Il presidente nepalese: i soccorsi non sono stati efficaci

Quattro giorni dopo la tremenda scossa di terremoto che ha stravolto il Nepal, il primo ministro Sushil Koirala ha riunito a Kathmandu una conferenza dei partiti nepalesi a cui ha rivolto un appello a lavorare uniti «in questa drammatica emergenza», ammettendo poi che «le nostre operazioni di soccorso alle vittime non sono state efficaci».
Koirala è stato colto dal violento sisma in un viaggio ufficiale in Indonesia, ed ha potuto far ritorno nel Paese solo domenica. Ma fin da subito, di fronte alla vastità del disastro, si è visto che quello che prevaleva non era l’efficienza, ma il caos.

Nel suo mea culpa il premier ha riconosciuto anche che «il governo ha ricevuto centinaia, migliaia di richieste di soccorso anche dai villaggi più remoti», ma che «l’amministrazione è riuscita a fare ben poco in molte aree per la carenza di macchinari e di personale addestrato a questo tipo di disastri».
«Siamo un Paese con pochi mezzi, ma con l’aiuto della comunità internazionale riusciremo a risorgere», ha detto Koirala in un breve incontro al termine di un discorso alla Nazione.
Anche il ministro dell’Interno, Ban Dev Gautam, ha scelto di battere la stessa pista dichiarando ai giornalisti che «non eravamo preparati per una tragedia di queste dimensioni e peraltro non abbiamo le risorse necessarie per farvi fronte e per questo avremo bisogno di più tempo per raggiungere tutti quelli che hanno bisogno di aiuto».

È stato Emilio Bucci, un muratore italiano di 38 anni impegnato con una ditta italiana che costruisce in Nepal un acquedotto a sintetizzare su Facebook la situazione. «Fate presto - ha scritto - qui è un macello: la gente muore sotto le macerie e i superstiti vivono in una situazione infernale».

Drammatica anche la testimonianza dell'elicotterista Piergiorgio Rosati: «Ti assalgono per scappare».

Dopo la scossa di magnitudo 7.9 di sabato, la situazione è andata via via migliorando per l’arrivo di team e aiuti internazionali. Con il particolare, però, che i soccorritori indiani, cinesi, francesi e americani hanno privilegiato all’inizio soprattutto i luoghi dove si trovavano turisti stranieri, nelle città d’arte, nelle zone dei trekking himalayani o vicino all’Everest.
La popolazione «ha visto volare nel cielo gli elicotteri che trasferivano persone ferite e cadaveri», ha detto un membro di una ong nepalese di prima linea, «i velivoli andavano su e giù ma non si fermavano nei poveri villaggi travolti dalle valanghe di terra e fango». E secondo i media nepalesi, molte zone vicine all’epicentro nel distretto di Gorkha sono ancora prive di aiuti.

Alla fine proprio l’assenza di coordinamento e di personale preparato alle emergenze ha fatto sì che anche gli interventi più facili di distribuzione di acqua, cibo e tende a Kathmandu sono diventati molto difficili, e la gente si è lamentata con la stampa nazionale e internazionale «di essere stata abbandonata a se stessa»

Reinhold Messner, che fin da subito aveva polemizzato sui soccorsi di serie A - per gli stranieri - e di serie B - per gli indigeni -, lancia una raccolta fondi per le vittime del terremoto in Nepal. L'iniziativa sarà lanciata il 10 maggio in occasione della tradizionale conferenza sul futuro dell'alpinismo che il Re degli ottomila organizza ogni anno a Castal Firmiano, alle porte di Bolzano. Alla luce dei recenti fatti "Quo CLIMBis?" sarà infatti dedicato interamente al tema "Il diritto di andare. Il dovere di aiutare". Parteciperanno Simone Moro, Franco Perlotto, Mario Corradini, Lindsay Griffin ed altri esperti internazionali di alpinismo e cooperazione.

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