Se è necessario, l'orso va abbattuto

Se è necessario, l'orso va abbattuto

di Pierangelo Giovanetti

Prima che si scateni la canea degli animalisti più estremisti, come due anni fa, e monti la rabbia degli abitanti della montagna minacciati nel loro vivere quotidiano, è bene ribadire alcuni punti basilari sulla presenza dell’orso in Trentino.

La rintroduzione dei plantigradi nell’area del parco Adamello-Brenta, avviata vent’anni fa, è un progetto sperimentale, anche coraggioso, che ha avuto un successo di proliferazione oltre le aspettative, e come tale va sottoposto a verifica e ridefinizione se necessario.

L’obiettivo non era quello di ripopolare le Alpi dell’orso, ma di garantire una sopravvivenza della popolazione autoctona, allora ridotta a soli due-tre esemplari. L’orso in Europa non è una specie in via di estinzione (anzi, è diffuso in molte regioni), e non è una specie intoccabile. Dove la sua presenza è consistente, come in Slovenia, viene regolarmente tenuto sotto controllo, limitato nella sua espansione demografica quando ritenuta eccessiva, e sottoposto a misure di rimozione e abbattimento, se la sicurezza dell’uomo lo impone.

La Provincia di Trento è stata l’unica regione in Italia a farsi carico del progetto di ripopolamento (Life Ursus), lo ha portato avanti con convinzione, ne ha sostenuto l’organizzazione e ha fronteggiato anche le conseguenze dinanzi all’opinione pubblica nel momento in cui sono iniziate le prime aggressioni.

Per continuare il progetto servono però gli strumenti adeguati che oggi la Provincia non ha, cioè la piena competenza nella gestione dell’orso, la facoltà di stabilire un numero massimo di esemplari compatibili con il nostro territorio, fortemente antropizzato, e la possibilità di rimuovere e abbattere gli esemplari ritenuti pericolosi, o che costituiscono una minaccia all’uomo.

Senza tali strumenti e prerogative, il progetto Life Ursus non può continuare. Non è pensabile il ripetersi ad ogni estate, di fronte ad ogni aggressione che si ripropone ormai con sempre maggiore frequenza, la psicosi collettiva collettiva di una popolazione alpina che non si sente più sicura a casa propria, sulle proprie montagne, seguita dall’isteria fondamentalista di gruppi di infatuati di animalismo estremo, che ritengono l’intoccabilità della natura superiore al valore della vita umana, e della sicurezza e della libertà delle persone.
L’eccesso di garantismo di fronte a casi di orsi pericolosi e la non concretezza nell’affrontare situazioni di emergenza per la mancanza di competenze idonee pregiudicano la convivenza possibile fra uomo e orso in Trentino, e rischiano di far fallire l’intero progetto di fronte all’esasperazione della popolazione la quale, se chiamata a consultazione popolare sul mantenimento o meno dei plantigradi, si rivolterebbe drasticamente contro.

La tragicommedia sull’orsa Kj2, da più di due anni ricercata dai forestali perché pericolosa dopo le ripetute aggressioni nei boschi attorno a Trento, catturata ma liberata in attesa della conferma del dna, sottoposta a radiocollare di cui si è svincolata durante il letargo, tuttora uccel di bosco libera di scorazzare sui sentieri di Cadine o di Terlago in attesa di una nuova aggressione, è lì a dimostrare che non si può gestire la presenza di plantigradi problematici con le mani legate da pastoie burocratiche ministeriali, da protocolli di garantismo astratto e teorico inconciliabili con la realtà quotidiana, e da una esasperata e cieca pressione ideologica, pronta a dar vita a sceneggiate di fronte ad ogni ordinanza di cattura o abbattimento.

Il pasticcio combinato due anni fa con Daniza, deceduta per una dose di anestetico troppo elevata, e la fantozziana caccia a Kj2 con decine di uomini inutilmente sulle sue tracce impossibilitati però ad interventi «di forza», sono purtroppo la conseguenza di un sistema di conduzione del progetto «Life Ursus» privo dei mezzi appropriati per farvi fronte. Nessuno all’inizio si era posto dei limiti, nessuno aveva stabilito una quantità massima sostenibile di esemplari (che si è concentrata in un territorio assai circoscritto tra il Brenta la Paganella e il Bondone), nessuno aveva fissato delle procedure in caso di rischi alla sicurezza dell’uomo.

A distanza di vent’anni occorre ricalibrare l’organizzazione.
Oggi alla Commissione dei 12 a Roma si discuterà della norma di attuazione che permetterebbe alla Provincia di Trento di assumere piena competenza nella gestione dell’orso. Si deve ora procedere con decisione, tempestività, efficacia garantendo alla Comunità Autonoma trentina di poter trattare direttamente con l’Europa il numero massimo di esemplari sostenibili dal territorio, concordando la possibilità di piani di prelievo e quindi l’eventuale soppressione nel caso di numero eccessivo, come già avviene per altre specie animali.

Il Trentino ha dimostrato di saper gestire bene la caccia, con una propria organizzazione diversificata rispetto al resto delle regioni. La stessa cosa deve avvenire anche per specie protette quali l’orso e il lupo.
Gli ostacoli e i bastoni fra le ruote che da tre anni il ministero dell’Ambiente sta frapponendo, senza alcuna percezione reale della situazione in nome di astratte rivendicazioni di principio, non hanno più senso di esistere. Anzi, come i radicalismi di certi frange animaliste, per il loro miope oltranzismo rischiano di pregiudicare la sopravvivenza del progetto «Life Ursus», il quale  invece ha il diritto di continuare, dentro precisi limiti e garanzie a tutela della popolazione della montagna, della sua libertà e delle sue attività economiche.

Si tratta di un passaggio-chiave, perché dopo l’orso la questione della convivenza uomo-animale nelle vallate alpine toccherà il lupo, che - come per i plantigradi - sta trovando in Trentino un ambiente favorevole al radicamento e alla diffusione, sollevando già questioni di compatibilità e di sostenibilità numerica. Nella vicina Svizzera il lupo è presente, ma oltre una certa soglia di pericolosità o di danneggiamento all’insediamento umano ne è autorizzata l’uccisione.

L’unico modo per garantire la permanenza degli orsi del Trentino è quella di non farne un tabù intoccabile. Solo una gestione concreta e razionale, attrezzata adeguatamente, potrà evitare che la situazione degeneri e sfoci - Dio non voglia - in aggressioni di gravità ancora maggiore di quelle a cui finora abbiamo assistito.

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