Natura/ Il lago

Gli “alieni” nelle acque del Garda: 42 specie che non si erano mai viste prima

Dal gamberetto killer alle alghe invasive, ma anche le «vongole» di acqua dolce: come sempre, portate dall’uomo, e adattate ai cambiamenti climatici

di Luca Nave

LAGO DI GARDA. Sono 42 le specie aliene che popolano il lago di Garda. Facciamo il punto con l’aiuto di Nico Salmaso, responsabile dell'unità di idrobiologia del Centro ricerca e innovazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Oggi si contano 15 specie di invertebrati, 23 specie di pesci, 4 di alghe (tra macrofite e macroalghe) che non sono autoctone del Garda. «Tra quelle più presenti e preoccupanti va annotata la Dreissena polymorpha: un mollusco bivalve (un po’ come cozze o vongole, semplificando, ndr.) e il Dikerogammarus villosus che invece è un gamberetto piccolo ma “terribile”, visto che preda anche le uova di altre specie tra cui l’Alborella (Aola)» spiega il ricercatore. Questo gamberetto killer è stato rilevato nella fascia litorale ma anche a profondità di 100 metri. Oltre alle predazioni, la presenza di specie non autoctone causa anche forti fenomeni di competizione alimentare e modifica dell’habitat. «La diffusione di specie aliene è un allarme di primaria importanza, che possiamo mettere sullo stesso piano di quello legato al cambiamento climatico» afferma Salmaso, che prosegue: «La situazione è pressoché omogenea su tutto il lago, con solo qualche piccola differenza, data dal fatto che nelle parti più a sud sono ancora presenti delle zone umide che forniscono habitat particolari. Questo in Trentino non avviene perché le sponde sono a picco sull’acqua».

Ci sono altri elementi che minacciano gli equilibri del lago? «Il fenomeno della circolazione di specie aliene è di tipo globale. A livello locale si possono fare azioni concrete per ridurre l’inquinamento diretto, ad esempio, evitando l’immissione dei “nutrienti algali”. In pratica, le acque di scarico e i residui dei fertilizzanti usati in agricoltura, fanno sviluppare determinate specie di alghe e questo fa cambiare l’ecosistema.

Va però detto che gli amministratori trentini, veneti e lombardi hanno chiaro questo problema e, negli anni, sono stati realizzati efficaci sistemi di depurazione, tanto che dalle nostre analisi abbiamo potuto rilevare, ad esempio, la riduzione del fosforo da 20 a 10 milligrammi per litro.

L’acqua è quindi in buono stato di salute e, non a caso, attrae moltissimi turisti. Questi, se da un lato aumentano la pressione umana sul Lago, dall’altro costringono gli amministratori a preservarlo: se l’ambiente si deteriora, infatti, il turismo abbandona rapidamente la località». Quali sono dunque gli elementi a cui prestare attenzione? «Sono convinto che si debba aumentare la disponibilità a studiare l’ambiente, di cui in realtà conosciamo pochissimo. Penso soprattutto agli organismi più piccoli: rispetto al passato, ora abbiamo gli strumenti per fare analisi completamente nuove, tra cui quelle sul dna. Questo apre scenari inediti: emerge una biodiversità che non si poteva nemmeno ipotizzare e questo tipo di analisi può essere esteso alle più svariate popolazioni di animali e specie vegetali».

Ma da dove arrivano tutte queste specie aliene? Lo spiega ancora Nico Salmaso: «Sicuramente il fenomeno è strettamente connesso all’aumento dei movimenti turistici, cui abbiamo assistito dagli anni Settanta in poi. Molte specie possono viaggiare aggrappate alle chiglie delle barche o sfruttandone l’acqua di zavorra. Ma ci sono organismi capaci di sopravvivere per un tempo utile anche sulle mute dei sub o, magari, sulle corde. Negli Stati uniti questo tema è particolarmente sentito ed è nato un sistema di leggi specifico. Si potrebbe essere portati a pensare che le precauzioni da prendere comportino metodi fantascientifici, ma in realtà alcuni accorgimenti sono semplici: queste specie hanno bisogno di acqua o almeno di umidità per sopravvivere. Se si sposta il natante da un lago all’altro, lasciarlo semplicemente asciugare può essere sufficiente. Per specie più resistenti può essere necessario trattare, magari con semplice acqua calda. Con la pandemia, i flussi turistici si sono ovviamente ridotti. Ma nel prossimo futuro sarà necessario adottare adeguate precauzioni. Aggiungo che, spesso, tendiamo a pensare all’arrivo delle specie invasive come a un fenomeno ineluttabile. In realtà, talvolta episodi di questo tipo sono stati voluti dall’uomo come quando, tra metà Ottocento e inizio Novecento, nel Garda fu introdotto il coregone, per aumentarne la pescosità». Erano evidentemente altri tempi e l’economia legata alla pesca contava più di quella legata al turismo.

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