si avevano notizie dopo il terremoto in Nepal. Poco fa la sua compagna, Luisa Zappini, ha confermato che Piazza ha perso la vita in Nepal La donna, responsabile della centrale unica di emergenza in Trentino, affranta, ha detto: «Vado a prendermelo. Sembra impossibile a tutti».


DISPERSO UNO CHEF DI ARCO

C'è anche un altogardesano che risulta tra i «non rintracciabili» in Nepal. Si tratta di Giovanni Stolfo, 29 anni, originario di Arco ma da tempo professionalmente impegnato dall'altra parte del mondo, in Australia, grazie alla sua attività di apprezzato chef.

Il giovane arcense è partito il 18 aprile proprio dalla sua residenza australiana per un periodo di ferie lungamente attese. Ha deciso di trascorrerle in Nepal, terra che conosce molto bene e che ha già visitato a più riprese. Due settimane che stando al programma originario dovevano concludersi ai primi di maggio, con il rientro in Australia e la ripresa del lavoro.
È stata la madre, Maurizia Caterina Stolfo, a dare alle autorità italiane la notizie della sua scomparsa nella giornata di ieri. La donna, che vive a Varignano di Arco ed è assai nota in Busa per la sua attività lavorativa - vicedirettrice di filiale alla Volskbank di Arco, la banca in via Santa Caterina - conosce bene l'animo del figlio e la passione per i viaggi. «Con mio figlio abbiamo un'abitudine sempre rispettata - raccontava ieri sera sotto casa sua a Varignano - quella di sentirci ogni sabato. So che Giovanni è in Nepal e so per certo che è Kathmandu. Purtroppo non sono in grado di dire se in un albergo, un ostello, o dove. So che da quelle parti lui si sente a casa sua, sicuramente ha buoni contatti. Poi quando si viaggia si fa presto a fare "gruppo" e ci si dà una mano l'un l'altro, questo è quello che spero. Non riusciamo a metterci in contatto con lui. Non posso dire nulla di più perché non so nulla di più. Siamo in contatto con la Farnesina, sono molto gentili e disponibili, ma hanno da lavorare a 40 casi simili al nostro. Per loro mio figlio è "non rintracciabile". Cosa comprensibile visto che tutta la rete di comunicazioni con la città è inutilizzabile».


Nepal, il dramma negli occhi dei bambini

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È morta la speleologa e medico di Ancona Gigliola Mancinelli, dispersa nel terremoto in Nepal. Era insieme ad Oskar Piazza, nella zona di Langtang. Salvi invece gli altri due italiani del gruppo: Giuseppe Antonini, anche lui marchigiano, e il genovese Giovanni Pizzorni, che ha riportato varie fratture. Giuseppe è riuscito oggi a mettersi in contatto con i familiari ad Ancona.

C'è forte preoccupazione per altri due trentini di cui non si conoscono le condizioni: «Due escursionisti di Arco non danno da giorni notizie alle famiglie, che sono in grande apprensione e stiamo cercando di aiutarli», riferisce Adriano Alimonta, presidente del Soccorso alpino del Trentino. Uno dei due è un ragazzo di 28 anni, che era impegnato in un trekking con un amico. Dell’assenza di contatti con i due dà conferma anche la Provincia autonoma di Trento, che sta cercando di attivarsi attraverso la Protezione civile.

«Renzo, 60 anni compiuti il 15 marzo scorso, e da ben 32 anni è socio della Sat presso la nostra Sezione. Negli anni 2011-2013 è stato anche socio della ristretta cerchia elitaria del Caai (Club alpino accademico). Renzo era direttore della scuola di scialpinismo “Franco Dezulian”, costola della Sezione che venne fondata dal compianto Beppe Bertagnolli (al cui nome la Sezione è dedicata), e ci ha onorati, oltre che con il competente volontariato nelle attività sezionali, anche portando il nostro gagliardetto sugli ultimi ottomila che ha salito. Ciò che è successo ci trova increduli a pensare che non lo rivedremo più tra noi, come è già successo con Valentino Gilmozzi, che ci ha lasciati un anno fa».

La Protezione civile trentina ha comunicato che si attiverà per riportare in patriai conterranei sopravvissuti e le salme delle vittime.

L’associazione Ev-K2-Cnr ha reso noto che ci sono ancora venti persone bloccate nel Campo 2 dell’Everest, a 6.500 metri di quota. Lo hanno spiegato due elicotteristi italiani d’alta quota arrivati in Nepal per partecipare ai soccorsi.
La priorità, ha riferito all’associazione Maurizio Folini, è portare in salvo i vivi e al momento circa 80 persone sono state portate al Campo base dai Campi 1 e 2.

