L'ultimo abbraccio a padre Fabrizio Forti

La comunità trentina si stringe nell'ultimo abbraccio a padre Fabrizio Forti: i funerali si terranno oggi alle 11, in Duomo.

Il responsabile della mensa della Provvidenza, al convento dei Cappuccini è morto nel sonno domenica notte. Il prossimo 29 ottobre avrebbe compiuto 67 anni.

Il rito funebre sarà celebrato da monsignor Lauro Tisi. Prima della cerimonia nella cattedrale, però, la salma del sacerdote sarà portata in carcere a Trento. Per volere della sorella e degli altri membri della fraternità cappuccina oggi alle 8.30 il feretro del religioso, che era cappellano del carcere, riceverà un saluto dai detenuti.


La mensa della Provvidenza va avanti, come avrebbe voluto padre Fabrizio. Già alle 10 del mattino, ieri, i volontari erano lì, a scaricare i viveri. A preparare per il pasto serale. Dopo i volontari, nel tardo pomeriggio, sono arrivati i poveri, i senzatetto, le persone più bisognose.

«Sono quattro anni che faccio il volontario qui - racconta Remo Frisanco , pensionato di Cristo Re - Sono arrivato qui per caso, quando sono andato in pensione, perché un'amica di mia moglie mi disse che c'era bisogno di una mano. Io faccio il jolly, mi mettono nel turno dove manca qualcuno. Devo dire che io non sono proprio un uomo di Chiesa, ma con i frati è diverso. Padre Fabrizio era unico. Ora il problema sarà trovare un degno sostituto».

Anche Luciano Moneghini , volontario di Cristo Re, ieri mattina è giunto regolarmente a svolgere il suo turno al servizio degli altri. «Noi vogliamo continuare, glielo dobbiamo».

Laura Balducci, da dieci anni volontaria, ieri pomeriggio era al suo posto, in cucina. «Abbiamo avuto la fortuna di conoscere un santo. Lui ha sempre messo gli altri prima di se stesso e il fatto di essere qui, di continuare a fare ciò che lui ci aveva insegnato, è il modo migliore per onorarlo».
Ieri erano tanti i volontari che salivano la stradina che, passando davanti alla cucina e alla mensa, porta fino alla piccola cappella dove è stata allestita la camera ardente di padre Fabrizio. Persone di ogni estrazione sociale.

«Da quando sono in pensione vengo qui regolarmente 4-5 volte al mese», racconta l'ex primario di neurologia, Daniele Orrico , che come tutti si chiede chi coordinerà il servizio, chi riuscirà a portare avanti l'opera del frate degli ultimi.

Tra i primi ad arrivare, ieri, è stato il vescovo Lauro Tisi che ha voluto raccogliersi in preghiera vicino alla salma di padre Fabrizio, da lui stesso definito «una colonna di quella Chiesa capace di incarnare il Vangelo dei poveri e il volto misericordioso di Dio».
Paolo Giuseppe Bertotti vanta una lunga amicizia con padre Fabrizio.

«In un panorama decisamente squallido della Chiesa, lui è stato testimone vero. Sono certo che rimarrà nel cuore di chi lo ha conosciuto. Lui non serviva i poveri, li amava».

Riccardo Petroni è un manager di successo che ha deciso di occuparsi a tempo pieno di volontariato. «Sono un volontario di strada - dice - e ho conosciuto padre Fabrizio in carcere a Rovereto. Lui si dedicava al mille per mille agli ultimissimi. Ricordo che un giorno una sua parente gli regalò un maglioncino perché non ne aveva e il giorno dopo lui lo regalò a una persona in carcere che a suo dire ne aveva più bisogno di lui. Non potrò mai scordare, poi, il giorno che in carcere incontrò la mamma che la notte prima aveva ucciso il suo bambino. L'abbracciò forte dicendole: "Forza, da oggi si riparte".

E lì ho capito il vero cristianesimo. Credo che abbiamo avuto la fortuna di conoscere un santo». Poi un messaggio alla politica. «Spero che in questo momento Ugo Rossi e la giunta possano trarre esempio da quest'uomo, si prendano carico della struttura e capiscano che la povertà sta esplodendo. Questo non fa onore né al Trentino né a padre Fabrizio. Noi abbiamo la Protezione Civile migliore del mondo e non siamo in grado di allestire una tendopoli per i senza tetto?».

Anche Vincenzo Passerini ha voluto portare il suo saluto. «Lui era fuori dalla "rete" - lo ricorda - ma ci teneva a far sapere che tutti hanno un dovere di carità e di giustizia sociale. C'è una società che produce ingiustizia e lui sottolineava che nessuno si può chiamare fuori. Nel suo modo di operare era molto simile a don Dante. Ha sicuramente insegnato tante cose a tante persone. Poi, come capita a tutti i grandi, si vedrà nel tempo quanto di ciò che ha seminato è stato raccolto». Accanto a tanti religiosi, volontari e operatori del sociale, ieri davanti alla sua salma hanno pregato anche molte delle persone che lui aveva aiutato. Badanti che hanno mangiato alla sua mensa nel momento del bisogno, persone con qualche disagio che lui ha accolto, giovani che ha ascoltato. Sono passati, a dirgli ancora grazie.

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