Omofobia: la coalizione rischia la fine

Omofobia: la coalizione rischia la fine

di Luisa Maria Patruno

La maggioranza di centrosinistra autonomista e il governatore Ugo Rossi sul disegno di legge contro l’omofobia non solo si stanno giocando la faccia, ma la loro stessa sopravvivenza come coalizione di governo. E non è esagerato dirlo.
Se n’è reso conto mercoledì pomeriggio lo stesso presidente della Provincia, dopo aver registrato lo sbandamento clamoroso del suo partito, il Patt, e i cedimenti nell’Upt, seguiti al dietrofront del ladino Beppe Detomas (per altro come ritorsione per altre questioni che riguardano la sua Val di Fassa), che hanno spinto Rossi prima a tentare di aggirare l’ostacolo sul quale la coalizione rischia di sfasciarsi, proponendo di riportare il disegno di legge contro l’omofobia in commissione, che avrebbe significato parcheggiarlo per mesi e forse per anni. Poi, a richiamare tutti all’ordine a fronte della determinazione espressa - per una volta - dal Pd ad andare avanti, con le parole del primo firmatario Mattia Civico, ma anche del capogruppo Alessio Manica, che hanno rifiutato di tornare punto a capo.

Il presidente della Provincia ha riunito i suoi intimando a tutti - convinti o meno - di sostenere la legge perché, ha detto nella riunione di maggioranza: «Io mi sono giocato la faccia e se non approviamo questa legge andiamo tutti a casa».
L’importanza di questo passaggio lo hanno capito anche le minoranze di centrodestra, che non a caso hanno scelto proprio questo disegno di legge, nato da una proposta di iniziativa popolare sostenuta da 7.000 firme e da un disegno di legge firmato Pd, per organizzare un ostruzionismo inusitato per l’asperità e la determinazione da questione di vita o di morte, con l’obiettivo primario - al di là del merito della legge - di incunearsi tra le fila della maggioranza, ben conoscendo i suoi punti deboli, per farla saltare. Operazione che tra martedì e mercoledì scorso, in effetti, stava cominciando a dare i suoi frutti, trovando facile presa soprattutto fra i consiglieri del Patt e dell’Upt, fin dall’inizio poco convinti e preoccupati di non essere in grado di spiegare alla propria base i reali contenuti e le ragioni di questo disegno di legge.

Eppure basterebbe ricordare che il testo contiene solo norme che impegnano la Provincia ad azioni di sensibilizzazione per contrastare il bullismo omofobico, coinvolgendo le istituzioni scolastiche e formative, nonché la proposta alle scuole di progetti di educazione alla sessualità e all’affettività secondo un approccio inclusivo, ovvero che comprenda anche l’omosessualità, affidati all’Azienda sanitaria e non alle associazioni - magari l’Arcigay - come in questi giorni qualcuno ha continuato a sostenere falsamente in consiglio provinciale.

Si prevedono poi, all’interno dei piani di intervento delle politiche del lavoro, misure per aiutare a superare le discriminazioni e di conseguenza l’esclusione dal mondo del lavoro per motivi derivanti dall’identità di genere. E la legge introduce infine una norma con cui chiunque può designare una persona a sostenerlo nelle strutture sanitarie o socio-assistenziali nel caso di ricovero.
Questi interventi minimi sono mirati a cercare di formare i giovani al rispetto degli omosessuali e creare un contesto sociale che riduca le discriminazioni su base sessuale che spesso impediscono di fatto che vengano riconosciuti a loro i diritti civili più elementari. Dovrebbe farlo lo Stato magari, certo, e si spera anche in modo più completo, ma il Trentino ha l’occasione per dimostrare di essere una terra che ha a cuore i diritti civili di tutti i suoi cittadini, soprattutto dei più esposti alle discriminazioni e all’esclusione sociale, come gli omosessuali.

Ma ci sono consiglieri di maggioranza che pensano che lo sfalcio dei prati sia più importante di una norma per cercare di ridurre le discriminazioni - che non si possono negare - nei confronti di persone con un altro orientamento sessuale e che quindi non si può impegnare per tanto tempo il consiglio provinciale su questi temi che interessano una minoranza, che oltre tutto molti ritengono non siano certo una parte significativa del proprio elettorato rischiando pure di perdere voti.
Non è ancora chiaro se il presidente Ugo Rossi e i partiti del centrosinistra autonomista, dopo la tornata consiliare conclusasi ieri, riporteranno in tempi brevi o meno il disegno di legge all’ordine del giorno del consiglio provinciale per arrivare, come annunciato, all’approvazione. Se non lo faranno, dimostreranno tutta la loro pavidità e debolezza. E soprattutto l’incapacità di portare in porto un testo firmato da tutti i capigruppo di maggioranza e sollecitato da 7.000 cittadini che hanno sottoscritto il disegno di legge, dovrebbe allora interrogare il centrosinistra autonomista sulle ragioni di fondo che legano le forze politiche di questa alleanza, oltre a dimostrare ancora una volta che a dettare l’agenda di questa fragile maggioranza sono le opposizioni. E certamente se il consiglio provinciale non riuscirà ad approvare una legge di questo tipo darebbe un segnale molto preoccupante di regressione culturale di questa terra per altri aspetti aperta e all’avanguardia.

Il centrosinistra autonomista, se mai riuscisse ad andare avanti così, potrà anche riuscire ad approvare in futuro splendide norme sullo sfalcio del fieno, come ha fatto e comunque farebbe - con o senza la legge contro l’omofobia - ma forse il governatore Ugo Rossi dovrà prendere atto della fine politica della sua coalizione, oggi unita certamente da comuni interessi e obiettivi concreti, ma non più da comuni valori.

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