Café de la paix rumoroso, tutti a nanna alle 22.30

Il Café de la paix dovrà chiudere alle 22.30. Linea dura da parte dell'amministrazione comunale di Trento nei confronti di uno dei locali maggiormente frequentati della città. Ieri mattina ai rappresentanti dell'associazione «Cafè Culture» è stato notificato un provvedimento di riduzione dell'orario di apertura con la cessazione dell'attività di somministrazione ed obbligo di chiusura dell'esercizio e sgombero del locale entro le  22.30 per tutto l'anno 

di Giuseppe Fin

cafèIl Café de la paix dovrà chiudere alle 22.30. Linea dura da parte dell'amministrazione comunale di Trento nei confronti di uno dei locali maggiormente frequentati della città. Ieri mattina ai rappresentanti dell'associazione «Cafè Culture» è stato notificato un provvedimento di riduzione dell'orario di apertura con la cessazione dell'attività di somministrazione ed obbligo di chiusura dell'esercizio e sgombero del locale entro le  22.30 per tutto l'anno, oltre a stabilire l'esclusione della facoltà di protrarre l'apertura nel periodo dal 22 dicembre al 7 gennaio.
Il motivo della limitazione, secondo quanto scritto nel provvedimento, sta nel fatto che la clientela che in orario serale si sofferma fuori dal locale creerebbe  «un sensibile disagio per la numerosa popolazione residente aumentandone la percezione di insicurezza oltre ad occupare gli spazi esterni con intralcio del transito pedonale».
Il duro provvedimento ha immediatamente scatenato le reazioni dei gestori del Café de la paix che proprio ieri sera hanno deciso di iniziare una raccolta firme affinché venga immediatamente sospesa la limitazione.
«Il Cafè de la paix - ha spiegato Francesca Quadrelli dell'associazione "Cafè Culture" - è un luogo di aggregazione. L'obiettivo era quello di creare un posto dove le persone potessero socializzare e soprattutto si è voluto far ritornare a vivere una zona di Trento che prima del nostro arrivo era degradata. Ora qualcuno si meraviglia perché siamo riusciti a fare tutto questo e addirittura si lamenta per la presenza di persone che non fanno nulla di male se non parlare, partecipare alle mostre e agli eventi culturali che organizziamo ogni settimana».
L'avventura del Cafè de la Paix è iniziata nel dicembre scorso. In sei mesi di attività è riuscito a radunare attorno a sé oltre 11 mila soci diventato punto di riferimento per numerosi artisti e personaggi della cultura trentina ai quali viene messa a disposizione una sale per le proprie mostre. Qualche giorno fa, ad esempio, è stata promossa una serata sugli avvenimenti che stanno sconvolgendo la Turchia.
«Non capiamo - hanno continuato i responsabili - il motivo di questo provvedimento. Le persone che si trovano all'esterno non creano problemi e alle 23.30 smettiamo di servire da bere e iniziamo a sgomberare il locale». Il Cafè de la Paix ad oggi viene utilizzato anche da tantissime associazioni della città, che hanno fatto più volte richiesta di partecipare alle diverse attività ricreative che vengono organizzate.
Un'ulteriore limitazione il Cafè de la paix l'ha dovuta subire per la Notte Bianca. In questa occasione i responsabili hanno fatto richiesta di utilizzare il cortile interno dell'ex questura in piazza Mostra per un evento musicale. «Abbiamo richiesto al comitato organizzatore delle Feste Vigiliane - ha spiegato Francesca Quadrelli - ma ci è stato risposto che dobbiamo chiudere tutto all'una di notte perché non rientriamo nel programma delle Feste e la musica nel locale spenta alle 10 di sera».
Il Cafè de la Paix da qualche tempo è circolo Arci e ieri è intervenuta anche la presidente provinciale  Wanda Chiodi. «Le persone - ha spiegato - devono capire che stiamo parlando un luogo importantissimo per la città. È sbagliato che le istituzioni taglino le gambe a questa esperienza, per questo ci muoveremo tutti assieme affinché non avvenga».
Da parte dei responsabili del Cafè de la Paix, intanto, l'impegno è quello di raccogliere il maggior numero di firme. «Se questo provvedimento non verrà sospeso - ha spiegato Francesca Quadrelli - non possiamo lavorare e saremo costretti a chiudere».

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