Pallone / Il ricordo

L’addio a Oreste Berteotti, il Calciatore con la C maiuscola, un mito della Benacense

E’ stato il simbolo del bel gioco per decenni, un talento favoloso lo fece diventare l’indiscusso capitano ed anima della squadra, ai tempi dei campi di zolle e di fatica

di Vittorio Colombo

RIVA DEL GARDA. Oreste Berteotti il Calciatore ha chiuso la sua partita terrena. A 95 anni ha lasciato questo nostra terra che, di certo, per lui aveva l'immagine del grande campo dove il calcio è sempre stata metafora della vita: una lunga partita giocata con passione, sacrificio, sempre animato da quella voglia di non mollare mai che si traduceva nella caparbia difesa della porta della propria squadra, nel porsi al centro della difesa con la determinazione di non far passare né l'avversario, né le avversità. E l'Oreste, in decenni scanditi da partite, molte delle quali epiche e leggendarie, è diventato per Riva, l'Altogarda e il Trentino tutto, l'uomo simbolo del calcio vero.

Del bel calcio, quello di una volta che viveva di personaggi autentici, capaci di meravigliare e destare ammirazione, com'era appunto l'Oreste il Calciatore. Se si dovesse eleggere il calciatore del secolo che ci siamo lasciati alle spalle, della Benacense e di tutta la "Busa" non ci sarebbero dubbi sulla scelta dell'Oreste al quale fu assegnato, tra gli altri premi", quello più ambito de "l'Anzolim de la Tor".

Dal dopoguerra per due decenni della Benacense, è stato la bandiera, il capitano, la roccaforte della difesa. La sua longevità, con militanza quando gli anni si sono sommati ai campionati, anche in altre squadra della zona, gli ha conquistato l'ammirazione di generazioni. Cresciuto con la famiglia a S. Alessandro, da bambino palleggiava con una pallina da tennis mezza rotta, poi il "Maracanà" dell'Oratorio, anche in cento tutti in campo.

Ci vorrebbe un poeta come lo fu Brera che lo avrebbe chiamato "principe della zolla" per la sua fisicità che lo portava essere il capitano baluardo al centro della difesa, dal quale non si passava. Era deciso, a volte ruvido, una certezza per la squadra, ma era ammirato e rispettato per la sua correttezza, per il rispetto delle regole, dell'avversario, per la sua lealtà. L'Oreste era una diga, un baluardo che mandava a tappeto gli inutili dribbling degli attaccanti avversari, ma la sua storia da "pedatore" roccioso e non certo da "abatino" si è alimentata della passione che lo aveva portato a mettersi in braghette corte e scendere in campo a tirar calci al pallone e non di rado a stinchi avversi, nella lunga partita che è continuata negli anni Ottanta, Novanta, e perfino negli anni Duemila.

Dopo qualche anno passato nei cadetti della Benacense vennero i venti anni filati che lo videro giocare nella Benacense in prima categoria, dalla stagione 1945-46 al '66, la maggior parte dei quali come capitano, quindi ecco gli anni nel Fiavè seconda categoria, per poi approdare alla Varonese, in terza categoria, squadra nella quale ha giocato fino all'85-86.

E' anche allenatore del Bleggio e accetta l'invito che gli viene nel 1974 da Wilma Omezzolli di andare ad allenare la squadra femminile della Benacense.A sessant'anni Oreste lascia il calcio agonistico "anche perché - ebbe modo di dire - se negli anni della Benacense giocavo, io quarantenne con, ragazzi che potevano e essere miei figli, nella Veronese, giocavo con potenziali nipoti e pronipoti". Ma la sua partita con il calcio, stile di vita e pratica si può dire quotidiana, non lo ha mai lasciato.

Non c'è stato poi torneo di bar, associazioni, sfide tra amici o tra rioni, che non lo abbiano visto scendere in campo. Con lo scatto, la fisicità, il gusto dello scontro fisico e la tecnica, imparata a memoria, di difendere, bloccare, stoppare, arginare, e poi rilanciare.

Stopper, terzino, mediano? "Diciamo - disse - che sono sempre stato un difensore, al centro della difesa. Di qui non si passa. E il mio credo era: una volta dentro le righe non ci sono più amici, ma sempre con correttezza e rispetto. Ed è sempre stato così, anche anche nel torneo "Mundial Bar" del 2006 che vide l'Oreste, ottantenne, ma solo all'anagrafe, che sgambettava di qua e di là e mortificava gli attaccanti intimoriti ed increduli, o come nella partita nel 28 ottobre del 2007 giocata in occasione dell'inaugurazione del campo sintetico di Varone.

Di mestiere fu ciabatino e chiuse la sua bottega a Varone nel 2000. "Incontro - disse - persone di ogni tipo. - Ciao Oreste ti ricordi quando... . Mi faccio dire, il nome, la squadra, gli anni e di colpo mi ricordo anche se in quarant'anni ho giocato con migliaia di ragazzi". Un reggimento di amici che hanno sempre avuto l'Oreste nel cuore. «Che vadano, sempre i palloni e le parole, avanti, oltre la riga di metà campo, verso la porta avversaria, a fare gol, nella partita dello sport che non ha confini, e finisce dritta come un rigore nella porta della vita» parola di Oreste il Calciatore. 

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