In seguito a una nuova scossa di magnitudo 5,1 un lastrone di ghiaccio si è staccato dal monte Lobutse, alto oltre 6.000 metri e che si trova a circa un chilometro dal laboratorio Piramide dell’associazione Ev-K2-Cnr, spiega l’Istituto Nazionale di Oceanografia Sperimentale (Ogs), sulla base delle testimonianze arrivate dallo staff della stazione sismologica del laboratorio Piramide.

La faglia responsabile del terremoto di magnitudo 7.8 che il 25 aprile ha colpito il Nepal si estende per almeno 150 chilometri ed è larga fra 60 e 80 metri, secondo quanto risulta dai calcoli fatti dai sismologi. La faglia arriva proprio sotto la capitale Kathmandu e «a fare da amplificatore delle onde sismiche è il fatto che la città si trova su un antichissimo lago, prosciugato fra 50.000 e 10.000 anni fa», ha detto il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).

Una foto di Renzo Benedetti

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Renzo Benedetti sulla vetta del Makalu, 8.470 metri, salito nel 2006 con Angelo Giovanetti

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CRONOLOGIA - 27 aprile 2015, ore 13

C'è anche Oskar Piazza nel gruppo di alpinisti italiani dispersi in Nepal. Del noto himalaysta, tecnico del soccorso alpino ed esploratore di forre non si hanno più notizie da venerdì sera. Poche ore prima del sisma Piazza ha parlato al telefono satellitare con la sua compagna, Luisa Zappini, anche lei volto noto dell'ambiente alpinistico e del soccorso: «Più volte ho tentato di mettermi in contatto con Oskar sia con il telefono satellitare, sia attraverso le linee normali, ma senza successo. Oskar è in Nepal alla guida di un gruppo che sta esplorando le forre inviolate del Langtang».
Purtroppo però da quel magico angolo di Nepal arrivano notizie molto preoccupanti. Secondo le autorità locali (ma si tratta di informazioni da prendere con cautela), a causa delle scosse sismiche che nelle ultime ore hanno «bombardato» la regione centro-occidentale nepalese, il villaggio di Langtang non c'è più. «È stato sommerso da un mare di terra e detriti che ha inghiottito case, stalle ed orti, falciando la vita, probabilmente, di oltre 100 persone», scriveva l'Ansa.


Luisa Zappini è in ansia da tre giorni. La dirigente dell'Agenzia centrale unica di emergenza è compagna di vita e di avventure alpinistiche di Oskar Piazza. 

L'ho sentito per l'ultima volta la sera prima del terremoto. Poi più nulla, né con il satellitare, né con gli altri telefoni. Lo stesso vale anche per i famigliari degli altri membri della spedizione.

Dove si trova ora Oskar Piazza?
A Langtang, un meraviglioso angolo di Nepal che entrambi conosciamo bene. Guida una spedizione che sta esplorando le forre della zona, le più profonde del mondo. Oskar in questi anni ha aperto molte forre inviolate, questa era la dodicesima, l'ultima. È un'attività che in questi anni Oskar non ha mai pubblicizzato troppo perché temeva che altri potessero copiargli il progetto. Sono luoghi di straordinaria bellezza, anche se per noi ci sono anche ragioni umane. Al villaggio abbiamo adottato una famiglia con due bambini. È lì che alloggia Oskar con il resto della spedizione.
I media internazionali sostengono che Langtang sarebbe stato spazzato via da un'enorme valanga...
Anch'io ho letto su internet queste notizie. La zona sicuramente è stata colpita dal terremoto, ma conoscendo bene il posto la notizia della valanga che avrebbe cancellato il paese mi pare molto improbabile. Purtroppo mancano notizie certe.
C'è la possibilità che al momento delle scosse forti, al mattino, gli italiani fossero nelle forre.
Speriamo di no perché sarebbe stato molto pericoloso: in caso di forti scosse potrebbero cadere sassi, ghiaccio, neve o altro.
Perché lei questa volta non ha partecipato alla spedizione?
Ho dovuto rinunciare all'ultimo per un problema di salute di mia madre. Era già tutto pronto. Ora vorrei partire per andare a cercare Oskar.


