Sanità / Il problema

Perché il Cup non risponde? «Fortissimo aumento di prenotazioni, potenzieremo con altre 12 unità»

Ore e ore al telefono, cercando di prenotare visite ed esami: la Gpi ammette le difficoltà, e cerca personale («ma in questo settore è difficile reperirlo»)

LA PROVA Attendere la chiamata per tre giorni (e non arriva più)
LA PROTESTA "Ho provato 25 volte, inutilmente"

di Patrizia Todesco

TRENTO. Attese lunghissime per parlare con un operatore del Cup. Da giorni i trentini lamentano problemi per riuscire a prenotare una visita o una prestazione telefonando al centralino del Centro unico prenotazioni. Le linee telefoniche sono perennemente intasate, gli operatori occupati e l'attesa non sempre porta i frutti sperati soprattutto per le prestazioni in regime istituzionale, ossia con la ricetta.

«Nelle prime due settimane di luglio - spiega Sergio Manzana, responsabile della parte "care" della Gpi, azienda che gestisce il servizio per l'Apss - abbiamo avuto un aumento di richieste del 150% rispetto alle stesse due settimane del 2019. I numeri rendono bene l'idea. Nel 2019, in quei 15 giorni, le richieste erano state 44 mila. Quest'anno 110 mila».

Comprensibile che con questo aumento il sistema sia andato in sofferenza. 110 le operatrici, quasi esclusivamente donne (gli uomini sono solamente 3) che hanno aumentato del 20% le risposte con ore straordinarie, ma che, visti i numeri, non sono riuscite a far fronte completamente all'aumento di richiesta.

«Probabilmente il fatto che gli ospedali si siano svuotati di pazienti Covid, che le persone che avevano rimandato visite ed accertamenti abbiano riacquisito fiducia ha fatto aumentare la domanda - analizza Manzana - . Già dalla prossima settima avremo comunque 12 operatori in più in servizio e questo sicuramente consentirà di migliorare la situazione. In più, probabilmente, l'ondata di richieste che si è avuta in questi giorni diminuirà».

Da settimane la Gpi ha una selezione aperta per trovare personale da inserire nell'organico come operatore Cup, anche part-time. Viene richiesto un diploma di maturità, disponibilità a lavorare su turni e buone capacità relazionali considerato che si tratta di avere come interlocutori che spesso, nella ricerca degli appuntamenti, non ricevono proprio la risposta che vorrebbero. «É difficile trovare personale per questo specifico lavoro - ammette Manzana - anche se poi chi viene assunto rimane ed è soddisfatto. C'è un bassissimo turn over anche grazie al fatto che offriamo molte soluzioni conciliative con le esigenze familiari».

A complicare le cose e ad aumentare il flusso di telefonate, in queste settimane, è stato poi il fatto che, una volta ottenuto l'appuntamento, molti utenti, nel disperato tentativo di anticipare i tempi e trovare qualche buco lasciato da qualcuno che ha disdetto, richiamano frequentemente il Cup. «In realtà non sarebbe necessario - puntualizza Manzana - in quanto c'è la possibilità, una volta che si è fissato un appuntamento, di attivare la funzione "posto libero" che autorizza l'operatore a ricontattare la persona interessata nel caso si liberasse un posto prima di quello già fissato».

Il problema è che le liste d'attesa per visite e interventi non sono state azzerate e sono ancora molti i settori in cui si fa fatica ad ottenere una prestazione in tempi accettabili anche quando i medici di famiglia segnalano l'urgenza con i codici Rao. I tempi per alcune le visite specialistiche sono lunghi, si parla di mesi anche in libera professione.

Ad eccezione del 2020, dove l'emergenza Covid ha ridotto le prestazioni per altre patologie, nel corso degli anni c'è stato una costante aumento delle prenotazioni attraverso il Cup sia in regime istituzionale che in libera professione. Se nel 2014 in regime istituzionale erano state prenotate 1.098,569 prestazioni in regime istituzionale e 11.397 in libera professione, nel 2019, ultimo anno senza Covid, in regime istituzionale erano state effettuate 1.257.700 prenotazioni e in libera professione 166.048. In totale oltre 200 mila in più.

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