Sociale / Istruzione

I volontari che fanno servizio pubblico e insegnano l’italiano al Centro Sociale Bruno

Nel 2023 il progetto ha visto 300 alunni da ogni parte del mondo. A imparare non solo richiedenti asilo, anche ricercatori universitari. In molti grazie ai corsi riescono a prendere la patente e a trovare poi un lavoro. I prof: «Emotivamente è difficile quando arrivano persone che vivono per strada»

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di Matteo Lunelli

TRENTO. Una dozzina di tavoli vuoti, una piccola stufa appena accesa, i gessi pronti sulla lavagna, penne, fogli, libri e quaderni. La temperatura non è certo alta: giacconi, sciarpe e berretti restano indossati. Almeno all'inizio, perché dopo mezz'ora l'ambiente si scalda. E non per merito della stufetta, anzi. Si scalda perché le due stanze si riempiono di persone. E, volendo essere un po' romantici, si scalda di buoni sentimenti, perché lì dentro ci sono sorrisi e strette di mano, voglia di aiutarsi e di imparare.

Siamo a Piedicastello, al Centro Sociale Bruno. E, come ogni martedì (e venerdì) da più di cinque anni a questa parte, la serata è dedicata alle lezioni di italiano. Un'attività e un servizio fondamentali, perché quelle lezioni sono sinonimo di accoglienza, di integrazione, di lavoro, di socialità, di cultura e di amicizia. Gli insegnanti sono una dozzina, gli studenti una quarantina. I "prof" sono tutti volontari, nel senso più alto del termine: persone che spontaneamente si mettono a disposizione del prossimo, impegnandosi per la comunità e titolo gratuito. Volontari con anche un pizzico di attivismo, in realtà.

E gli alunni sono persone di varie nazionalità ed età: «In questi anni a parte Stati Uniti e Australia credo abbiamo avuto persone da ogni Paese del mondo. Principalmente sono giovani, tra i venti e i trent'anni». A raccontare sono alcune delle insegnanti. In particolare Sara Ballardini, che insegnante lo è davvero, di professione, Carmen Bombardelli e Giulia. Tre che erano presenti già il primo giorno a fine 2018. Poi sono sempre rimaste, ma insieme a loro sono arrivati decine e decine di altri "colleghi".

«L'idea iniziale era quella di offrire un servizio di aiuto compiti, ma poi il sistema dell'accoglienza con i corsi di italiano è crollato e abbiamo cambiato obiettivi. Per questo, in realtà, non siamo propriamente dei volontari: i volontari dovrebbero completare e supportare dei servizi pubblici, noi invece offriamo in prima persona un servizio che il pubblico non dà. E questo aspetto lo rivendichiamo: un diritto essenziale non viene garantito». Oltre ai corsi al Bruno sono rimaste solamente un paio di associazioni che portano avanti dei progetti simili. E si tratta di un servizio fondamentale per dare dignità e aiuto alle persone. Con il rischio che, visto lo sfratto che pende come una spada di Damocle sul futuro del Centro sociale, questo progetto possa scomparire.

La preoccupazione c'è, la si respira. Ma nel frattempo si va avanti. Sempre col sorriso e con la voglia di tendere la mano. «Non ci siamo mai fermati, nemmeno durante il Covid. Facevamo le lezioni online e poi in cortile, a distanza. E anche ad agosto o a fine dicembre non si va in ferie. Siamo diventati un punto di riferimento per tanti. Qui sono passate persone di ogni tipo, oltre che di ogni nazionalità: abbiamo avuto ricercatori dell'Università o di Fbk che si sono trasferiti a Trento e che al lavoro parlavano solo inglese, ma che qui hanno potuto imparare l'italiano, facendo conversazione».

«Ci sono persone che parlano sei o sette lingue e che sono arrivate qui e vogliono impararne un'altra. Poi aiutiamo a compilare i curriculum e a preparare gli esami per la patente. Non solo la B, ma anche la C, quella per i camion. In quel settore la richiesta di lavoratori è altissima, ma serve appunto la patente italiana e per averla bisogna conoscere il significato di tanti termini tecnici. Sono arrivati anche adulti analfabeti, che qui si sono sentiti accettati».

Per rendere l'idea nel corso del 2023 oltre 300 persone hanno frequentato le lezioni. Chi si presenta viene diviso per livello: con alcuni si fa solamente dialogo, con altri si parte dalle basi, con altri ancora si approfondisce la grammatica. Durante le lezioni si beve un tè, tutto si svolge in un clima sereno - diciamo che non ci sono temi, voti e interrogazioni - ma di assoluta serietà. Nelle vesti di insegnanti di sono impiegati e pensionati, ingegneri e studenti universitari, di età molto diverse, con una netta prevalenza di donne. Libri e materiale didattico non mancano e tutto è auto finanziato o frutto di donazioni.

E durante l'anno sono previsti anche dei momenti di formazione tra insegnanti, per confrontarsi e portare avanti il percorso didattico migliore. «Sapere la lingua è il primo passo per essere meno sfruttati e sfruttabili, oltre ad essere fondamentale per integrarsi e lavorare. È uno strumento fondamentale. Le situazioni più difficili? Quando insegniamo a persone che vivono in strada: qui possono trascorrere qualche ora al caldo, imparano e ritrovano dignità. Ma quando le lezioni finiscono sappiamo che loro resteranno all'aperto e questo è emotivamente forte».

Per chi fa volontariato, in generale, la ricompensa per gli sforzi è nel sapere di aver fatto del bene. «Ci ringraziano, ma il grazie è reciproco perché anche noi tutti impariamo e riceviamo molto. C'è chi torna a trovarci, chi arriva e ci fa vedere la patente presa grazie alle lezioni. La gita di classe? Non c'è, ma da due anni facciamo il Capodanno insieme, con piatti di tutto il mondo cucinati dagli studenti». Insomma, i corsi di italiano al Bruno sono un patrimonio sociale da non disperdere. Anche se, viste le intenzioni di Patrimonio del Trentino, il rischio c'è.

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