Vigili urbani e corruzione: il Tribunale smonta le accuse della televisione albanese

Un’accusa infamante, soprattutto per un pubblico ufficiale: quella di arrotondare lo stipendio facendo la cresta sulle contravvenzioni. Che a rigor di codice significa «corruzione» se a offrire i soldi è la persona oggetto delle attenzioni delle forze dell’ordine (e questi accettano), oppure il ben più grave reato di «concussione» se a chiedere la tangente fossero stati gli agenti in questione.

Peccato per chi ha mosso queste accuse che tutto si sia rivelato falso e a certificarlo adesso è arrivata la decisione del tribunale di Rovereto che ha accolto la richiesta di archiviazione del fascicolo aperto dal sostituto procuratore della Repubblica Valerio Davico a carico di due agenti della Polizia Locale Alto Garda e Ledro.

La vicenda divenne di dominio pubblico quasi due anni or sono, il 25 novembre 2017, allorquando proprio il quotidiano «L’Adige» diede conto di un servizio trasmesso dalla televisione albanese all’interno della trasmissione «Boom», pressapoco lo «Striscia la notizia» dalle parti di Tirana. Durante il servizio della durata di ben 12 minuti, corredato da alcune immagini riprese con il telefonino, le giovani e avvenenti conduttrici della trasmissione albanese sollevano forti dubbi sulla legalità del comportamento degli agenti altogardesani che avevano fermato un’auto nella zona di Riva con a bordo una giovane coppia di quel paese. E questo perché la marmitta del mezzo non era omologata ed era impossibile non sentire il rumore che faceva.

Uno scambio di denaro ci fu ma semplicemente perché la relativa e sacrosanta contravvenzione doveva essere pagata seduta stante visto che si trattava di cittadini stranieri. Ma nulla di più.

Sta di fatto che le immagini e il racconto della coppia sono finiti in televisione oltre l’Adriatico, la trasmissione ha avuto eco anche dalle nostre parti e il tutto è rimbalzato in Procura dove è stato aperto un fascicolo d’inchiesta per i possibili reati di «corruzione» o «concussione», a carico dei due agenti. Ma la successive indagini hanno fatto emergere quelli che il legale di fiducia dei due vigili (l’avvocato Paolo Demattè di Trento) definisce «evidenti contrasti».

Prima di tutto né l’autorità italiana né la polizia albanese è più riuscita a rintracciare la presunta vittima del sopruso, divenuta di fatto irreperibile. Secondo: la consulenza tecnica affidata dal pm sulle immagini riprese col telefonino ha appurato che la conversazione tra automobilisti e agenti risulta incomprensibile. Terzo: nel suo racconto l’automobilista ha detto di aver incrociato una pattuglia dei carabinieri poco dopo l’accaduto e di averli informati dei fatti ma dagli accertamenti sia presso i militari dell’Arma che presso la Polizia di Stato e la Stradale non è emerso nulla di tutto ciò. Quarto: nell’intervista alla cronista albanese, la moglie dell’uomo ha detto che il marito è tornato in macchina coi soldi. Tutti elementi, ma non solo questi, che hanno convinto il pm a chiedere l’archiviazione e il giudice del tribunale di Rovereto ad accogliere la richiesta.

«Non procediamo con la denuncia per calunnia nei confronti di queste persone solo perché l’automobilista risulta irrintracciabile e perché non abbiamo voglia di spendere soldi» commenta l’avvocato Demattè. Lo potrebbe fare la Polizia Locale che però, come ci ha detto ieri il comandante Marco D’Arcangelo, attende di vedere gli atti prima di prendere una decisione.

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