Il WitLab, la fabbrica delle idee di Rovereto

di Barbara Goio

Trasformare un’idea in realtà è possibile a Rovereto al WitLab, l’ultima «nata» tra le 50 imprese ospitate da Manifattura. Si parte da oggetti semplici, come un pezzo per un mobile o un gioiello in oro, per arrivare a sofisticati sistemi di allarme o ad app per il nuovo I- Watch. Allo stesso modo, al Wit Lab possono trovare pane per i loro denti dottorati in IT come ragazzini delle superiori, pensionati con il pallino per le nuove tecnologie o giovani startupper ansiosi di conquistare il mondo.

Fondato dai tre esperti d’innovazione Andrea Saiani, Leonardo Benuzzi ed Emanuele Rocco, il WitLab è uno dei più grandi FabLab d’Italia ed è «l’unico al mondo ad essere situato all’interno di un incubatore d’impresa».

L’ambiente è molto grande e luminoso, con 300 metri quadri e vecchie colonne. All’interno vi sono diverse aree tematiche, per pensare e creare, per disegnare, assemblare e sperimentare. Con le 5 diverse stampanti 3D è possibile creare oggetti minuscoli con particolari infinitesimi, oppure in materiale composito mescolato a bronzo, ferro, acciaio, legno. Naturalmente vi è anche uno scanner 3D per «fotografare» un oggetto, migliorarlo graficamente e poi ricrearlo. Grazie al settore del taglio laser ad alta tecnologia è possibile unire design e manifattura, mentre tutta la zona elettronica permette di «smanettare» senza problemi, utilizzando postazioni di saldatura e test con Arduino, Bare Conductive, Saleae LLC e molto altro.

Il progetto è autosostenibile con i «maker» che pagano l’uso delle attrezzature con una tessera a tempo che costa dai 30 ai 40 euro al mese. «È un investimento privato di innovazione sociale», dicono i responsabili, che aggiungono: «Il successo di questa impresa verrà valutato dal numero di vite che saranno cambiate».

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