Sanità / L’avviso

Parti sicuri ovunque, gli ex primari Berlanda e Cristofolini: “Solo una illusione politica”

La morte del neonato all'ospedale di Cles ha riaperto come facilmente prevedibile il dibattito sulla sicurezza delle sale parto dove i numeri sono bassi 

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TRENTOIl decesso del neonato a Cles ha riaperto il dibattito sulla sicurezza delle sale parto dove i numeri sono bassi. A fronte dell'enorme sforzo portato avanti dai sanitari per garantire la presenza del pediatra, del rianimatore, oltre ovviamente delle ostetriche e del ginecologo, nonché la formazione per affrontare i casi di emergenza, da più parti arriva l'appello affinché le nascite vengano concentrate dove i numeri sono sufficienti per garantire elevati standard di qualità.

Tra le voci più autorevoli giunte nelle ultime ore c'è quella di Giampaolo Berlanda, già primario di Anestesia e Rianimazione dell'Ospedale di Cles per 12 anni. «Alla fine è successo quello che da anni si diceva poteva succedere: era prevedibile, solo questione di tempo. Una serie di coincidenze sfavorevoli come il parto dopo le ore 21 (con i professionisti di norma reperibili e non in sede), l'impossibilità dell'utilizzo dell'elisoccorso, hanno fatto accadere questo fatto angoscioso. Non si può pretendere che un pediatra che non è neonatologo, un anestesista che non è anestesista pediatrico, tutto il personale che ha poca esperienza (fortunatamente) di rianimazione neonatale, possano riuscire in tutte le occasioni a salvare neonati critici», scrive Berlanda.

«Non condivido le parole del Capo Dipartimento materno- infantile dottor Massimo Soffiati che dice che "l'esito sarebbe stato analogo anche se il neonato fosse venuto alla luce a Trento" ( senza le indagini di laboratorio e autoptiche non si può dire ancora nulla) con un bambino apparentemente sano. Non condivido la dichiarazione del rappresentante del Collegio dei Primari che afferma non ci sia differenza fra centro e periferia, che non ci sono ospedali e trattamenti di serie A e B. Mi metto nei panni dei poveri genitori distrutti dal dolore, della madre che è arrivata fino al parto rassicurata per un parto fisiologico, capisco il/la collega anestesista, il ginecologo, il pediatra, le ostetriche e tutto il personale che si è prodigato per cercare di salvare questo neonato e che vivranno comunque per tutta la vita con questo rimorso» scrive ancora Berlanda che va poi al nocciolo della questione. Ossia la scelta prettamente politica di mantenere di punti nascita nelle valli.

«Ma se si cercano responsabilità - aggiunge infatti - la prima e più grave è da attribuire ai politici che, sordi di fronte alle raccomandazioni delle Società scientifiche e degli esperti (il Presidente dell'ordine dei medici di Trento è ginecologo) hanno voluto illudere la gente che si potesse partorire in massima sicurezza in ogni ospedale del Trentino: tutto ciò per un pugno di voti. Non meravigliamoci se non si trova il personale disponibile per gli ospedali periferici viste le responsabilità che vengono loro attribuite. Come in chirurgia certi interventi non si possono fare in periferia, mancando competenza, attrezzatura ed esperienza, lo stesso non si possono e devono fare parti dove non c'è in sede un neonatologo esperto ed un anestesista pediatrico ( presenti a Trento)».

Berlanda si dice vicino a tutto il personale dell'Ospedale di Cles, ne comprende il dramma che in questi giorni stanno vivendo e auspica che i politici si ravvedano sulle loro decisioni.

Sulla stessa lunghezza d'onda un altro autorevolissimo ex primario, Mario Cristofolini. «Quelli che non hanno sufficienti parti dovrebbero già essere stati chiusi, soprattutto per la mancanza di sicurezza, ma anche per gli eccessivi costi», scrive in una nota. E aggiunge: «Un medico coscienzioso e preparato dovrebbe seguire le linee guida e le indicazioni delle Società Scientifiche. Nel caso dei punti nascita, a detta di tutti, sotto i 500 parti c'è rischio. Del resto, si sa da sempre, che in medicina vi è un rapporto diretto tra numero di casi, competenza, sicurezza e capacità. Ciò è anche dimostrato nei nostri ospedali periferici dove funzionano bene ad esempio fra altri reparti - le medicine, le ortopedie e il maxillofacciale di Borgo che raccoglie pazienti da tutta la Provincia».

Cristofolini torna poi sulla questione della rete ospedaliera. «In un periodo di carenza di risorse non ha senso impoverire l'ospedale centrale (a proposito, è sempre più vergognosa la vicenda dell'Ospedale del Trentino) perché non è così che gli ospedali periferici saranno più efficienti. È importante che le equipe dell'ospedale centrale possano operare anche negli ospedali periferici o che i medici periferici possano frequentare quello centrale anche per periodi lunghi».

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