Cafè de la Paix, la cultura vittima di un'ordinanza

In redazione è giunta la lettera di alcuni ragazzi che hanno trascorso un sabato sera a Trento. Lo scenario è desolante. «Arriviamo al Cafè de la Paix (passaggio teatro Osele) attorno alle 22.30 e ordiniamo da bere con l'avvertenza dei gestori di consumare in fretta perchè in seguito ad un'ordinanza entro le 23.00 dovremo lasciare il locale. Di fronte alla nostra sorpresa ci viene fatta notare l'auto della polizia locale appostata nelle vicinanze pronta a intervenire alla minima infrazione. Puntualmente alle 23 si presenta un agente a controllare la situazione come, a quanto ci viene detto, accade quasi ogni sera»

LA LETTERA
Gentile direttore, è sabato sera, esco con i miei amici. Siamo in cinque alla ricerca di qualcosa di più della solita «birretta». Ci piacerebbe un locale con una identità propria dove la consumazione di cibo e bevande non si riduca ad una mera questione commerciale, un locale che magari proponga musica dal vivo o altre forme d'intrattenimento. Arriviamo al Cafè de la Paix (passaggio teatro Osele) attorno alle 22.30 e ordiniamo da bere con l'avvertenza dei gestori di consumare in fretta perchè in seguito ad un'ordinanza entro le 23.00 dovremo lasciare il locale. Di fronte alla nostra sorpresa ci viene fatta notare l'auto della polizia locale appostata nelle vicinanze pronta a intervenire alla minima infrazione. Puntualmente alle 23 si presenta un agente a controllare la situazione come, a quanto ci viene detto, accade quasi ogni sera. Così, mentre in altre zone della città la quiete dei residenti è turbata in misura ben maggiore senza che nessuno intervenga, noi ci ritroviamo ad osservare attraverso il vetro gli ultimi avventori all'interno concludere sbrigativamente il loro pasto accompagnati dalle note di Duke Ellington e Debussy che uno di loro sta suonando al piano del locale senza poter rientrare per apprezzare questo piccolo momento d'intrattenimento inatteso. Ce ne andiamo discutendo riguardo l'atteggiamento ambivalente di questa città nei confronti della cultura. Se si dimostra orgogliosa e consapevole dell'arricchimento culturale portato dall'università, sembra esserlo molto meno per quello portato dagli universitari (ma anche studenti, musicisti...). Se s'investono fondi ed energie per creare un contesto che favorisca sviluppo di start-up ed innovazioni tecnologiche, non sembra che la stessa attenzione venga rivolta al clima intellettuale inteso nel suo significato più ampio. La cultura non è infatti soltanto quella dei grandi festival, musei e istituzioni, ma anche la possibilità di incontrarsi, confrontarsi, esprimersi, artisticamente e non, in luoghi adatti e stimolanti. Viviamo il paradosso di una città che invita i passanti a suonare pianoforti esposti in strada e ostacola nei fatti i locali dove questo è possibile tutti i giorni; una città in grado di affrontare molti problemi ben più complessi, di portare la raccolta differenziata al 74% ma incapace di sostenere concretamente proposte ed iniziative che potrebbero arricchire l'offerta culturale, se non tentando di presentare una lista (Trentino Soul Moderno, poi esclusa per incongruenze nella documentazione) unicamente per questo scopo.
Filippo Ghidoni, Federico Berghi e Giovanni Toller

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