Valsugana, il Sait di Samone non ritira più il pane locale

di Giorgia Cardini

La telefonata è arrivata il 20 gennaio, da un’impiegata della Famiglia cooperativa di Samone, punto vendita del Sait: «Da domani non portateci più i vostri prodotti».

Per il Panificio Tessaro di Scurelle e per il Panificio Valsugana di Castelnuovo, tra i pochi rimasti in valle dopo la morìa di panificatori (l’ultima chiusura, a Grigno, nel 2016), è stata una doccia fredda. Perché se è vero che quello di Samone è un piccolo supermercato (con nuova sede aperta proprio il 21 gennaio), è anche vero che fa parte di una  Famiglia che ha altri punti vendita Sait: Borgo, Strigno, Scurelle e Bieno. E il timore, adesso, è che anche per quei negozi vengano ridotti o azzerati gli ordini. 
 
«La conseguenza? Sarebbe la nostra fine»: a dirlo sono Daniele Paternolli e Matteo Torghele, rispettivamente titolare del Panificio Valsugana srl (950mila euro di fatturato e 10 dipendenti) e del Panificio Tessaro snc (350mila euro di fatturato e 4 dipendenti).
Paternolli, vigile del fuoco in pensione, si è messo al forno da pochi anni, portando avanti l’attività del padre deceduto nel 2006; Torghele, 32 anni, ha rilevato invece l’attività nel 2013 dal fondatore e l’anno scorso l’ha spostata da Spera a Scurelle, per necessità strutturali, investendo 1 milione in stabilimento e macchinari.
Tutto andava bene, pur tra le difficoltà dovute al calo del consumo di pane, all’aumento dei costi di produzione, alla chiusura di piccoli panifici, fino al 20 gennaio: ma la telefonata arrivata da Samone ha offuscato le prospettive future. «L’80% circa della nostra produzione - riassumono Paternolli e Torghele - è assorbito dai punti vendita Sait della zona, dal Poli e dal Conad di Telve e Borgo. Per il resto, andiamo nei piccoli negozi, che sono sempre meno. Per questo ci preoccupa la chiusura di un ordine: se dovesse essere il preavviso di sfratto da altri negozi, potremmo chiudere». 
A chi è andata la fornitura per il nuovo supermercato di Samone? «A un importante panificio dell’Alta Valsugana, che si sta espandendo». Il motivo? «Non ce l'hanno spiegato - rispondono i due imprenditori -, anche se abbiamo cercato in tutti i modi di capire. Ci è stato solo detto che la decisione è stata imposta dal Sait di Trento».
Ma è possibile annullare un contratto da un giorno all’altro? «Non c’è un vero e proprio contratto che stabilisca una durata della fornitura, per il nostro settore si va a prezzo». E la decisione è giustificata da un costo diverso del prodotto? «Da quanto ne sappiamo, i panifici dell’Alta Valsugana praticano prezzi maggiori sui pani speciali rispetto ai nostri e prezzi leggermente minori sulla spaccata. Ma senza grandi differenze».
 
Il problema, insomma, sarebbe diverso: una razionalizzazione decisa dal Sait, che sta rivedendo tutta la propria politica. A farne le spese anche Latte Trento e la Federazione Allevatori. Il problema è che questa politica di «efficientamento», come amano chiamarla a Trento, rischiano di pagarla i produttori a km zero: «Con la Famiglia cooperativa lavoriamo da sempre, siamo sempre stati disponibili a integrare gli ordini alle 11 di mattina, anche per pochi chili e quindi con più spese di trasporto che ritorno. Lo farà, il nuovo fornitore?».
 
Interpellato sulle ragioni del cambio di fornitore per la cooperativa di Samone, il Sait non ha fornito motivazioni ufficiali ma solo ufficiose. Secondo quanto riferito dalla sede di Trento, si tratterebbe solo di una «razionalizzazione» delle forniture sul negozio di Samone, ma non di scelte che preludano a una esclusione dei prodotti del Panificio Valsugana e del Panificio Tessaro dagli altri punti vendita Sait della vallata. 
 
«Sorpreso» comunque dalla decisione presa dal Sait si dice il presidente dell’Associazione Panificatori del Trentino, Emanuele Bonafini: «Solitamente, i negozi si rivolgono ai panifici locali anche perché la gente è abituata a comprare un certo tipo di pane e il cliente si mantiene anche così. Per noi panificatori trentini il Sait è un cliente importante e siamo sempre stati disponibili a cambiare, a mostrarci flessibili e ad adeguarci a quanto ci chiedono le cooperative. E la forza della nostra rete è la puntualità, il fatto di portare il pane a tutti, indipendentemente dai quantitativi richiesti, anche rimettendoci per i costi di trasporto. Per questo mi stupisce molto la decisione presa». 
 
«Parlano di razionalizzazione - prosegue Bonafini - ma a me questo pare un taglio ingiustificato, considerando tra l’altro che i due panifici interessati sono gli unici superstiti in Bassa Valsugana». Il presidente conferma infatti che nel 2016 ha chiuso il panificio Dal Follo a Grigno e che il numero dei produttori è in costante calo, ormai sotto i 100 in tutto il Trentino. 
 
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