«Turismo green e futuro sterile»

di Manuela Crepaz

Candidati alle prossime amministrative prendete posizione, perché «quello che ci preoccupa è la volontà di imporre un modello di sviluppo turistico sterile, basato su un concetto di green astratto ed ideologico, incapace di garantire alla maggior parte della società residente lavoro, benessere e coesione sociale. Diciamo le cose come stanno: il white con il suo indotto è l’unico settore attualmente in grado di garantire i livelli occupazionali e di generare un fatturato sufficiente a sostenere l’economia locale».

Chi esorta così sono dieci esponenti delle categorie economiche che in una lettera aperta denunciano «la sterile politica dei grandi eventi e il futuro green&white che ci aspetta»: Cristian Marin, albergatore e presidente di Imprese e Territorio, Andrea Gobber, libero professionista, Maurizio Rimondi, albergatore, Mauro Taufer, commerciante, Rolando Tagliapietra, maestro di sci e guida alpina, gli impiantisti Paolo Boninsegna e Valeria Ghezzi, Duilio Boninsegna, guida alpina e rifugista, Mario Jagher, artigiano e il ristoratore Maurizio Gubert.

Chi ha messo loro la pulce nell’orecchio? «I consiglieri delegati della Comunità di Primiero Francesca Franceschi e Daniele Gubert», rei di essersi esposti a non considerare «grandi eventi» manifestazioni di spessore capaci di internazionalizzare e ringiovanire il prodotto turistico come il Rally e il King of Dolomites, evento di free ride. I dieci spiegano: «Il modo in cui è stata stilata la graduatoria ci ha stupito perché crediamo che la giusta ricerca di una equa modalità di assegnazione della contribuzione pubblica sia stata trasformata in una cattiva graduatoria di merito stilata in base alla ideologica convinzione che green e white siano alternativi o addirittura conflittuali tra loro».

Secondo i firmatari, il green è un valore aggiunto indispensabile ma è il white che traina l’economia turistica, e il protocollo di intesa per il potenziamento del sistema impianti sottoscritto con la Provincia è «la condizione necessaria al mantenimento della qualità delle strutture alberghiere, dei negozi, dei ristoranti e dei servizi offerti: i turisti che frequentano il nostro territorio vogliono sciare in un contesto paesaggistico ed ambientale di pregio, vogliono respirare aria pulita, bere acqua non clorata, mangiare cibi sani e prodotti in loco, camminare su sentieri curati e utilizzare la mountain bike lungo percorsi dedicati diversi dalle polverose strade forestali. Questo è il prodotto che dobbiamo riuscire ad offrire, e per questo è sbagliato ritenere il green non compatibile con lo sci, il freeride, la mtb o il Rally».

Il loro appello continua con una serie di se: «Se vogliamo offrire il prodotto bici non possiamo più accettare l’imposizione di assurdi divieti secondo i quali le bici non possono percorrere alcuni sentieri - a causa del danno ambientale che producono - (sono bici, non moto da cross!); se vogliamo proporre la pratica del freeride (che l’Apt promuove da qualche anno come prodotto invernale di punta) non possiamo più accettare che per l’Ente Parco la parola freeride non esista, sia impronunciabile come lo era la parola "magia" nel periodo della Santa Inquisizione; se vogliamo garantire un futuro alle nostre attività economiche ed evitare che i nostri figli siano costretti ad emigrare dobbiamo smetterla di vietare, limitare e ostacolare ogni iniziativa in nome di una catastrofistica tesi ambientalista secondo la quale ogni volta che facciamo un passo fuori da un sentiero creiamo un disastro ambientale».

E concludono: «È ora di capire che turismo e sostenibilità ambientale devono coesistere. L’alternativa è la decadenza economica che non ci porterà verso un paradisiaco ritorno alla natura incontaminata, ma verso desolati paesaggi degradati tipici dei periodi post industriali: edifici dismessi, tetti crollati, cantieri mai ultimati. Ma forse già ci siamo, il Passo Rolle oggi non è proprio così?»

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