Alpi / L'emergenza

I crolli sul Bianco, un indicatore importante della sofferenza e dei rischi sui ghiacciai

Gli esperti valdostani spiegano che viene tenuto sotto massima attenzione un maxi blocco da 400 mila metri cubi il cui settore più avanzato si sposta anche di un metro al giorno a causa del clima mite: movimenti che normalmente si registrano a fine agosto. A poca distanza, sul vicino Grand Combin, in Svizzera, un distacco ha provocato due morti e nove feriti

L'ESPERTO "Ci aspettano ancora tre mesi di caldo, i crolli potrebbero ripetersi"

AOSTA. Sul Monte Bianco i seracchi sono tornati a staccarsi. Dal 2019 i movimenti dei ghiacciai sulla montagna più alta dell'arco alpino hanno provocato chiusure preventive e parziali evacuazioni della Val Ferret, versante italiano del massiccio. L'ultimo allarme è scattato ieri, 4 luglio.

"Ci sono stati crolli di piccoli dimensioni nelle ultime settimane, dalla parte frontale. Quindi, per fortuna, vanno a sfavore dei volumi complessivi che possono essere mobilizzati", spiega il dirigente della Regione Valle d'Aosta Valerio Segor. Insomma, più i volumi che scendono verso valle sono frazionati, minore è la possibilità che dal ghiacciaio scivoli il maxi blocco da 400 mila metri cubi attenzionato in questa stagione estiva. Il suo settore più avanzato si sposta anche di un metro al giorno.

"Si muove tanto perché c'è stato un inverno molto mite e quindi anche la coltre nevosa di protezione, in superficie, è sparita molto rapidamente", sottolinea il tecnico. Insomma, lassù siccità e temperature record si avvertono prima e in modo più forte che altrove. Basti pensare ai 10,4 gradi registrati il 19 giugno scorso ai 4.750 metri del Colle Major, poco sotto la vetta del Bianco.

"Siamo a movimenti - prosegue Segor - che normalmente si hanno quasi due mesi dopo, ma con una massa complessiva che non ha ancora reagito in termini di sua divisione in porzioni più piccole. Lo sta facendo pian piano". Per il monitoraggio 24 ore su 24, dal 2013 la Regione messo in campo un sistema fotografico, poi coadiuvato da due diversi radar. Sul vicino ghiacciaio Whymper nel 2019 era scattato un allarme per un possibile crollo: l'anno dopo dal seracco si sono staccati 15 mila metri cubi di materiale, arrivato a quota 2.700 metri. Dalla Brenva, all'imbocco della Val Veny, nel 2016 erano crollati tra i 15 mila e i 35 mila metri cubi di ghiaccio.

Tre situazioni di rischio per il fondovalle - tutte sul massiccio del Monte Bianco - attentamente controllate. Dieci anni fa, sul versante francese del massiccio del Monte Bianco, il crollo di un seracco uccise nove alpinisti e solo il 27 maggio maggio scorso, sul vicino Grand Combin, in Svizzera, un altro distacco ha provocato due morti e nove feriti.

Pur essendo spariti in 20 anni ben 32 ghiacciai, pari a una superficie di 34 km2, in Valle d'Aosta sono ancora 184 quelli presenti, che si estendono per 120 km2 (ultimi dati disponibili aggiornati al 2020). Dal 2012 la Regione ha un piano di rischio glaciale, affidato a Fondazione montagna sicura.

"Ma riguarda le zone antropizzate, non gli itinerari alpinistici. Sarebbe impensabile controllare tutti i ghiacciai - commenta Jean-Pierre Fosson, presidente dell'organizzazione -. Il consiglio è di affidarsi alle guide alpine".

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