Turismo / L'allarme

Grosselli: «Trentino, in estate mancheranno 5 mila stagionali»

L'analisi del segretario provinciale della Cgil: «Per convincere i lavoratori a tornare qui ci vorrebbe un sistema come il CoronaPass varato dall'Alto Adige»

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di Giorgio Lacchin

TRENTO. Il presidente di Trentino Marketing, Gianni Battaiola, ha ragione: in estate nel settore del turismo mancherà un buon numero di lavoratori stagionali (cinquemila persone, calcola il sindacalista Grosselli).

Ed è facile capire il perché: basta sbirciare in Alto Adige.

Lassù hanno già il CoronaPass e una retribuzione più alta. Molto più alta. Esattamente del 25%. Diceva l'altro giorno Battaiola, che è presidente anche degli albergatori trentini dell'Asat: «Tante strutture sono chiuse da otto mesi e molti lavoratori si sono orientati su altre occupazioni. Dobbiamo convincerli a tornare». In bocca al lupo!

E veniamo ad Andrea Grosselli. «In Trentino i lavoratori stagionali del turismo sono all'incirca 30mila», calcola il segretario provinciale della Cgil: «Quattromila sono stranieri, arrivano apposta per "la stagione", e quest'anno mancheranno quasi sicuramente. In più mancherà un certo numero di trentini o stranieri qui residenti. Tirando le somme possiamo dire che i datori di lavoro avranno a disposizione 5mila stagionali in meno».

Venisse introdotto il Green pass europeo, o quello italiano, sarebbe forse possibile recuperarne una parte, suggerisce Grosselli. «Perché il tema è quello, non il coprifuoco alle 22 o alle 23. Noi sindacati lo abbiamo detto ancora un mese fa: quella è la strada e bisogna fare in fretta, bisogna sperimentare, in modo da essere pronti quando il governo nazionale e l'Europa sdoganeranno il pass».

Non è semplice mettere in piedi una simile capacità di testing: «Per testare migliaia di persone occorre una potenza di fuoco che l'Alto Adige ha raggiunto - infatti ha già varato il CoronaPass - e che noi speriamo di raggiungere quando l'Istituto superiore di sanità avrà autorizzato i test salivari del Cibio. Test preziosi per i lavoratori e per i turisti, da ripetersi anche durante la vacanza per evitare l'insorgere di focolai nel settore ricettivo. I test danno sicurezza ai lavoratori e alle lavoratrici ma anche al turista».

L'altro tema importante è la retribuzione dei lavoratori stagionali. «Glielo abbiamo detto ai datori di lavoro trentini, ben prima che scoppiasse la crisi pandemica», ripete un pelo spazientito il sindacalista. «E i punti sono due: la lunghezza della stagione e, appunto, le retribuzioni».

Andiamo sul concreto. «In Alto Adige gli stagionali lavorano in media 155 giorni all'anno; in Trentino 134 giorni. In Alto Adige la retribuzione media annua lorda di uno stagionale è di 12.712 euro; in Trentino 9.069 euro».

Dati Inps riferiti alle retribuzioni reali del 2017; prima della crisi, dunque.«La differenza è del 25%. Il 10% è legato alla lunghezza della stagione: quella altoatesina dura quasi un mese in più. Il resto al contratto collettivo territoriale di secondo livello che aumenta le retribuzioni altoatesine del 10-15% rispetto al contratto collettivo nazionale».

Grosselli sottolinea che i sindacati hanno chiesto «in molte occasioni di istituire questo contratto territoriale. Non è stato fatto».Secondo lui, tra i datori di lavoro altoatesini «c'è più consapevolezza del fatto che un sistema regolato invoglia i giovani a investire in un lavoro stagionale».A un certo punto le associazioni datoriali trentine sembravano averlo capito, «poi la pandemia ha bloccato tutto. Ma la fidelizzazione dei lavoratori rimane un tema decisivo per la ripartenza».

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