Montagna / L'allarme

Ghiacciai, ogni anno si registra un record negativo: «Ma noi scienziati non veniamo ascoltati»

L'analisi del glaciologo del Muse Christian Casarotto: «Da ormai vent’anni cerchiamo di richiamare l’attenzione. Nonostante modelli e calcoli matematici, c'è ancora diffidenza. La politica pensa nel breve termine, ma servono ragionamenti più lungimiranti»

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TRENTINO
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di Nicola Maschio

TRENTO. Un punto di non ritorno per i ghiacciai trentini? Probabilmente. Ma la situazione, purtroppo, è simile in tutto il mondo. E gli esperti, dal canto loro, avvertono: «Gli inverni miti saranno la normalità, bisognerà abituarsi». Ad accendere i riflettori sullo scenario generale è il glaciologo del Muse – Museo delle Scienze di Trento, Christian Casarotto, che cerca di espandere il proprio ragionamento oltre i nostri confini: «Non si tratta di pensare ad un ghiacciaio specifico rispetto a un altro e nemmeno, sbagliando, confrontare solo un anno con quello prima: qui il problema è che ogni anno, da tempo, superiamo il record di temperature rispetto al precedente. Inutile chiedersi “E ora cosa facciamo?”».

Dottor Casarotto, non si sono mai viste temperature così alte come in questo inizio 2023. Trend irreversibile?

«Diciamo che ogni anno stabiliamo un nuovo Guinness dei primati. Ma è solo la manifestazione di un fenomeno che va avanti da tempo e su cui noi scienziati, da ormai vent’anni, cerchiamo di porre l’attenzione. Purtroppo però non veniamo ascoltati, o quando lo fanno è troppo tardi. È triste pensare che da decenni segnaliamo questi cambiamenti eppure, nonostante modelli e calcoli matematici, ancora ci sia diffidenza. La politica, soprattutto, pensa nel breve termine, ma i ragionamenti dovrebbero essere più lungimiranti».

E quali sono, ad oggi, gli effetti più evidenti di questi cambiamenti?

«Due su tutti. Il primo riguarda le precipitazioni, che sono sempre più concentrate e irregolari: da tempo si registrano dei picchi tra fine gennaio e inizio febbraio e poi tra i mesi di aprile e maggio. Negli altri periodi, quando la pioggia viene a mancare per molto tempo può verificarsi la siccità nelle zone più a valle e questo ci porta al secondo punto: l’innalzamento della “quota neve”. In sintesi, oggi piove dove una volta nevicava, per via delle temperature più elevate».

Come incide tutto questo sui ghiacciai?

«Facciamo un esempio e paragoniamoli ai nostri conti in banca. Abbiamo dei guadagni per via del lavoro che facciamo, ma anche delle spese e cerchiamo di mantenere il bilancio in equilibrio o meglio, in attivo se riusciamo. Ma con precipitazioni ridotte e neve sempre più ad alta quota, il guadagno per i ghiacciai è sempre di meno mentre le spese, soprattutto durante l’estate, sono sempre di più. Dagli anni ‘80 il trend di questo bilancio è quasi costantemente negativo, salvo alcune sporadiche eccezioni».

In sintesi, abbiamo raggiunto un punto di non ritorno? Oppure potremmo rivedere i ghiacciai avanzare in futuro?

«Noi sicuramente no, ma c’è qualche speranza per le generazioni che verranno alla fine di questo secolo. Ma il “ritorno al passato” può avvenire solo con azioni concrete: riduzione dei gas serra e adattamento alle reali possibilità del pianeta. Soprattutto, servono strategie a lungo termine. Certamente un indirizzo politico è necessario, ma allo stesso tempo ognuno di noi deve guardarsi allo specchio e fare la sua parte. Meno individualismo e più ragionamenti orientati al bene comune».

Concretamente, quanta superficie ghiacciata stiamo perdendo negli anni?

«In Trentino abbiamo circa 130 ghiacciai, un numero che paradossalmente è in aumento anche se non bisogna farsi ingannare: il numero cresce semplicemente perché quelli più grandi si frammentano in parti più piccole. I grossi ghiacciai da noi non esistono più, il più grande è quello della Lobbia, che nel 2015 misurava circa 5 chilometri quadrati. Ma un dato indicativo è questo: nell’ultimo secolo abbiamo perso il 70% della superficie ghiacciata».

E le perturbazioni come quelle in arrivo? Possono dare il loro contributo positivo?

«Parliamoci chiaro: una nevicata di 10-30 centimetri è una cosa ridicola. O meglio, meno male che nevica, perché parliamo dell’apporto di risorse idriche, ma se dovessimo giudicare la portata di queste precipitazioni sono purtroppo una quantità piccolissima rispetto alle reali necessità».

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