Dalle Dolomiti all'Himalaya, le sue salite in stile alpino

Nominato socio accademico del Cai, istruttore di alpinismo e di sci alpinismo in ambito Cai-Sat e direttore della Scuola di alpinismo della Sat di Cavaleze, Renzo Benedetti - classe 1955 - ha al suo attivo una attività alpinistica di altissimo livello che, unita allo stile impeccabile, ne ha fatto uno dei maggiori protagonisti dell'alpinismo trentino.

Passione, capacità tecnica e volontà, dall’arrampicata in Dolomiti lo hanno portato fin da subito alle grandi ascensioni sulle montagne più alte delle Alpi - Monte Bianco, Monte Rosa, Pizzo Badile e Cengalo, Bernina - ripercorrendo vie di grande impegno, come la «Bonatti» al Grand Capucin, il Pilier Gervasutti, la «Cassin» al Badile. Senza contare le centinaia e centinaia di itinerari scialpinistici e le vie sulle Dolomiti.

Di alto livello anche la sua attività exatraeuropea, salendo sulle Ande sudamericane vette come l’Alpamayo, il Qutarajù, l’Artsorrajù per una nuova via. Nel 1990 la sua prima spedizione asiatica, al Monte Meru nord nel Garwhal (Himalaya indiano), quattro anni dopo quella himalayana allo Shisa Pangma in Tibet e due anni dopo, nel 1996, la vetta del Manaslu raggiunta con Sergio Martini.

Tanti gli «ottomila» dei quali ha raggiunto la vetta. Con Mario Dibona, ex presidente del collegio delle guide alpine del Veneto (ed ex presidente degli Scoiattoli di Cortina) ha salito il Cho Oyu e il Gasherbrum II, ha poi raggiunto le cime del Makalu e del Dhaulagiri. Dopo l’Everest, ha salito il difficile K2 e sulla scalata dello Shisha Pangma ha realizzato il video «Shisha Pangma 8027m. La cresta dei pascoli». Tutti «giganti» di oltre ottomila metri, e tutti saliti senza ossigeno artificiale e con spedizioni leggere in «stile alpino».

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