La valanga ha ucciso Oskar Piazza

È difficile persino da immaginare la valanga che ha spazzato via Langtang, un piccolo insediamento a 3.541 metri in uno degli angoli più belli del Nepal. Un tuono; poi la montagna ha scaricato a valle un'enorme quantità di neve e detriti cancellando il villaggio. Langtang, con le sue case di pietra e gli yak che pascolano, di fatto non esiste più. Rimangono macerie, morti e feriti. Pare che Oskar Piazza e i suoi tre compagni di spedizione - Giuseppe, detto Pino, Antonini di Ancona; il medico marchigiano Gigliola Mancinelli; e il ligure Nanni Pizzorni - fossero nel villaggio nel momento in cui la valanga ha investito Langtang.


Prima si è sentito un tuono, un rumore sinistro e potente. Poi è arrivato un vento fortissimo provocato dallo spostamento della massa d'aria spinta dalla valanga. E lì è iniziato l'inferno. La popolazione non ha fatto in tempo a mettersi in salvo. Molte famiglie sono state sorprese dalla valanga all'interno delle loro case. Vivere o morire è stata solo una questione di fortuna, di destino, di karma. Neve e detriti hanno investito tutto, senza lasciare scampo. Le case, per la maggior parte costruite in terra e pietra, si sono frantumate.


Pare che Oskar e i suoi compagni si trovassero nel lodge dove da anni ricevono rifugio e calorosa ospitalità. Anche a loro la valanga non ha concesso vie di fuga. Piazza di situazioni critiche nella vita ne aveva viste tante. Ma la sua preparazione tecnica questa volta non è stata sufficiente a salvargli la vita. L'alpinista è rimasto travolto dai detriti. E così anche Gigliola Mancinelli, medico e madre di due figli. Da quell'inferno sono usciti vivi solo Giuseppe Antonini e Giovanni Pizzorni, quest'ultimo malconcio a causa di alcune sospette fratture. Li immaginiamo disperati, a scavare a mani nude tra le macerie e la neve in cerca degli amici Oskar e Gigliola. Li hanno rintracciati, ma per loro non c'era più nulla da fare. Sono morti insieme a gran parte degli abitanti di Langtang. Su 200 anime si stima ne siano sopravvissute solo una quarantina. Sono notizie ancora frammentarie e difficili da verificare visto che il villaggio non è stato ancora raggiunto dai soccorsi coordinati dall'esercito nepalese. Nei prossimi giorni a Langtang potrebbe arrivare una spedizione del Soccorso alpino trentino con il duplice obiettivo di aiutare chi è ancora in vita e recuperare le salme delle vittime italiane.


Oskar Piazza è morto in un angolo di Nepal, ai confini con il Tibet, che per lui era diventato una specie di seconda casa. C'era arrivato molti anni fa con una spedizione alpinistica e da allora era sempre tornato. Negli ultimi anni, con la compagna Luisa Zappini ed altri appassionati di forre, aveva iniziato l'esplorazione delle profondissime gole della valle. È un mondo di grandi pareti verticali, di torrenti, di ghiacci che si sciolgono, di natura incontaminata. Anno dopo anno Oskar Piazza ha esplorato tutte le maggiori forre della zona. Forse stufo dell'affollamento delle cime Himalayane, sempre più aggredite dalle spedizioni commerciali, aveva cercato nuove frontiere nelle forre. Un progetto che ha inseguito con passione e riservatezza, conscio che quei luoghi incantati dovessero essere protetti. Forse, se avesse dovuto indicare un luogo dove morire, Oskar Piazza avrebbe pensato proprio al suo Langtang, una parola che in tibetano significa "inseguire".

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