La faida al campo nomadi finisce nel sangue Ucciso per uno sgarro a colpi di pistola

di Nicola Guarnieri

Più che un regolamento di conti è stato un delitto d’onore, pare per un’offesa agli antenati. Un’onta che, per i sinti, è più grave di qualunque altro atto criminale. Ci sarebbe questo alla base di una sparatoria, finita ovviamente in tragedia, consumatasi a fine giugno nei pressi di un campo nomadi di Thiene.

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Il blitz dei carabinieri ha prodotto un gran numero di arresti ma chi materialmente avrebbe sparato uccidendo un parente e sfiorando la strage è in fuga. Ed è iniziata una caccia all’uomo condotta con tutti i mezzi dai carabinieri di Vicenza.
L’uomo maggiormente indiziato, Carlo Helt di 39 anni detto «Zan», è uccel di bosco. E da quel giorno, ovviamente, non ha fatto ritorno a casa, in pieno centro storico a Rovereto. Helt, infatti, vive in via Valbusa, a due passi dal bar Loco’s, in una casa Itea. Ha qualche precedente per reati contro il patrimonio ma da qualche anno aveva messo la testa a posto, sistemandosi in città con la famiglia e trovando lavoro all’Azione 19.

Quel giorno di fine giugno, però, ha rotto il tran tran di inizio estate ed è sceso nel Vicentino con madre e fratelli per quella che sembrava una visita di cortesia ai parenti. Invece, vecchie ruggini legate alla mancanza di rispetto per gli anziani passati a miglior vita - come detto uno sgarro gravissimo per la popolazione sinti - avrebbe scatenato il finimondo. Tantopiù che la vittima dell’omicidio è pure imparentato con gli Helt e, seppure alla lontana, con i Kari roveretani. I rapporti con il campo nomadi della Mira, in verità, sono sporadici ma i legami ci sono e di quando in quando anche le visite di cortesia. Non quella della settimana scorsa, finita in un bagno di sangue.

Che sia «Zan» l’assassino, ovviamente, è presto per dirlo visto che è latitante e, di conseguenza, nessuna prova dello stub è agli atti a confermare l’evento. La pistola, però, è stata trovata e a cercare di disfarsene è stata la madre, Lucia Helt. Finita assieme ai due figli Davide e Fulvio e al cugino Paradise Kari in carcere subito dopo i fatti (da sinistra nelle foto).

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La sparatoria, nelle campagne tra Zané e il villaggio sinti di Thiene, come detto ha interessato altri parenti: Davide Kari, 51 anni, è stato freddato con un colpo al petto mentre il fratello Vianello, 42 anni, è rimasto ferito.
I colpi d’arma da fuoco, chiaramente, hanno spaventato i passanti che hanno allertato i carabinieri. Che, con l’aiuto dalla polizia stradale, si sono portati sul posto e hanno subito avviato le indagini coordinate dal sostituto procuratore di Vicenza Alessandro Severi.

La ricostruzione degli inquirenti è chiara: una rimpatriata tra familiari è sfociata ben presto in rissa per ragioni d’onore tra i Kari e gli Helt. A quel punto uno degli Helt ha estratto una pistola ed esploso due colpi. Entrambe le pallottole hanno raggiunto Davide e Vianello Kari all’addome: per il primo non c’è stato nulla da fare mentre il secondo si è accasciato al suolo ma, fortunatamente, vivo.

A quel punto è stato un fuggi fuggi generale con i congiunti delle vittime che hanno portato di persona i feriti all’ospedale di Santorso. I medici hanno potuto soccorrere soltanto il più giovane dei due fratelli, operato d’urgenza e dichiarato fuori pericolo al termine dell’intervento.

Per i carabinieri e i poliziotti che nel frattempo hanno raggiunto il luogo della sparatoria è stato difficile ricostruire la dinamica. Nessuno dei numerosi testimoni ha infatti aperto bocca. Alla fine, però, gli investigatori sono riusciti a risalire ai mezzi usati per la fuga, un camper, una Bmw 320 e un’Alfa Romeo 147. E un’ora dopo è stato intercettato il camper di  Davide Helt. Il mezzo era fermo a un distributore di Breganze. Quindici minuti dopo, gli equipaggi della polizia stradale di Bassano hanno fermato le due vetture a Sandrigo. Gli occupanti hanno cercato di saltare il posto di blocco entrando nel parcheggio del Conad ma senza fortuna.

Accanto all’Alfa Romeo, comunque, è stata poi trovata una pistola calibro 9 avvolta in un asciugamano. Per la procura è stata Lucia Helt a gettarla dal finestrino.

Gli esami condotti in carcere, però, non hanno ricondotto l’uso dell’arma ad alcuno degli arrestati. L’ipotesi, quindi, è che a sparare sia stato l’unico presente alla sparatoria e poi svanito nel nulla, Carlo Helt, ricercato, per ora, solo come sospettato.

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