Aria, la pappagalla roveretana che vola libera come l'aria

di Barbara Goio

Da cinque anni è una roveretana a tutti gli effetti: vive con la famiglia da cui è stata adottata, fa i suoi giretti sul Monte Ghello o al Bosco della città, ritorna a salutare chi le offre uno spuntino, e poi a sera rientra a casa, bussa o chiama, e poi si fa aprire per andarsene a dormire al calduccio. La protagonista si chiama Aria, ed è uno splendido esemplare di Ara Chloroptera, un pappagallo, insomma (foto Paolo Vitti).  

Ma a dispetto delle dicerie che dipingono questi uccelli come un po’ stupidi (ripetere a pappagallo è considerato un insulto), la bestia in questione è «molto intelligente, gentile, socievole e simpatica». Parola della sua “mamma”, ovvero la signora Claudia, che vive nella zona collinare della Città della Quercia.

Ormai Aria si è fatta conoscere, perché con l’apertura alare di un metro, e le piume coloratissime che vanno dal rosso all’azzurro al verde, non passa certo inosservata. E infatti ogni tanto arrivano le segnalazioni da parte di qualche escursionista che si domanda se l’animale si sia smarrito o addirittura se anche l’arrivo dei pappagalli sulle Alpi sia un effetto del riscaldamento climatico: in realtà non si tratta di nessuna delle due ipotesi. Aria si è adattata al clima freddo ed è un animale domestico a tutti gli effetti.



«L’abbiamo presa che era proprio piccolina - racconta Claudia - e l’abbiamo allevata a mano, ovvero nutrita con il biberon. Anche per questo si è davvero affezionata (l’etologo Lorenz aveva scoperto l’imprinting proprio nutrendo dei pulcini selvatici ndr) alla nostra famiglia, tanto che ci chiama “mamma”, “papà”, e con i nostri nomi di battesimo».  «Era stato mio figlio che voleva un pappagallo - riprende Claudia - e noi gli abbiamo spiegato che sarebbe stato un bell’impegno. Ma alla fine abbiamo accettato, anche perché a casa nostra gli animali stanno bene: oltre ad Aria ci sono 8 gatti e avevamo anche un cane, e tutti vanno d’accordo tra di loro».

E così, cinque anni fa Aria ha lasciato il suo allevamento, in Italia, per vivere con la famiglia roveretana. Racconta Claudia: «Da subito, sapevo che non sarebbe stata in gabbia, e così abbiamo iniziato a farla volare e poi abituarla a tornare a casa. Faceva piccoli giretti al Bosco della Città, e poi la chiamavo e lei mi rispondeva. Ad un certo punto ha allargato le sue zone ed è stata vista anche alle Porte di Trambileno o a Marano d’Isera, ma adesso esce solo qualche ora, nei momenti più caldi. Le sue piume d’inverno diventano più folte e lei si è adattata al nostro clima. Quando è sera ci chiama per nome, bussa alla finestra, e rientra per la cena: ha le sue granaglie, ma spesso assaggia anche le nostre cose».

Aria ama stare con gli umani: quando il figlio di Claudia andava a scuola all’Arcivescovile, lei di mattina lo andava a trovare durante la ricreazione, i due si salutavano, e poi il pappagallo rientrava a casa. È anche un animale protettivo: «Se qualcuno alza la voce, lei si arrabbia e mi difende», ammette Claudia. Che aggiunge: «È davvero uno spettacolo vederla volare. Purtroppo ogni tanto c’è anche qualcuno che si lamenta, ma basta non darle spuntini e lei se ne vola via. E noi abbiamo sempre pagato, se per caso ha fatto qualche piccolo danno».

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