Parla Adriano Alimonta, guida alpina e maestro di alpinismo

«Sono convinto che siano in difficoltà con le comunicazioni. Saranno lì a dare una mano, visto ciò che è accaduto". A dirlo all'ANSA è Adriano Alimonta, guida alpina, maestro di alpinismo e di sci di Madonna di Campiglio, presidente del Soccorso alpino del Trentino, di cui fa parte Oskar Piazza, uno dei quattro speleologi italiani dei quali non si hanno notizie dal Nepal, in seguito ai terremoti. "Non voglio minimizzare - prosegue Alimonta - ma per ora lo spirito con cui viviamo la vicenda è questo. È troppo presto per dire che sono dispersi. Per ora possiamo solo dire che sono fuori dalla portata delle comunicazioni. Accade persino qui in montagna - aggiunge - che ci siano ore in cui i telefoni non prendono. Certamente chi è a casa si preoccupa sempre, ma sappiamo che può succedere. Ed è ovvio che ora là i problemi ci siano, sappiamo come vanno queste cose. Adesso aspettiamo. Solo il passare delle ore potrebbe fare crescere l'apprensione. Teniamo conto che potrebbero avere anche difficoltà a ricaricare i telefoni, pure avendo un pannello solare, se il tempo non fosse bello.

Ciò che sappiamo - dice ancora - è che erano nella zona di Langtang, che si trova più o meno a otto ore di automobile da Kathmandu più circa tre ore di trekking, credo intorno a quota 5.000 metri. Ma non so molto altro, perchè li avevamo sentiti nei giorni passati e non avevamo certo parlato a lungo, come sempre in questi casi. So solo che avevano comunicato prima del primo terremoto, dicendo che il tempo era brutto e che quindi avrebbero probabilmente rinviato le discese nelle forre che avevano in programma.

Là ci sono colleghi di tutto l’arco alpino, dalla Val d’Aosta, al Vneto, alla Lombardia e magari insieme possono organizzarsi.
Tra gli altri dovrebbe essere in Nepal anche un altro trentino, Giampaolo Corona, guida alpina, e magari potrà dare una mano.
Certo adesso la situazione inizia a cambiare, perché se ieri era passato un giorno e mezzo, adesso siamo oltre i due giorni, ma per l’esperienza che ho può succedere. C’è ancora spazio e tempo per pensarla così. Io sono fiducioso - conclude Alimonta - e conoscendo soprattutto Oscar so che faranno di tutto sia per dare una mano, sia per avvisare a casa, appena possibile». 


Continua a salire drammaticamente, ora dopo ora, il bilancio delle vittime del terremoto che ha devastato il Nepal. Secondo le ultime stime del governo nepalese, riportate dai media indiani, il numero dei morti è arrivato a 4.100. I feriti sono 6.200. L'aeroporto internazionale Tribhuvan di Kathmandu e' nuovamente aperto ai voli internazionali che trasportano aiuti ed a quelli commerciali.

Quattro speleologi italiani del Soccorso alpino, in spedizione nel villaggio di Langtang, travolto da un'enorme valanga, non danno notizie di sé da ieri sera. Lo apprende l'ANSA dal fratello di uno di loro, Giuseppe Antonini, di Ancona. Roberto Antonini ha parlato con il fratello mezz'ora prima del sisma, poi non ha più saputo nulla.

Giuseppe Pino Antonini, 53 anni, è specializzato in operazioni di grotta e forra. È direttore della Scuola forre del Soccorso alpino e tecnico di elisoccorso. "Con lui - ha detto il fratello Roberto - ci sono anche il medico speleologo Gigliola Mancinelli, Oskar Piazza del Soccorso alpino del Trentino Alto Adige e un altro ragazzo di Genova". La notizia è stata confermata dalla presidente del Soccorso Alpino delle Marche Paola Riccio. Piazza, della Scuola nazionale tecnici, è anche vice direttore della Scuola nazionale forre. Gigliola Mancinelli è un medico ma anche un tecnico speleologo.

Del quarto membro della spedizione non si conosce ancora il nome. "Giuseppe - ha detto ancora Roberto Antonini - ha un telefono satellitare, ma dopo la telefonata di ieri non è più raggiungibile". Lo speleologo, subito dopo la prima scossa, era riuscito anche a parlare con la compagna. Il gruppo di speleologi doveva esplorare le forre, ma ieri - dalle poche notizie che si hanno - non si era mossi dal villaggio perché il tempo era brutto.


