"Manca il testamento e quell'ultimo desiderio non si può esaudire"

di Davide Pivetti

Poche settimane prima della sua morte, giunta comunque repentina, Daria Morandi, insegnante altogardesana assai conosciuta in Busa per aver lavorato nelle principali scuole di Riva, Bolognano, Dro e in Val di Ledro, aveva espresso a suo marito Dino Calvanelli, il desiderio di tornare un’ultima volta sul Campanil Basso, e di riposare proprio su quelle montagne da lei tanto amate.

Daria ne aveva parlato con Dino in occasione della loro ultima gita insieme, proprio ai piedi del Brenta. Il Campanil Basso era rimasto lassù, meta difficile da raggiungere per una donna appena 48enne che stava affrontando una recidiva particolarmente virulenta e aggressiva di un melanoma curato sette anni prima.

La cartella clinica - come ricorda il marito - non lasciava grandi speranze. Ma poche settimane di cure intensive e sperimentali a Rovereto avevano rimesso in piedi Daria, quanto basta per farla sperare e per concederle quella gita sotto il Brenta.

"Poi le cose sono andate diversamente - racconta il marito Dino - in pochi giorni le sue condizioni sono peggiorate rapidamente e non c’è stato più nulla da fare. Il tumore è ritornato, era già in metastasi in diverse parti del corpo. Daria è morta il 20 luglio. L’ho tenuta tra le mia braccia. Lei ci ha creduto fino all’ultima ora, non ha mai avuto la sensazione di dover morire".

Immerso nel dolore più profondo Dino Calvanelli ha ripensato a quelle parole di sua moglie, al suo desiderio di riposare sulle montagne e di tornare sul Campanil Basso. "Mi sono subito attivato per tornare lassù con mio figlio e disperdere le ceneri di mia moglia in quel luogo che amava - racconta il marito - ma è stato un calvario. Mi sono scontrato con la burocrazia e con una legge assurda che faccio davvero fatica a capire. Prima di tutto ho dovuto indagare per capire a quale Comune si deve far riferimento per la giurisdizione sul Campanil Basso. È Ragoli. Poi mi sono trovato di fronte alla Legge regionale 6. Ora pensate l’assurdo: ho potuto cremare mia moglie, come voleva, semplicemente chiedendo che fosse cremata. I servizi funerari non avevano bisogno di carte scritte. Ma per disperdere le sue ceneri la legge regionale mi impone di avere la scorta di un suo scritto testamentario. Che senso ha? Non dovrebbe essere il contrario? E poi, quanti a 48 anni fanno un testamento disponendo la dispersione delle proprie ceneri? Sarebbe giusto che i familiari più stretti potessero indicare, firmando e assumendosi la responsabilità del caso, l’ultimo desiderio espresso a loro dal proprio caro".

Per Dino Calvanelli non sono giorni facili: "Da quando Daria è morta vivo per esaudire quel suo ultimo desiderio, ma la burocrazia me lo impedisce. Voglio rispettare le regole, anche perché se facessi diversamente rischierei una denuncia. La dispersione delle ceneri, al di fuori dei modi previsti, è un reato penale in questo Paese. Ma quei pochi grammi di ceneri che impatto possono avere sull’ambiente del Brenta o sulla comunità? Pare esserci un’ipersensibilità su questo argomento, che andrebbe invece affrontato con più attenzione ai desideri di chi ci lascia e al dolore di chi rimane".

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