Mattarella: «La memoria dei fucilati della Grande Guerra interpella la nostra coscienza»

"La memoria di quei mille e più italiani uccisi dai plotoni di esecuzione" durante la Grande Guerra, "interpella oggi la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità". È questo il cuore del messaggio (anticipato oggi da Avvenire) che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella invia al convegno che si terrà domani a Rovereto su 'L'Italia nella guerra mondiale e i suoi fucilati: quello che (non) sappiamo".


"L'Italia - si legge in un altro passaggio - non tema di guardare anche alle pagine buie" come quelle oggetto del convegno, sulle esecuzioni sommarie. "L'approssimarsi del centenario della Grande Guerra - scrive il Capo dello Stato - ci offre l'occasione di meditare a fondo sugli eventi e sulle conseguenze di quel terribile conflitto che produsse rivolgimenti senza precedenti, cambiando il corso della storia in Europa e del mondo. Il ricordo della vittoria, la giusta e doverosa rivendicazione orgogliosa dei tanti atti di grande valore e di nobile eroismo compiuti dai soldati italiani, la memoria delle loro sofferenze e dei loro sacrifici hanno costituito e costituiscono patrimonio condiviso. Pagine che riguardano anche il funzionamento, in qualche caso, dei tribunali militari e la cosiddetta giustizia sommaria.


Una prassi che includeva la fucilazione immediata, senza processo, e persino il ricorso - sconcertante, ma incoraggiato dal comando supremo - alle decimazioni: soldati messi a morte, estratti a sorte tra i reparti accusati di non aver resistito all'impetuosa avanzata nemica, di non aver eseguito ordini talvolta impossibili, di aver protestato per le difficili condizioni del fronte o per la sospensione delle licenze". "Ricordare e capire - conclude Mattarella - non vuol dire necessariamente assolvere o giustificare. La memoria di quei mille e più italiani uccisi dai plotoni di esecuzione interpella oggi la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità".

comments powered by Disqus