Pd all'anno zero Il partito è da rifare

Stupirsi della vittoria di Grillo, come ha fatto l'establishment del Pd, comprova l'estraneità dal mondo di una dirigenza che «vive in una bolla», come ripete Crozza, dissociata dalla realtà. In effetti, come può aspirare a guidare l'Italia un partito che in vent'anni, ha sempre perso al Nord, incapace di capire e intercettare i voti non solo dei ceti più produttivi del Lombardo-Veneto, ma di tutte le aree a forte iniziativa imprenditoriale e produttiva del Paese? Un partito che non si è mai posto la questione dell'eccessivo carico fiscale oggi vigente nel nostro paese, della burocrazia asfissiante, dell'incapacità di modernizzazione delle relazioni industriali di cui spesso il sindacato di riferimento è stato l'interprete primo.

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Ecco le tre priorità  del nuovo Parlamento

Per una ricostruzione dell'Italia che dia un futuro alle giovani generazioni, servono essenzialmente stabilità e credibilità politica, le quali purtroppo risultano incerte nel voto di oggi. Una pessima campagna elettorale, fra le più brutte in assoluto, non ha certo aiutato a dare indicazioni di programmi e a rassicurare i cittadini prima di tutto, ma anche l'Europa di cui siamo parte, e a cui siamo indissolubilmente intrecciati. Starà agli elettori dar prova di maggiore responsabilità di quella dimostrata dai politici in queste settimane, ma potremmo dire in tutti questi anni. Va fatto non certo per loro, ma per il futuro dei nostri figli

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Votare è un diritto, non perdiamolo

Siamo in dirittura d'arrivo. Tra pochi giorni gli italiani sono chiamati a dare il voto al termine di una competizione elettorale, condotta senza esclusione di colpi, che, a parere molto diffuso, è la più delicata del dopoguerra, per la grave situazione economica, civile e sociale in cui versa il Paese in questi ultimi tempi; ed alle adeguate risposte quindi che chi vincerà dovrà avere la capacità di dare alla collettività. Orbene mi capita di frequente di imbattermi in persone che esprimono la volontà di non votare; alcuni perché addirittura, inspiegabilmente e oserei dire stupidamente, del tutto disinteressati al voto, altri per una forma di protesta, di denunzia e ribellione e talvolta addirittura disgusto verso una classe politica, incapace di dare una dignitosa risposta alle esigenze del bene comune

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La posta in gioco nel voto di febbraio

Non è solo «il ritorno della mummia» come ha titolato a tutta pagina il francese Liberation, o «di nuovo bunga bunga» come ha scritto la tedesca Bild Zeitung, a preoccupare. E nemmeno la convinzione che Silvio Berlusconi «sia il simbolo della politica marcia», come ha vergato il Financial Times, e «il peggiore ciarlatano del dopoguerra», come ha ripetuto il Tagespiegel, ad inquietare le cancellerie europee. È la paura che l'Italia torni come un anno fa, un Paese inaffidabile, incapace di mantener fede alle riforme avviate dal governo Monti, prigioniero degli interessi personali ed elettorali di chi governa, fanfarone e qualunquista, pronto a fregare il prossimo, a non mantenere la parola data