Il terremoto che ha devastato il Nepal ha trasformato il campo base dell’Everest in un inferno bianco. Il sisma ha provocato il distacco di enormi masse nevose con valanghe che hanno colpito decine di alpinisti che si trovavano al campo base e a quelli avanzati. Notizie d’agenzia ancora frammentarie parlano di 18 alpinisti morti e altri dispersi. Alla base dell’Everest, in salvo insieme a tutto il suo gruppo, c’era anche il 33enne di Canazei Sebastiano Valentini che fa parte di una spedizione al Lhotse. Ieri mattina ha telefonato a casa per rassicurare i genitori.

Gli alpinisti della «Italy Lhotse Spedition 2015», di cui fa parte anche Valentini, ieri mattina si sono messi in contatto con l’Italia. Sulla pagina Facebook di Annalisa Fioretti (medico e alpinista membro della stessa spedizione), “A 8000 metri e oltre”, si legge: «Annalisa, Sebastiano, Mario e Marco stanno bene, ma il campo base è devastato nel senso che ci sono tende sepolte, materiale sparso in giro, gente ferita da soccorrere, non sono riuscito a sapere molto di più. Là era ovviamente è tutto concitato…pare che il terremoto abbia fatto crollare seracchi dalla zona del Pumori. Speriamo in bene».

La drammaticità del momento si coglie anche in un successivo messaggio inviato nel pomeriggio di ieri: «In questo momento il gruppo è a Gorak Shep,sono scesi dal campo base. Stanno tutti bene.Sono scesi per mettersi un po’ più al sicuro. Domani valuteranno il da farsi. Parte del materiale è su al campo base. La situazione là è tragica: metà campo base è stato spazzato via, molti sono i morti e molti sono i feriti in gravissime condizioni. Servirebbero gli elicotteri, ma l’intero Nepal è nel casino e in più il tempo non è bello. Diversi alpinisti e sherpa sono bloccati al C1 e al C2 con la via di discesa dall’Ice Fall che è collassata portandosi con sé altre vite. E’ un disastro e la paura per ogni piccolo rumore è una costante». 

Intanto a Kathmandu tre turiste trentine sono testimoni dirette della tragedia. Si tratta della perginese Lorenza Longo e delle amiche Albina e Serena Beber, che erano arrivate solo da poche ore ai piedi dell’Himalaya per un viaggio di piacere, alla scoperta dei parchi nazionali e delle bellezze artistiche. Partite da Trento giovedì pomeriggio, ieri al momento del sisma si trovavano proprio nella parte vecchia di Kathmandu, la più danneggiata dal sisma. Nella sfortuna, una fortuna: per loro nessun danno fisico ma tanto, tanto spavento. Ce lo conferma dopo poche ore Lorenza Longo, raggiunta via whatsapp: «Eravamo nella piazza di Durbar, nel centro antico della città: qualche minuto dopo il mezzogiorno locale c’è stata la scossa, terribile. Ci sono crollati davanti agli occhi degli antichi templi hindu. Il centro storico della capitale risulta in buona parte distrutto, la gente è in strada fra le macerie».

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Opposto il caso dell'alpinista Giampaolo Corona che invece era in viaggio verso il Nepal nel momento del terremoto. La guida alpina e finanziere del Primiero, insieme al valdostano François Cazzanelli, punta al Kimshung, cima inviolata di 6700 metri. Corona e il suo compagno di spedizione per ora sono bloccati in Oman: «Eravamo già saliti sul'aereo per Kathmandu, ma poi il pilota ha fatto scendere tutti a causa del terremoto in Nepal. Ora siamo in un albergo in attesa di notizie». Corona vorrebbe ripartire al più presto per il Nepal dove già si trova parte dell'attrezzatura alpinistica: «Almeno là potremmo dare una mano alla popolazione».
 
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Salvo anche Andy Holzer

È salvo il noto alpinista tirolese non vedente, Andy Holzer, che in questi giorni sta preparando la scalata dell'Everest. "Andy e la sua squadra stanno tutti bene. Attualmente si trovano al campo base avanzato e hanno sentito tremare la terra", racconta la moglie dello scalatore, Sabine Holzer all'agenzia Apa. Non sono stati interessati direttamente dalla valanga. Solo tramite lo smartphone di uno sherpa hanno appreso le notizie conseguenze devastanti del terremoto. Holzer vive con sua famiglia a Tristach, nel Tirolo austriaco, a pochi chilometri dal confine con l'Alto Adige. Anche nel 2014 era sull'Everest, quando una valanga uccise 18 sherpa e pose fine alla sua spedizione. Finora solo uno scalatore cieco, l'americano Erik Weihenmayer, è riuscito a salire sulla vetta della montagna più alta del mondo

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